Ali
5 Giugno 2016La grandezza di Muhammad Ali non può essere misurata esclusivamente con le vittorie sportive, sarebbe riduttivo. La sua leggenda nasce dal modo di esprimersi dentro e fuori dal ring, nell’anima ribelle e provocatoria. Quando era già campione dei pesi massimi rifiutò di essere arruolato per andare a combattere nel Vietnam, venne arrestato e perse così anni di business e carriera sportiva. Probabilmente i suoi anni migliori vennero sacrificati nel gran rifiuto alla guerra. Questo si chiama coerenza ai propri ideali, una qualità che sembra oggi scomparsa del tutto nel genere umano.
Un campione divenuto leggenda grazie alla sua componente umana. Così evidente da esaltare la sua grandezza sportiva. Altri sono stati probabilmente più bravi di Ali come pugili, nessuno ne ha eguagliato la personalità.
Voglio raccontarvi i ricordi più belli e profondi che mi ha lasciato questo grande uomo.
Da adolescente, come tutti del resto, avevo continui e piccoli conflitti di preferenza con mio padre. A me piaceva la musica dei Beatles, ad esempio. Per papà erano “capelloni”. E così via con mille altri piccoli esempi, passando per il motorino e la politica era tutta una discussione su come la vedessimo in maniera diversa. Una sola cosa ci accomunava davvero: quelle poche volte che trasmettevano i match di Ali in diretta, puntavamo la sveglia nel cuore della notte e zitti zitti per non svegliare nessuno ci piazzavamo davanti alla TV. In bianco e nero, con immagini sfumate, stavamo là davanti a tifare per il grande campione nero che danzava attorno all’avversario.
Allora non c’erano certo i mezzi di informazione attuali, si disponeva soltanto di pochi frammenti delle storie provenienti da così lontano. Però era palese, per me come per molti italiani di allora, comprendere le ragioni dell’essere Muhammad Ali. Credo che mai un altro pugile abbia goduto di tanta fama, popolarità e comprensione della sua umanità.
Gli anni dal ’60 e fino ai primi ’80 sono stati davvero molto importanti, se ne prende piena coscienza solo nel momento in cui un protagonista di allora scompare. Cito solo i primi che mi vengono in mente: Janis Joplin, Jimi Hendrix, John Fitzgerald Kennedy, Papa Giovanni XXIII, John Lennon, George Harrison, Vittorio Gassman, Gian Maria Volontè, Rick Wright, John Belushi, Bob Marley, Monicelli, Scola, Stanley Kubrick, Keith Moon, David Bowie …
Si potrebbe continuare ancora a lungo. L’unico fattore comune è il piccolo o grande vuoto che si apre al nostro interno ogni volta che uno di loro scompare, la quantità di ricordi che emergono. È la misura di quanto abbiano contato nella nostra vita, quanto ci abbiano influenzato, compiaciuto, esaltato ed arricchito.
Temo che fra cinquant’anni, quando verranno a mancare gli attuali protagonisti, il vuoto che si aprirà all’interno degli adolescenti di oggi non sarà tanto profondo.
(s.f.)