BEVI&MANGIA. La crisi incalza, ma resta la voglia di bollicine. Aumentano le importazioni di champagne
1 Ottobre 2008di Tommaso Farina
La crisi economica si farà sentire pure a tavola, ma guai a rinunciare al brindisi. Avremo anche meno soldi in tasca, la produzione industriale sarà calata del 3,2% (dati luglio 2008, da paragonarsi allo stesso mese del 2007) ma lo Champagne continuiamo a berlo: non solo le importazioni non accennano a calare, ma sembrerebbero addirittura crescere. Già da 2006 a 2007 c’era stato un boom di oltre il 10%, decisamente notevole: ma i dati del primo semestre 2008 ci dicono che, rispetto all’analogo periodo del 2007, abbiamo già avuto una crescita del 3,35%. E tra un paio di mesi potremo toccare con mano l’andamento globale delle bollicine di Reims ed Epernay durante quest’anno. Così almeno assicura il Centro Informazioni Champagne, che è il braccio italico del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc) di Epernay, ossia l’organismo che conosce ogni minimo dettaglio di produzione, giro d’affari ed esportazioni dello scoppiettante vino francese.
Luca Pescarmona, torinese, è l’importatore ufficiale italiano di una maison di primo piano come Taittinger, e conferma i dati: «In Italia non si scende a compromessi sullo Champagne. Non solo tutto ci sta andando benissimo, ma prevediamo una progressione del 3-4% in più rispetto all’anno scorso». Tutto quando il dato del Pil italiano nel secondo trimestre del 2008 denota una decrescita dello 0,1%, mentre in agosto i prezzi medi al consumo sono aumentati del 4,8%. Secondo Bankitalia, le banche colpite dalla crisi del credito prestano sempre meno soldi alle famiglie: eppure, guai se a Capodanno manca la bottiglia di Champagne, il vino che ricchi e poveri vogliono a tavola. Chiosa Pescarmona: «È ben curioso questo trend, se si guarda quel che accade all’economia italiana. Possiamo parlare, eufemisticamente, di situazione di mercato contradditoria». Domenico Avolio è il direttore del Centro Informazioni Champagne di Milano, che ha rivelato volentieri i dati che arrivano direttamente dagli uffici francesi e mondiali del Civc. E dà ragione a Pescarmona: «Non è una questione legata a un singolo produttore: è così per tutti, le importazioni aumentano parecchio. Da anni non fanno che aumentare, e sì che di crisi si parla da tempo». Tanto per dirne una: il già citato aumento del 10,94% da 2006 a 2007, ha comportato l’arrivo in Italia, lo scorso anno, di 10.338.199 bottiglie del grande vino d’Oltralpe. «Una cifra mai vista in nessuna epoca», spiega Avolio, che rimarca pure la presenza, sul mercato italiano, di 400 marchi di Champagne: «Il 90% e più della quota importata pertiene alle grandi maison, quelle più conosciute. Gli italiani poi amano molto le cuvée speciali e i millesimati». Come dire, le bottiglie spesso più costose, nuovamente alla faccia della crisi. Avolio cerca anche di spiegare il costante successo e appeal di questo vino: «Lo Champagne ha tre secoli di storia e, se posso azzardare, 3 secoli di marketing alle sue spalle. Da sempre, è il vino dei re e il re dei vini. Bere Champagne è un po’ un modo per sentirsi un re, e non è vero che sia sempre e sistematicamente ipercostoso: esistono bottiglie che chiunque può permettersi di stappare, quantomeno una volta all’anno». E a fine anno alla flute di bollicine è difficile rinunciare: tra Natale e Capodanno va via l’80% delle bottiglie. Ed è interessante notare come la costante crescita di successo di molti spumanti italiani (Franciacorta o Trento) non abbia assolutamente intaccato le vendite del più anziano cugino francofono.
Pure Francesco Bonfio, enotecario senese di lungo corso e presidente dell’Associazione Enoteche Italiane Vinarius, sa spiegare benissimo il costante fascino dello Champagne: «La grande forza dei viticoltori di quella zona è stata quella di aver impostato fin da subito uno strettissimo legame tra il prodotto e il suo territorio. Sullo Champagne si potrebbe scrivere un libro di storia economica». E sul consumatore meno smaliziato, qual è l’influsso? «Il solo nome di Champagne, a un orecchio non solo profano, evoca immagini di piacevolezza, di festa. Di felicità insomma. Nessun altro vino del mondo riesce a creare quest’effetto. Funziona sempre, e nei momenti di crisi, quando c’è bisogno di un po’ di allegria in più, funziona in modo particolare. E teniamo conto del fatto che ormai, per fortuna, non tutti lo usano solo per il brindisi di fine pasto, ma ha cominciato a diffondersi la cultura del pasteggiare a Champagne».
Marco Gatti, collaboratore di Libero, sommelier, esperto degustatore e scopritore di Champagne di piccoli produttori, è categorico: «Al successo dello Champagne non si può opporre nulla. Anzitutto, per una questione di qualità: è quasi impossibile trovare in giro uno Champagne non diciamo cattivo ma quantomeno mediocre. Poi, i prezzi sono per tutti i gusti: si va dalle grandi cuvée alle bottiglie “di base” o di piccoli produttori, che spesso costano solo 25-35 euro. Non certo un investimento da rovina». E in tempo di crisi, sono elementi che fanno la differenza, anche se ciò che conta, come già detto da Avolio e Bonfio, è l’aspetto emozionale: «Anche Oriana Fallaci, per esorcizzare il suo male, beveva una flute di Champagne. Lo Champagne è un sogno, un mito. Tutti lo associano a immagini di successo, di letizia. Almeno una volta all’anno, il brindisi a Champagne è irrinunciabile. E caccia la crisi almeno dalle nostre teste, se non dal nostro portafogli». (pubblicato su Libero)
3 commenti presenti
Sempre a dar credito a quelli convinti che lo sciampagnnnn sia prodotto caro/costoso e basta nehhhh? E’ davvero, per fortuna nostra, finalmente riconosciuto come un grande vino innanzitutto. Poi viene la festa… il brindisi. Già perchè, scusate se è poco, posso affermare con certezza che detto vino, ha segnato parecchi periodi della storia. Frequento la regione Champagne almeno due volte l’anno ed ogni volta scopro attraverso i suoi personaggi, qualcosa di diverso; fosse anche la piccola sfumatura evidenziata dall’anziana produttrice che ha dedicato la propria vita a produrre quello che oggi io definisco: il più grande VINO del mondo. Per quanto riguarda i prezzi: non stupiamoci del prodotto all’acquisto… guardiamo i ricarichi della discoteca pinco pallo chè è questo che dovrebbe far riflettere sul periodo di crisi che stiamo attraversando.
Scusate se mi son lasciato trasportare, è più forte di me!
Massimo
Scritto da Massimo Sola il 4 Ott 2008