Predica bene, razzola male …
30 Gennaio 2017di Gianluigi DeMarchi
Investire è uno spartito da suonare insieme.
E’ il titolo di un bel libretto informativo che si trova nelle agenzie di una delle maggiori banche italiane e che dà ottimi consigli ai clienti per investire bene.
Proviamo a leggere alcuni passi di questo prezioso vademecum.
Inizia con “Il percorso della consapevolezza”, in cui al cliente si consiglia di valutare (cosa mi aspetto dai miei investimenti? Quanto sono disposto a perdere?), definire (Come impiegare i miei risparmi?), investire (/ho valutato il rapporto rischio/rendimento?), monitorare (coerenza nel tempo dell’investimento rispetto agli obiettivi).
A fronte, la banca s’impegna a conoscere il cliente (acquisire le informazioni in base al questionario MIFID), consigliare (valutare le diverse tipologie di investimenti confacenti alle esigenze del cliente, individuare gli strumenti migliori), gestire la consulenza nel tempo (controllare l’andamento degli investimenti e suggerire eventuali azioni di modifica).
Seguono analisi e consigli sulle principali categorie di investimento: conto di deposito, obbligazioni, titoli di stato, fondi comuni, polizze vita finanziarie, gestioni, certificates, azioni, per ognuna delle quali si raccomanda di studiare “Le cose da sapere prima di investire” (chi è l’emittente, quanto rende, come seguire l’andamento dell’investimento, ecc.).
Tutto bene?
Alzi la mano chi, nella pratica, ha sperimentato un percorso simile…
Nella stragrande maggioranza dei casi l’investimento è fatto (e purtroppo gli ultimi 20 anni sono costellati di casi di “mala consulenza”) sulla base di informazioni opache, prive di informazioni complete sui rischi e fondate prevalentemente sull’interesse della banca a collocare certi prodotti (guarda caso, quelli del gruppo!).
Sintomatico il fatto che non appaia neppure una riga sugli ETF, i fondi quotati privi di gestione, che investono esclusivamente in titoli di un certo indice (titoli di stato italiani, azioni europee, obbligazioni convertibili mondiali, ecc.) senza modificare in nulla la composizione dell’indice e così garantendo che il rendimento sarà esattamente quello registrato dal parametro base.
Il fatto è che gli ETF non costano (non ci sono commissioni di sottoscrizione e quelle di gestione sono bassissime perché in realtà la gestione non esiste) e quindi non interessano alle banche.
Consiglio per i lettori: leggete l’opuscolo, prendere spunto dai consigli, e pretendete che l’addetto allo sportello lo applichi integralmente!