PIPPO CIURO STORY
11 Ottobre 2008ANSA 18 GIUGNO 2001- La seconda sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Leonardo Guarnotta, ammette la testimonianza del consulente Francesco Giuffrida, funzionario di Bankitalia, sulle holding che formano la Fininvest nell’ ambito del processo al senatore di Forza Italia Marcello Dell’ Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa. I giudici hanno anche ammesso la testimonianza in aula del maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, che sullo stesso argomento aveva depositato nei mesi scorsi una relazione.
27 FEBBRAIO 2002 – MARESCIALLO DIA: NIPOTE BUSCETTA SOCIO CANALE 5
“Il Corriere della sera”
Un maresciallo della Dia: nipote di Buscetta socio di “Canale 5”
Il nipote di Tommaso Buscetta (morto nel 2000), Antonio Inzaranto, sarebbe stato per 5 anni socio di Canale 5 in un’emittente locale siciliana. Lo ha detto il maresciallo Giuseppe Ciuro, della Dia, deponendo a Palermo nel processo al senatore Marcello Dell’Utri (FI), accusato di concorso in associazione mafiosa. Secondo Ciuro, Inzaranto avrebbe avuto quote di “Retesicilia”, cedute poi a Canale 5, che il 2 dicembre dell’85 è rimasto socio unico.
23 APRILE 2002 – PROCESSO DELL’ UTRI: LA VERSIONE DI CIURO (DIA) “La Provincia pavese”
“Versamenti miliardari sui conti Fininvest”
PALERMO. Operazioni bancarie fatte da Silvio Berlusconi tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta in favore delle holding che formano la Fininvest sono state ricostruite ieri in aula dall’investigatore della Dia Giuseppe Ciuro, nell’ambito del processo al senatore di Fi Marcello Dell’Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa. Ciuro ha illustrato numerosi versamenti miliardari e passaggi finanziari “ordinati direttamente da Berlusconi, in gran parte dei quali non si è potuto ricostruire la provenienza degli assegni o delle somme che provenivano dalla Banca Rasini o dalla Popolare di Abbiategrasso.
Nessuna traccia è stata possibile ripercorrere per mancanza di documenti negli istituti bancari. Ogni operazione veniva ordinata alla Saf (la società fiduciaria della Bnl che si occupava dei movimenti economici del presidente del Consiglio) su richiesta personale di Berlusconi che firmava di volta in volta le lettere di incarico”. L’investigatore della Dia si è occupato per conto della Procura di Palermo di ricostruire i flussi economici che sono transitati dalle holding della Fininvest, come riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e dei testimoni che hanno affermato che alcuni boss mafiosi alla fine degli anni Settanta fecero arrivare a Milano, attraverso Dell’Utri, grosse somme di denaro proveniente dai traffici illeciti. Queste somme, sempre secondo l’accusa, sarebbero state utilizzate per acquistare pacchetti di film trasmessi dalle reti Fininvest. La deposizione del teste si è quindi conclusa, dopo otto udienze, e adesso proseguirà con il controesame. La difesa, rappresentata in aula dagli avvocati Giuseppe Di Peri e Pietro Federico, in relazione a queste presunte “anomalie” nei movimenti bancari, affermano: “Tutte le operazioni sono ricostruibili e giustificabili dal punto di vista fiscale e bancario, così come dimostrerà il nostro consulente tecnico, il professore Paolo Jovenitti, dell’università Bocconi di Milano”. Il presidente del tribunale, Leonardo Guarnotta, ha intanto stabilito che le udienze del processo saranno due alla settimana e non più una come fissate fino adesso, proprio per facilitare la chiusura del dibattimento entro l’anno. Il controesame dell’avvocato Pietro Federico si è basato su alcuni punti del rapporto giudiziario firmato dall’investigatore della Dia Giuseppe Ciuro.
29 APRILE 2002 – MAFIA: PROCESSO DELL’ UTRI; CONCLUSO CONTROESAME AGENTE DIA
ANSA
La difesa del senatore Marcello Dell’Utri, sotto processo a Palermo per concorso in associazione mafiosa, ha concluso nel pomeriggio il controesame dell’ investigatore della Dia Giuseppe Ciuro, autore dell’ informativa sulle holding che formano la Fininvest. Ciuro ha deposto in aula per sei udienze rispondendo prima alle domande dei pm Antonio Ingroia e Domenico Gozzo. Gli avvocati lo hanno interrogato solo per tre ore. Domani mattina i magistrati replicheranno l’ esame del teste. “Abbiamo cercato di dimostrare – dice l’ avvocato Giuseppe Di Peri, difensore di Dell’ Utri – che gli elaborati presentati dalla procura sono parziali perche’ sono stati redatti prendendo in esame solo una parte dei documenti sulla Fininvest”. “Le relazioni che abbiamo portato in aula – afferma l’ altro difensore dell’ imputato, l’ avvocato Pietro Federico – dimostrano la solidita’ economica del gruppo Fininvest negli anni Ottanta”.
30 APRILE 2002 – PROCESSO DELL’UTRI: CIURO (DIA) SU ORIGINE SOMME A HOLDING FININVEST
ANSA
Non si conoscerebbe l’ origine di alcune somme versate da Silvio Berlusconi (una decina di miliardi di lire), alla fine degli anni Settanta nelle casse delle holding Fininvest: lo ha sostenuto oggi in aula Giuseppe Ciuro, della Dia, che ha deposto nel processo a Marcello Dell’ Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa. Ciuro ha risposto alle domande dei pm che hanno voluto replicare dopo il controesame concluso ieri dalla difesa. L’ investigatore della Dia ha ribadito che e’ stato impossibile ricostruire la provenienza delle somme utilizzate da Berlusconi in alcune operazioni di accredito che avrebbe fatto alle fiduciarie che a loro volta le giravano alle casse delle holding. In particolare e’ stato ricordato da Ciuro un versamento eseguito nell’ ottobre del 1979 di 11 miliardi di lire. L’ esame di queste operazioni e’ stato disposto dalla procura per cercare un riscontro alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e testimoni i quali hanno affermato che i boss mafiosi avrebbero fatto arrivare a Milano alla fine degli anni Settanta, attraverso Marcello Dell’ Utri, somme di denaro provenienti dal traffico di stupefacenti, e sarebbero state investite nell’ acquisto di pacchetti di film utilizzati dalla Fininvest. Durante l’ udienza e’ emerso che i magistrati hanno acquisito solo una parte dei documenti bancari, puntando invece a quelli delle holding e della Bnl, che riguardano il primo segmento economico delle societa’ di Berlusconi al fine di accertare come sono arrivati questi soldi nelle casse della Fininvest. Rispondendo alle domande del pm Antonio Ingroia, Ciuro ha detto che l’ allora amministratore delegato della Sirea era Giuseppe Flesca Previti, mentre il legale della Efibanca risultava Cesare Previti.
5 NOVEMBRE 2003 – “LA REPUBBLICA” Operazione antimafia, in carcere un imprenditore e due marescialli
PALERMO – Clinica Santa Teresa, Bagheria. Lì è stato curato Bernardo Provenzano, inafferrabile capo di Cosa Nostra superlatitante da quarant’anni. E’ la clinica di Michele Aiello, il più grosso contribuente della Sicilia, imprenditore edile diventato manager della sanità. Per lui sono scattate le manette nel corso di un’operazione partita al’alba di oggi, quando un centinaio di carabinieri hanno circondato e perquisito la clinica. La stessa operazione ha portato all’arresto anche di due marescialli, uno della Guardia di Finanza, Giuseppe Ciuro, in servizio al centro Dia di Palermo, e uno dei carabinieri, Giorgio Riolo, in servizio alla sezione anticrimine del Ros. Nell’inchiesta sono indagate anche altre persone, altri tre rappresentanti delle forze dell’ordine. Si tratta di Giacomo Venezia, funzionario di polizia in servizio alla divisione anticrimine; di Carmelo Marranca, ispettore dello Sco, il Servizio Centrale operativo, e di Antonella Buttitta, agente della polizia municipale distaccata nell’ufficio di un Pm della Direzione Distrettuale Antimafia. Tutti avrebbero passato ad Aiello le informazioni sulle principali inchieste di mafia della procura. Michele Aiello, fondatore e patron della clinica Santa Teresa, a Bagheria, è accusato di associazione mafiosa e concorso in violazione del sistema informatico della procura. Il suo istituto privato è un punto di riferimento sanitario e all’avanguardia in campo oncologico e, probabilmente, al servizio di Cosa Nostra, considerato che il suo proprietario è sospettato dalla procura di essere uno dei più alti prestanome dei boss. I marescialli Ciuro e Riolo devono invece rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, violazione del sistema informatico della procura e rivelazione di segreto d’ufficio. Gli altri tre rappresentanti delle forze dell’ordine sono accusati, a vario titolo, di avere rivelato informazioni riservate su indagini in corso. Il maresciallo Giuseppe Ciuro è l’investigatore che ha svolto indagini patrimoniali e fiscali sul senatore Marcello Dell’Utri, nell’ambito del processo in cui il parlamentare è imputato di concorso in associazione mafiosa a Palermo. Due anni fa Ciuro era stato sottoposto alla scorta dei Carabinieri, per avere ricevuto presunte minacce nell’ambito dell’inchiesta sul senatore di Forza Italia. I legali di Dell’Utri, Roberto Tricoli e Francesco Bertorotta, non commentano. Si limitano a esprimere “solidarietà umana al maresciallo Giuseppe Ciuro”. I provvedimenti cautelari sono stati firmati dal gip Giacomo Montalbano. “Le indagini – si legge in una nota della procura – che i carabinieri del nucleo operativo, con il coordinamento e la direzione della Dda, hanno condotto con eccezionale professionalità, hanno consentito di accertare l’esistenza di un ampio contesto associativo, nel quale Aiello è pienamente inserito, che rappresenta uno ‘spaccato’ della persistente e incisiva capacità di Cosa nostra, e in particolare dei suoi esponenti di vertice, di infiltrarsi, ai più alti livelli, nel mondo imprenditoriale e in quello istituzionale”. L’indagine è partita dopo le dichiarazioni rese dal boss Antonino Giuffrè, da tempo collaboratore di giustizia, che ha indicato Michele Aiello come un imprenditore che “ha intrattenuto rapporti diretti e privilegiati con esponenti di assoluto rilievo di Cosa nostra, tra i quali Bernardo Provenzano”, il boss latitante da decenni. Aiello, secondo gli inquirenti, avrebbe inoltre costituito il perno di una “rete trasversale”, in cui sono risultati inseriti “qualificati appartenenti alle forze dell’ordine, in grado di garantirgli una sostanziale impunità e, più in generale, di agevolarlo nelle sue molteplici attività”. Le indagini hanno evidenziato i collegamenti stretti di Aiello con i marescialli Giuseppe Ciuro e Giorgio Riolo. Secondo l’accusa i due sottufficiali arrestati “in ragione del loro ufficio erano in grado di venire a conoscenza di indagini di particolare importanza e delicatezza relative a Cosa nostra e finalizzate anche alla ricerca di pericolosi latitanti”. Ciuro e Riolo, secondo gli inquirenti, avrebbero sistematicamente informato Aiello delle indagini in corso.
3 DICEMBRE 2003 – PRESUNTE TALPE DDA; PM INTERROGANO MARESCIALLI DIA E ROS (ANSA)
Sono iniziati stamane nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere gli interrogatori dei marescialli della Dia e del Ros, Giuseppe Ciuro e Giorgio Riolo, entrambi accusati di concorso in associazione mafiosa nell’ ambito dell’ inchiesta sulle talpe alla Dda di Palermo.
Gli interrogatori vengono condotti dai pm Michele Prestipino, Maurizio de Lucia e Nino di Matteo. Si tratta del primo interrogatorio in cui gli indagati, indicati come gli informatori dell’ imprenditore Michele Aiello, al quale avrebbero passato notizie riservate della Dda, vengono ascoltati dai pm titolari dell’ inchiesta.
MAFIA: TALPE DDA; MARESCIALLO DIA REVOCA MANDATO AD AVVOCATI
CIURO HA NOMINATO UN NUOVO DIFENSORE DI FIDUCIA
Il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro ha revocato il mandato ai due difensori di fiducia, gli avvocati Fabrizio Biondo e Monica Genovese. Il sottufficiale, arrestato il 5 novembre scorso con l’ accusa di concorso in associazione mafiosa e violazione del sistema informatico della procura di Palermo, ha nominato legale di fiducia l’avvocato Vincenzo Giambruno.
Della nuova nomina si e’ appreso oggi prima dell’ inizio dell’ interrogatorio al quale Ciuro e’ stato sottoposto dai pm Maurizio De Lucia, Michele Prestipino e Nino Di Matteo, nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
L’ avvocato Giambruno e’ il terzo penalista che il maresciallo della Dia ha cambiato dal giorno in cui e’ stato arrestato. In precedenza era stato assistito da Sergio Monaco, il quale aveva rinunciato alla difesa perche’ incompatibile con la posizione dell’ imprenditore Michele Aiello (che difende in questo procedimento) e in seguito aveva indicato come legali gli avvocati Fabrizio Biondo e Monica Genovese. Venerdi’ e’ arrivata la revoca e la nomina del nuovo difensore.
16 MARZO 2004 – PROCESSO DELL’ UTRI. “L’Opinione” Dell’Utri, in attesa di una sentenza annunciata di Ruggiero Capone
(…) Io, ad esempio, avrei voluto sentire in aula qualche altro teste”. Alla domanda su chi potrebbe essere, Dell’Utri ha risposto: “Mi sarebbe piaciuto sentire il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro (l’investigatore arrestato nel novembre 2003 perché ritenuto la talpa della procura). Proprio lui che ha indagato sul mio processo”.
17 MAGGIO 2004 – PROCESSO DELL’UTRI: CONTINUA REQUISITORIA PM INGROIA (ANSA)
DELL’UTRI: PM, SI PUO’ CHIEDERE CONDANNA SENZA ALTRE PROVE
“Il pm oggi puo’ gia’ chiedere la condanna per concorso in associazione mafiosa per ‘l’ ambasciatore’ di Cosa nostra in seno al gruppo imprenditoriale piu’ importante d’ Italia”. Lo afferma il sostituto Antonio Ingroia nel corso della requisitoria, giunta all’ ottava udienza, pronunciata a Palermo nel processo che riguarda Marcello Dell’ Utri.
Il magistrato ha fatto anche riferimento agli “attacchi subiti da certa stampa”, e ha ricordato che il pm “viene preso di mira in qualunque modo, come accade nel ritornello di una vecchia canzone – ha spiegato – nella quale qualunque comportamento assumi ti tirano le pietre”. Ingroia ha anche accennato alle immagini svolte in questo processo dal maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, arrestato lo scorso novembre per concorso in associazione mafiosa, sostenendo che il sottufficiale ha svolto “indagini ben fatte, dando anche un valido apporto all’ inchiesta, ma questo processo – ha sottolineato – non ha nulla a che fare con la vicenda che lo ha portato in carcere”.
5 GIUGNO 2004 – PROCESSO DELL’ UTRI: DAI GIORNALI “Il Foglio”
Cinque giorni al voto, il pm di Palermo chiede dieci anni per Dell’Utri “Una follia, speriamo nella sentenza”, ha detto il senatore di Forza Italia dal 1997 sotto processo per mafia
Accadde dopodomani, lunedì-Palermo. Accadde dopodomani, lunedì sette giugno, a cinque giorni dal voto per le europee. Il pubblico ministero Antonio Ingroia, al termine della sua requisitoria, ha chiesto ai giudici del Tribunale di condannare Marcello Dell’Utri a dieci anni di carcere. Il senatore di Forza Italia, sotto processo dal 1997 per concorso esterno in associazione mafiosa, è rimasto di ghiaccio. “E’ una follia”, ha detto. “Non resta che sperare nella saggezza della Corte”. Dello stesso tono i commenti dei difensori: “L’accusa ha prodotto tante chiacchiere ma nessuna prova, ma noi siamo in grado di dimostrare l’innocenza del nostro assistito”. La sentenza è prevista per l’autunno prossimo. Ingroia si è affiancato, per tutti questi anni, Domenico Gozzo – si era capito fin dal novembre dell’anno scorso, quando, nell’aula del dibattimento, si è materializzato il fantasma di Giuseppe Ciuro, il maresciallo della Dia che, dopo avere indagato per sette anni su Dell’Utri, è finito in carcere perché sorpreso a traccheggiare con un boss della sanità. Dell’Utri, come si ricorderà, ha chiesto che i pm ammettessero quantomeno l’anomalia di avere affidato indagini per mafia a un sottufficiale accusato di complicità con la mafia (“un traditore”, lo ha definito il procuratore Pietro Grasso). Ma Ingroia e Gozzo non hanno sentito ragioni e hanno fatto chiaramente intendere che niente avrebbe mai fermato la loro corsa verso la richiesta di una condanna pesante, pesantissima. Cosa che è puntualmente avvenuta, oggi, 7 giugno. Ingroia e Gozzo hanno detto e ridetto di avere “prodotto davanti al tribunale testimonianze convergenti e prove schiaccianti”. Ma i difensori di Dell’Utri sostengono di trovarsi di fronte a un processo col doppio fondo. Anzi, triplo. Perché dietro Dell’Utri c’è un “coimputato di pietra” che risponde al nome di Silvio Berlusconi. E c’è un imputato (ora rinnegato) che risponde al nome di Pippo Ciuro, il maresciallo che vendeva l’antimafia ai sospettati di mafia. Però, afferma poi Ingroia in aula, “il coinvolgimento di Marcello Dell’Utri nell’organizzazione mafiosa prescinde dalla consapevolezza di Silvio Berlusconi. A lui erano rivolti gli avvertimenti e il senatore è sempre stato un tramite, l’uomo che si è adoperato affinché Cosa nostra ottenesse i risultati voluti”. L’imputato rinnegato. Ciuro chi?, ti chiedono straniti assistenti, cancellieri e personale di polizia distaccato in procura. Entri nella stanza del pubblico ministero Antonio Ingroia e ti accorgi che sono stati rimossi tutti i segni del suo passaggio. Ciuro fu utilizzato per oltre sei anni, e a tempo pieno, nelle indagini su Dell’Utri e Berlusconi. Ma subito dopo il suo arresto, i due pm hanno sostenuto che il maresciallo aveva svolto sì e no un ruolo marginale, forse inutile, praticamente insignificante. Ma l’ombra di Ciuro – che per sei anni ha vissuto nella stessa stanza, con Ingroia e Gozzo – è difficile da allontanare e la prova sta nel fatto che il maresciallo ha chiesto proprio l’altro ieri (anche il suo processo costa, eccome) il rimborso delle spese sostenute fra il 1996 e il 2003 per portare a termine quasi duecento missioni finalizzate alla ricostruzione delle vicende Fininvest. Dell’Utri non si è lasciato sfuggire l’occasione e dopo l’arresto del maresciallo ha scritto una lettera aperta a Ingroia per invitarlo pubblicamente ad astenersi dal processo. Consiglio che il pm non ha accolto. Perché mai avrebbe dovuto?, ha replicato in aula, durante la requisitoria, il pm Gozzo, parlando a nome di Ingroia. Ma le accuse mosse a Ciuro non sono cosette davanti alle quali si può chiudere un occhio. Le intercettazioni telefoniche starebbero lì a dimostrare che il maresciallo sfruttava la propria condizione di detective al servizio esclusivo dei “puri e ciuri” – così venivano chiamati a palazzo di giustizia i due suoi pm – per passare informazioni riservate a Michele Aiello, un imprenditore fin troppo preoccupato di finire sotto scopa per mafia. Dell’Utri chiedeva che per questi motivi – PQM, scrivono i magistrati quando tirano le conclusioni – i suoi accusatori ammettessero la strana commistione tra mafia e antimafia e facessero poco poco un passettino indietro. Gli hanno risposto che la legge è uguale per tutti ma, per i pm è poco poco più uguale. Ci voleva tanto a capirlo?
17 LUGLIO 2004 – LE TALPE DEI BOSS. “La Repubblica”
La Procura chiude l´indagine sulle talpe dei boss
Per il presidente della Regione l´ipotesi di reato è rivelazione di segreto d´ufficio. Con una aggravante: le informazioni finivano agli uomini di Cosa nostra
Si va verso un processo unico con gli accusati di concorso esterno Riolo e Ciuro, con l´imprenditore Aiello e il radiologo Carcione
26 OTTOBRE 2004 – TALPE DDA; MARESCIALLO DIA CHIEDE GIUDIZIO ABBREVIATO (ANSA)
Il maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, imputato di concorso in associazione mafiosa, nel cosiddetto processo alla talpe alla dda di Palermo, ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato. Sull’istanza il gup Bruno Fasciana decidera’ domattina. Insieme a Ciuro, sono imputati, tra gli altri, il maresciallo del Ros Giorgio Riolo, l’imprenditore della sanita’ privata Michele Aiello ed il presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro che deve rispondere di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento aggravato.
1 DICEMBRE 2004 – TALPE DDA; CIURO, MAI DATO NOTIZIE RISERVATE AD AIELLO (ANSA)
“Notizie riservate ad Aiello? Non ne ho mai date. Mi sono limitato a confortarlo mentre altri lo terrorizzavano. Che eravamo indagati, poi, me lo disse lui stesso. Lo aveva saputo da Rotondo a cui lo aveva detto Cuffaro che, a sua volta, ne era stato informato a Roma”.
In oltre tre ore di esame Giuseppe Ciuro, maresciallo della Dia in carcere da novembre scorso per concorso in associazione mafiosa, ha raccontato al gup, che lo processa in abbreviato, la sua versione sui rapporti che lo legavano all’ imprenditore della sanita’ privata Michele Aiello, arrestato nell’ ambito della stessa inchiesta: quella sulle talpe alla dda di Palermo.
Ciuro e’ accusato, insieme al maresciallo del Ros Giorgio Riolo, di avere fatto parte di una sorta di rete di informatori riservati che rivelavano ad Aiello notizie segrete su inchieste in corso.
L’ imputato ha chiesto che il processo col rito abbreviato, normalmente celebrato a porte chiuse, si svolgesse alla presenza del pubblico.
18 MARZO 2005 – TALPE DDA; DIFENSORE CIURO, SOFFIATE ERANO MENZOGNE (ANSA)
Le “soffiate” di Giuseppe Ciuro erano tutte menzogne; il maresciallo della Dia accusato di essere una “talpa” al servizio di Cosa nostra, sarebbe solo un millantatore, finito nei guai per aiutare il suo amico Michele Aiello. E’ la tesi dell’avvocato Fabio Ferrara, uno dei difensori di Ciuro (l’altro e’ Vincenzo Giambruno) che stamane ha pronunciato la parte iniziale della sua arringa davanti al gup Bruno Fasciana.
Per Ciuro, processato col rito abbreviato e assente in aula, i pm Nino Di Matteo e Michele Prestipino hanno chiesto la condanna a 8 anni e 6 mesi di reclusione per concorso in associazione mafiosa.
8 APRILE 2005 – PRIMA SENTENZA TALPE DDA, CONDANNATO CIURO EX MARESCIALLO DIA FAVOREGGIATORE, ASSOLTO DAL CONCORSO ESTERNO (ANSA)
Uno dei primi capitoli dell’ inchiesta sulle talpe che svelavano i segreti della direzione distrettuale antimafia ad esponenti di Cosa nostra o ad indagati si e’ chiuso con la decisione del gup Bruno Fasciana che, col rito abbreviato, ha condannato l’ex maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro a 4 anni ed 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Non una piena vittoria della procura, quindi, che con i pm Nino Di Matteo e Michele Prestipino aveva chiesto la condanna a otto anni e sei mesi di reclusione per Ciuro e la condanna a otto mesi per Giuseppe Giglio, un gioielliere accusato di favoreggiamento, che e’ stato assolto. Il gup ha pero’ derubricato l’accusa di concorso esterno alla mafia in favoreggiamento personale senza l’aggravante di aver favorito cosa nostra. Ciuro e’ stato condannato anche per violazione del sistema informatico della procura e rivelazione di segreto d’ufficio ma nello stesso tempo assolto dall’abuso d’ufficio, che riguardava la vicenda del rilascio della certificazione antimafia da parte dela prefettura per l’imprenditore Michele Aiello, attualmente imputato per associazione mafiosa in un altro processo alle talpe della Dda che si svolge davanti ai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo e riguarda 13 persone, fra cui il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro e il maresciallo dei carabinieri del Ros, Giorgio Riolo.
La Difesa di Ciuro sembra soddisfatta dalla sentenza. “Il nostro assistito non e’ mafioso: la sentenza ha riconosciuto l’assoluta estraneita’ del maresciallo a contatti con ambienti mafiosi”, ha detto l’avv. Fabio Ferrara. “Ciuro – ha aggiunto il legale – si e’ limitato a favorire l’amico Michele Aiello”.
“Possiamo dire che e’ stato ridimensionato e per gran parte annullato, l’impianto accusatorio”. E’ il commento dell’altro difensore, l’avv. Vincenzo Giambruno. “La sentenza ha riconosciuto – ha proseguito Giambruno – che il ruolo di Ciuro nell’indagine era del tutto secondario”.
Ciuro e’ detenuto da 18 mesi. I suoi legali hanno comunicato che faranno immediatamente istanza di scarcerazione. “Una richiesta – hanno commentato i due difensori – che a questo punto appare doverosa”. La procura ha annunciato che presentera’ appello alla sentenza. “I fatti che venivano contestati a Ciuro – dice Nino Di Matteo, che ha istruito il processo – sono stati ritenuti provati. Il gup ha dato agli stessi fatti una qualificazione giuridica del tutto diversa da quella che ritenevamo corretta, e per questo appelleremo la sentenza”.
“Il gup – afferma un altro dei pm, Maurizio De Lucia – ha ritenuto che l’imprenditore Michele Aiello, che per noi e’ mafioso, veniva aiutato dalle rivelazioni fatte da Ciuro. La nostra visione dell’inchiesta ci porta dunque a ritenere, alla luce di questa sentenza, che l’impostazione dell’accusa non e’ sbagliata”. “Ciuro – prosegue il magistrato – ha dunque aiutato l’amico e secondo il giudice non tutta l’organizzazione di Cosa nostra. Per questo motivo ribadiremo la nostra tesi accusatoria in corte d’appello”.
16 MAGGIO 2008 (ANSA) CORTE D’APPELLO CONFERMA CONDANNA CIURO
PALERMO. “Una figura estremamente compromessa col sistema criminale”
Così i giudici della quarta sezione della corte d’appello di Palermo definiscono l’ex maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro, condannato a 4 anni e 8 mesi per favoreggiamento, nelle motivazioni della sentenza che dispose anche la destituzione dall’incarico e la rimozione dalla Finanza dell’imputato. Il provvedimento, come riporta il Giornale di Sicilia, è stato depositato ieri. Quello a carico di Ciuro è uno dei processi della indagine della procura di Palermo sulle cosiddette ‘talpe alla dda’. Il maresciallo scelse di essere giudicato in abbreviato e la sua posizione venne così stralciata da quella degli altri protagonisti della vicenda: come l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro e l’imprenditore della sanità privata Michele Aiello, processati e condannati col rito ordinario. Secondo l’accusa Ciuro, che per anni ha lavorato al fianco del pm della dda Antonio Ingroia, avrebbe rivelato ad Aiello notizie riservate su indagini a suo carico. L’ex maresciallo ideò la rete riservata di cellulari, per non farsi intercettare, con un altro esponente delle forze dell’ordine, Giorgio Riolo, maresciallo del Ros, anche lui condannato. I giudici hanno poi definito “inverecondo” il “contegno processuale” dell’imputato, teso a negare l’evidenza”. Il nome di Ciuro è tornato d’attualità nei giorni scorsi nell’ambito della polemica tra il giornalista Marco Travaglio e il vicedirettore de la Repubblica Giuseppe D’Avanzo, che ha ricordato i rapporti tra l’ex maresciallo e Travaglio.
26 MAGGIO 2008
ANTIMAFIA2000 di Silvia Cordella – 26 maggio 2008
Usava il computer della Procura per scaricare immagini pedopornografiche
La Terza sezione del Tribunale di Palermo presieduta dal giudice Raimondo Loforti ha condannato l’ex maresciallo della Dia Giuseppe Ciuro a un anno e 4 mesi con l’accusa di peculato. Secondo i magistrati il sottufficiale che per lungo tempo ha lavorato nell’ufficio del pm Antonio Ingroia, usava le linee telefoniche della Procura per collegarsi a siti hard ad alto costo e scaricare immagini pedopornografiche ritrovate dagli inquirenti nel suo computer. Per Giuseppe Ciuro, al quale il pm Francesco Del Bene aveva chiesto tre anni di carcere, il giudice della Terza sezione ha valutato fondata la telefonata del 6 novembre 2002 mentre per le altre connessioni non si ritiene sufficientemente accertata la sua responsabilità. Il maresciallo della Guardia di Finanza era stato arrestato il 5 novembre del 2003 nell’ambito dell’indagine sulle “Talpe” e per questo condannato a 4 anni e 8 mesi per favoreggiamento semplice nei confronti di Michele Aiello, l’imprenditore di Bagheria ritenuto prestanome di Provenzano. La pena per il maresciallo era stata confermata anche in Appello.
(FONTI: ALMANACCO DEI MISTERI, ARCHIVIO ANSA, REPUBBLICA.IT, ANTIMAFIA2000)
3 commenti presenti
Bellissima ricostruzione, complimenti.
E’ importante sottolineare il ruolo svolto da Ciuro nelle indagini contro dell’Utri.
Io avrei anche aggiunto i particolari delle vancanze tra Ingroia e Ciuro e i lavori fatti a casa del P.M. da operai mandati da Ajello.
C’è un’intercettazione in proposito.
Ed un articolo apparso su il Foglio se non sbaglio.
L’unica pecca è un link alla sentenza di Dell’Utri al fine di poter rendersi conto di come le indagini di Ciuro siano state di fondamentale importanza per arrivare alla condanna e del fatto che non esiste nessun altro elemento contro il Senatore del PDL.
Scritto da tequilero il 11 Ott 2008
Vado Off Topic:
ieri sera un programma di alta qualità, che ho registrato e appena finito di vedere:
LE MANI SU PALERMO.
Ottimo, incalzante, angosciante. Io guardo pochissima tv, ma non sono uno di quelli che lo fa a priori. Vorrei che il servizio analogico ci regalasse programmi come quello che ho visto prima, in maggior quantità.
Perchè non è vero che siamo dipendenti da Veline e Tronisti, bisogna che ci sia uno sforzo da entrambi i lati per elevare qualitativamente il tubo catodico, almeno a “decenza”.
Complimenti a Rai3, lo dico con il cuore.
Wil
Scritto da Wil Nonleggerlo il 11 Ott 2008