Considerazioni di un telespettatore deluso (dal Tg1)
4 Agosto 2011Chi scrive non è un temibile sovversivo e neppure un editorialista de “Il Fatto Quotidiano”. Sento la necessità di precisarlo perché non vorrei che dei lettori poco d’accordo con quello che sto per scrivere mi collocassero in caselle a me totalmente estranee. Sgomberato il campo da tali sospetti , scrivo per la prima volta che un telegiornale come il Tg1 è francamente contestabile. A rendere ancora più duro tale giudizio è il fatto che provenga da un telespettatore simpatizzante per la stampa moderata e imparziale.
Lo spettacolo che viene trasmesso ogni sera alle 20 rappresenta l’acme di un bombardamento giornaliero che scatena quantomeno una forte perplessità. Mi domando se sia opportuno che il telegiornale ora diretto di Augusto Minzolini (che quando lavorava nel mondo della carta stampata era considerato un cronista politico di primo livello) scelga quotidianamente di sacrificare la politica e di inondare le case delle famiglie riunite per il pranzo o per la cena di dettagliate narrazioni dei fattacci più crudi di nera e di grotteschi servizi sulle frivolezze e le bizzarrie italiane e internazionali in stile Studio Aperto. Il pubblico, che è un giudice esigente, ha captato questa inadeguatezza informativa ed ha castigato il Tg1 disertando in massa gli appuntamenti pomeridiani e serali. Chi scrive è uno dei tanti disertori: ho smesso da un pezzo di guardare Francesco Giorgino e Susanna Petruni e mi rivolgo ad una rete commerciale come La7 per avere un’illustrazione delle notizie politiche ricca e soddisfacente.
Per descrivere la metamorfosi a cui Minzolini ha sottoposto il notiziario di Rai1 voglio ricorrere ad un curioso neologismo: ”studioapertizzazione”. Questo astruso vocabolo è adatto secondo me ad indicare la perdita dei lineamenti tradizionali del Tg1 (identificabili in un marcato carattere istituzionale, nella compostezza, in una sorta di serena saggezza) e l’offerta ai telespettatori di un prodotto giornalistico somigliante ai contenitori di notizie del Biscione, che sono storicamente molto attenti alla conflittualità fra privati, alle mode ed alle tendenze consumistiche. Per riassumere, possiamo individuare quattro linee guida fondamentali: ortodossia berlusconiana, ossia restringere lo spazio dedicato alla politica ed alle grandi tematiche sociali ed economiche, ridicolizzare le posizioni della minoranza e magnificare quelle della maggioranza; Avetrana, Brembate e così via, ossia stordire l’opinione pubblica con una micidiale tempesta mediatica narrante per filo e per segno i fatti più sconvolgenti ed efferati di cronaca nera; non notizie, ossia inserire nei trenta minuti anche servizi aventi ad oggetto temi estremamente leggeri; mito dell’età dell’oro, ossia costruire l’immagine fallace di una società in cui domina un’opulenza diffusa.
Questo notevole alleggerimento rende il Tg1 esposto a micidiali attriti con la spietata macchina della terza rete, un canale il cui palinsesto è votato quasi integralmente alla diffusione della cultura storica e dell’informazione antigovernativa per eccellenza.
Ma il cruccio più grande di Minzolini è costituito, a quanto si vocifera, dall’impennata strepitosa del telegiornale targato Telecom. Il confronto che a volte mi diverto a fare tra il Tg di Mentana e quello del direttore di Rai1 svela che i due programmi sono divisi da un abisso siderale: mentre il primo offre una ricognizione estesa, avvincente e pragmatica dei temi più scottanti e controversi dell’attualità, il secondo può ormai dirsi primo solo sul telecomando , avendo a mio parere smarrito l’antico carisma e non essendo più il prodotto televisivo interessante di un tempo. Egualmente meritate sono l’ascesa del primo e la discesa del secondo in termini di audience, come in una sorta di relazione di proporzionalità inversa che lega la contrazione dell’uno all’espansione dell’altro e viceversa.
Non si può replicare a queste considerazioni con l’invito a cambiare canale, perché non si tratta di una mera questione di offerta disponibile, bensì di qualcosa di molto più serio che si può così sintetizzare: può la prima rete del servizio pubblico, teoricamente di tutti e per tutti, comunicare tramite un Tg preda di un’acuta e palese deriva filogovernativa ? Personalmente ritengo di no, perché credo che il Tg1 dovrebbe essere un presidio di imparzialità e una risorsa a disposizione di tutti i cittadini e non invece una materia plasmabile ad immagine e somiglianza della maggioranza parlamentare di turno. E tempo che questo telegiornale si rimpossessi del prestigio che ha dilapidato e torni ad offrire un’informazione corretta e non avariata.
Francesco Ginanneschi