La vita è violata, l’anima vola
23 Luglio 2008di Nicoletta Salata
“Accanimento terapeutico”, “eutanasia”: due parole che già a pronunciarle singolarmente inquietano e fanno rabbrividire noi tutti. Scritte una di seguito all’altra, quasi a volerle collegare in una equazione che a mio avviso è di semplice risoluzione e nella quale i due elementi si trovano in logica affinità, possono apparire invece una formula incomprensibile ed inapplicabile per altri. Perché producono un effetto forse troppo dirompente e metterle in sequenza non fa che aumentare, per qualcuno, il disappunto.
Poiché, godendo di ottima salute, siamo lontani dal sospetto o il timore di poterci trovare un giorno a fare i conti, o meglio l’analisi logica (nel nostro ricco vocabolario di parole positive e consolanti metafore), con questa terminologia che forse ora ci sembra, distaccatamente, un gergo astruso quasi uno slang, appartenente ad un linguaggio che ci è improprio.
Eppure, se non altro perché l’illusione “tanto a me non capiterà mai” è un’altra di quelle storie con cui alimentare il nostro ottimismo-egoismo e fare finta di niente, la questione richiederebbe uno sforzo altruistico da parte di tutti.
Che equivale a porsi di fronte al problema non come giudici, opinionisti, sentenziatori, preti o politici, ma come essere umani a cui la sorte potrebbe riservare analogo destino.
Forse è soltanto cercando di immedesimarsi in coloro che si trovano a convivere (mi chiedo se considerata la loro situazione di malati così gravi o peggio ancora di sopravvissuti collegati a un sistema di macchinari sia corretto, purtroppo, utilizzare ancora il temine “vita”) con questa ed altra ancor più tremenda terminologia (fosse solo questione di termini! È il dramma che c’è dietro a far rabbrividire), che si potrebbe riuscire ad interpretare la questione da una più “quadrata” angolatura.
Di fronte al dolore dell’altro, avendo la fortuna quasi la grazia, di non condividerlo sul piano pratico, ci vuole comprensione, compenetrazione, partecipazione e supporto almeno sul piano teorico.
Il che significa nella…pratica, soltanto una cosa: mettersi al posto di chi sta vivendo una così drammatica odissea, che qui però non è il viaggio della conoscenza, la storia del ritorno a casa dell’eroe; no, semmai è esattamente e tragicamente il suo contrario: è il penoso prolungarsi di un’anticamera del viaggio verso l’oblio, della definitiva e irreversibile partenza.
Non voglio entrare qui nel merito di questioni etiche, mediche, religiose, politiche. Ed evidenziare singolarmente le posizioni di ciascun rappresentante di queste categorie, che coerentemente con il credo del proprio movimento sostiene l’una o l’altra teoria, favorevole o contro.
Suggerisco solo, a chi volesse dedicare un po’ del suo tempo alla visione dei vari filmati che girano sul web, di ascoltare Paolo Ravasin, o Marina Garaventa alias “principessa del pisello”, o visitare il sito di Luca Coscioni, che non è certo la sola cosa ad essere rimasta di lui, per citare solo alcune di queste sfortunate persone che, colpite nello specifico caso da SLA (sclerosi laterale amiotrofica), con questa accoppiata perdente, con questo ambo sfortunato, con questo duetto inascoltabile, rappresentati appunto dalle due famigerate parole di cui sopra, si trovano ora faccia a faccia.
Duramente, ingiustamente, a doverle considerare inserendole forzatamente nel loro vocabolario che fino a un attimo prima, senza dubbio, era certamente la stessa copia del nostro.
Ascoltiamoli, osserviamoli, e sforziamoci di comprendere (immaginarci al loro posto a questo punto non è più necessario perché è tutto così chiaro, così inequivocabile), se di fronte a tanto coraggio, a tanto penoso sopravvivere, non sia un loro sacrosanto diritto ritenere e decidere cosa farne di loro stessi.
“La vita è inviolabile”, ma Mons. Fisichella, la loro vita è già stata violata! Anche se la SLA non intacca totalmente le funzioni poiché se da un lato causa la paralisi di alcuni muscoli e compromette le funzioni respiratorie, mandibolari, del faringe e della lingua, dall’altro non determina deterioramento intellettivo.
Ma poi ci sono anche le persone che si trovano in stato di coma vegetativo e il loro è un “corpo-involucro che sopravvive alla mente” (U.Veronesi ).
Ed è questo che P.Ravasin, con il suo testamento, credo intenda affermare: la libertà di scegliere, per un domani che sia il più lontano possibile, di non rimanere tra noi come “contenitore” di un’anima sofferente e sfortunata, la quale probabilmente in quel momento avrà già preso, eterea e immateriale liberandosi, il volo.
3 commenti presenti
Purtroppo, da cattolico “oscurantista” (dicunt), non posso concordare molto con questo bell’articolo.
Scritto da Tommaso Farina il 23 Lug 2008
Grazie Tommaso! Per la …diligenza con cui hai letto e per la pacatezza con cui esprimi la tua diversa opinione.
Scritto da Nicoletta Salata il 23 Lug 2008
Volevo complimentarmi per quest’articolo molto bello.
Mi è piaciuto molto.
Credo che a situazioni così dolorose ed estreme non ci si possa accostare senza che si abbia avuto il coraggio di analizzare un aspetto della vita umana che incute terrore e a cui nessuno, per quanto coraggioso, possa dirsi preparato.
Buona giornata
Scritto da Tania il 23 Lug 2008