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BAIL IN, ATTENTI ALLE BANCHE!

27 Novembre 2016

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di Gianluigi De Marchi

A partire dal 1° gennaio 2016 abbiamo dovuto imparare un altro nome sconosciuto, “bail in”, rigorosamente in inglese per non essere capito e non fare paura.

Invece bisogna averne paura, e soprattutto prepararsi ad evitarlo.

Sai tratta del meccanismo di salvataggio di un istituto di credito in difficoltà che, nel caso in cui non sia più in grado di far fronte ai propri impegni, non potrà più essere salvato con soldi pubblici dello Stato e/o delle banche centrali (come è stato sino a oggi), bensì attraverso l’azzeramento del valore delle azioni e delle obbligazioni (e fin qui nulla di strano, è normale, si tratta di investimenti a rischio, non essendo garantiti) e la riduzione dei depositi in conto corrente o su libretti di risparmio..

Questa novità è un assurdo giuridico (il deposito in conto non è un investimento!) ed un non senso logico; eppure dobbiamo imparare a fare i conti con questa eventualità e soprattutto a prendere le opportune misure per evitare di essere intrappolati in un “bail in”.

Per prima cosa, evitare di mantenere sul conto più di 100.000 euro (limite al di là del quale si è evidentemente considerati degli speculatori da colpire…).

Se si ha una giacenza superiore, intestare il conto ad almeno due persone (il limite di 100.000 euro è pro capite; quindi chi ha due figli può “salvare” 400.000 euro).

Se la cifra liquida è molto grande, aprire più conti in più banche (non c’è il cumulo e si fraziona il rischio, che è sempre una buona regola).

E infine, per sapere se la banca in cui si è clienti è solida, pretendere di avere l’indice di rischio detto CET1 (indicatore che rapporta il patrimonio netto della banca – capitale sociale più riserve – ai rischi assunti), che deve essere superiore a 10-11 per stare tranquilli (anche se l’indice è “retroattivo” e quindi non è una garanzia sul futuro).

Più questo indicatore è elevato, maggiore dovrebbe essere la solidità dell’istituto, ovvero la capacità di affrontare eventuali scenari negativi. In generale un livello sotto il 9% non è considerato sufficiente, e sotto l’8% è assolutamente a rischio.

 

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