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AGENZIE DI RATING: COME PREVEDERE IL PASSATO…

29 Settembre 2011

di Gianluigi De Marchi

L’Italia ha subito un declassamento del giudizio da parte delle cosiddette agenzie di rating, quelle istituzioni che “danno la pagella” a Stati, società, banche eccetera e che condizionano in maniera determinante le quotazioni dei titoli e di interi mercati.

La loro funzione è stata per decenni esaltata, ed i giudizi accolti con religioso silenzio; ma nel corso degli ultimi anni l’atteggiamento del pubblico è cambiato, perché le varie Standard & Poors o Moody’s non ne hanno azzeccata una.

Vogliamo ricordare il caso della banca Lehman (fallita provocando una crisi enorme d cui ancor oggi paghiamo le conseguenze) che fino a pochi mesi prima del fallimento aveva un giudizio eccellente (AA, un po’ come avere 9 su 10 a scuola), oppure quello della Parmalat (gratificata per anni di un giudizio tripla B che consentiva alla società di Tanzi di essere considerata un titolo da investimento e non speculativo) con bilanci falsi di cui nessun “controllore” si era accorto? Vogliamo ricordare che le famigerate obbligazioni CDO costruite sui mutui “subprime” (quelli a rischio elevatissimo di insolvenza) avevano il voto massimo in assoluto, cioè tripla A? Vogliamo ricordare che Standard & Poors non ha previsto la crisi greca, la crisi irlandese e tanti altri casi simili, ma si è ridotta sempre a prendere atto delle situazioni, mesi dopo lo scoppio di situazioni pesanti?

Insomma, questi censori dei comportamenti altrui si riducono a constatare quanto già avvenuto, ma non riescono (come dovrebbero, visto che sono profumatamente pagate) a prevedere il futuro.

Insomma, il mondo pende dalle loro labbra senza rendersi conto che questi signori sono dei poveretti che leggono tante carte, disegnano tanti grafici, elaborano tante tabelle, ma dall’enorme mole di carte che producono non ne cavano nulla di veramente utile per i mercati.

In Cina l’hanno già capito da tempo, e si sono attrezzati con una società di rating locale che fa valutazioni per conto proprio, spesso in contrasto con quello delle consorelle americane.

Cosa aspetta l’Europa a fare qualcosa di simile, con un ente soprannazionale indipendente, non soggetto a condizionamenti (ricordiamo che il costo dei giudizi è pagato da chi emette i titoli, quindi prima che lo si condanni con un rating negativo, i signori di S&P o Moody’s ci pensano su parecchio, per non “perdere il cliente”…)

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