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CHIEDERE UN FIDO. UNA CACCIA AL TESORO

6 Dicembre 2011

di Gianluigi De Marchi

E’ da qualche anno ormai che se ne parla, anche se la grande stampa non dà abbastanza spazio a questo fenomeno: i privati e le piccole imprese non trovano più credito.

Le banche sono troppo occupate a dare soldi ai grandi gruppi internazionali (perché con un’unica operazione piazzano miliardi di euro e quindi “faticano meno” che a concedere migliaia di piccoli fidi) o, peggio, a speculare sui mercati internazionali.

In più la crisi ha rarefatto la liquidità, perché chi ce l’ha se la tiene ben stretta e spesso non la deposita in banca, cioè là dove può venire utilizzata per l’erogazione di crediti.

E’ un fenomeno che sta lentamente deteriorando l’economia produttiva, specie nelle realtà locali periferiche rispetto ai grandi centri del potere finanziario.

Ecco perché diventa sempre più necessario non sbagliare nulla quando ci si reca presso il proprio sportello bancario per chiedere un fido.

Per prima cosa è bene informarsi con cura dei documenti necessari: il privato per prima cosa deve poter dimostrare di avere un reddito sufficiente per poter rimborsare nel tempo il prestito. Quindi deve esibire il proprio cedolino dello stipendio e deve sapere che, se guadagna 1.500 euro il mese potrà destinare al massimo 2-300 euro al pagamento degli interessi ed al rimborso.

Se il richiedente lavora presso un ente pubblico o una grande azienda può anche far ricorso alla “cessione del quinto”, cioè farsi addebitare il quinto dello stipendio (che servirà ai rimborsi) ed incassare solo il resto.

Se il prestito è legato all’acquisto di un bene (la televisione, l’auto, la cameretta per il bambino in arrivo) è necessario anche esibire il preventivo di costo, in modo da poter dimostrare che la richiesta è veramente collegata all’operazione (fra l’altro il cosiddetto “prestito al consumo” gode di condizioni agevolate rispetto al credito “in bianco”).

Per chi esercita un’attività commerciale occorre esibire il bilancio od una situazione patrimoniale aggiornata, la misura della camera di Commercio, indicare eventuali proprietà immobiliari dell’impresa o dei suoi titolari, l’elenco dei fornitori e dei clienti, dimostrare di essere in regola con il pagamento delle imposte.

In tutti i casi, è bene evitare di “fare i furbi”: i sistemi di informazione delle banche sono ormai sofisticati ed aggiornatissimi: chi ha avuto protesti o ha avuto difficoltà nei rimborsi di precedenti operazioni è inesorabilmente censito presso il CRIF (una centrale internazionale che raccoglie tutte le informazioni sui crediti bancari e di finanziarie), quindi ben difficilmente riuscirà ad ottenere nuovi prestiti.

Ed attenzione anche a presentare una domanda in situazioni “traballanti” destinate a ricevere una risposta negativa da parte della banca: anche un fido rifiutato viene censito, e pregiudica per mesi la possibilità di rivolgersi ad un’altra banca.

Il consiglio è quindi quello, prima di avviare ufficialmente una richiesta, di prendere contatto con il direttore (facendosi eventualmente assistere dal commercialista o da un esperto finanziario) per esporre la situazione, indicare l’0importo di cui ha bisogno ed avere un benestare di massima (anche non “ufficiale”) per poter ragionevolmente sperare di chiudere la pratica positivamente e senza intoppi.

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