Crisi del PdL o strappo semplice e ricomponibile? Il Tg4 oscura l’intervento di Fini e Bossi minaccia la fine dell’alleanza
23 Aprile 2010Direzione nazionale del PdL, quasi un’ora di intervento per Gianfranco Fini seguita dalla dura replica di Silvio Berlusconi. L’evidenza è di una frattura dialettica su diversi punti cardine nella politica del partito e del governo, difficile immaginare una rapida ricomposizione fra le diverse posizioni. Ma cosa sta accadendo nel partito che solo un anno fa, secondo Berlusconi acclamato presidente in occasione del congresso di fondazione, puntava a raccogliere da solo il 51% dei voti degli italiani?
Qualcosa è decisamente cambiato dopo il voto delle regionali, vinte dal centro-destra. È piuttosto inusuale l’apertura di una crisi interna dopo una vittoria elettorale, se non considerando di quale genere di formazione politica stiamo parlando e di che piega abbiano preso le cose dopo i risultati, ragioniamoci sopra.
In realtà la vittoria elettorale appartiene più alla coalizione che al solo PdL, basta leggere i dati oggettivi per rendersene conto. Il partito di Silvio ha raggranellato un modesto risultato, se paragonato alle elezioni politiche di due anni fa ed alle europee del 2009. Alchimie e riconteggi fanno auto-attribuire al PdL un risultato in linea con le aspettative e la propaganda, sommando il 27% scarso ottenuto direttamente ai consensi raccolti dalle varie liste civiche di area centro-destra. Al di là degli artifizi matematici un tantino forzati, anche sommando il 26,78% del PdL al 7,81% delle liste che appoggiavano i governatori del c.d. si arriva al 34,6%, non certo il 38% dichiarato pubblicamente dai fedelissimi berlusconiani.
A parte la bassa perizia matematica, il dato che ha veramente dominato l’ultima consultazione elettorale è stato l’ottimo risultato portato a casa dalla Lega Nord, e non solo nelle regioni a nord del fiume Po. È questo il vero fatto nuovo che ha rotto gli equilibri interni alla coalizione governativa.
Da quel momento è stato tutto un fiorire di dichiarazioni a mezzo stampa, manco avessero chiuso tutte le sedi istituzionali, parlamento compreso. Con il vento in poppa, i politici di area governativa si sentivano ormai l’Italia in tasca, Berlusconi e Bossi per primi. Partivano così una raffica di riforme annunciate, dalla solita Giustizia a quelle istituzionali, con particolare predilezione per il presidenzialismo: alla francese con arrangiamento originale italiano. Improvvisamente sembrava che il nostro Paese non potesse più vivere senza una profonda riforma in senso presidenziale, come fosse l’unico problema reale da affrontare. Tanto per mettere in chiaro il suo pensiero, Umberto Bossi faceva sapere che l’attuale legge porcata elettorale non si tocca, confermando quello che è già fin troppo chiaro: agli attuali partiti sta benissimo dominare la scena politica con accentramento ai vertici delle scelte, se poi i cittadini aspirano a votare direttamente il proprio candidato esprimendo la preferenza al voto, allora possono anche emigrare e tanti saluti. Ufficialmente si esaltava la riforma con la quale gli elettori potevano scegliere direttamente il capo dello Stato, mentre per i componenti del parlamento la capacità discriminatoria veniva saldamente trattenuta dai capi in testa. Quest libero arbitrio ammaestrato la dice lunga su come viene inteso il concetto di “democrazia” e di “popolo” costantemente utilizzati dagli esponenti politici di primo piano.
Visto che c’erano così tante riforme importanti da avviare, si imponeva una riunione per decidere come farle. Quale luogo meglio si adattava per ospitare il vertice? Se avete pensato ad un luogo istituzionale siete completamente fuori strada, il posto migliore ove maturare importanti decisioni sta dalle parti di Arcore. E così è stata organizzata una bella cena, con trota (Bossi jr.) al seguito. Non so se durante l’incontro anche il 22enne discendente del senatur sia attivamente intervenuto nella discussione, sta di fatto che il futuro degli italiani non è passato attraverso un meeting di esperti costituzionalisti bensì per una tavolata di politici ai quali, presumo, non sarà mancato da mangiare e pure da bere in quella storica serata.
Una volta prese le decisioni, queste non sono state rese note agli organi istituzionali. Giusto per la forma, al Presidente della Repubblica è stato inviato un messaggero, il ministro Calderoli, che ha illustrato a Napolitano le conclusioni del banchetto. Poi sono iniziate a circolare voci e precisazioni, tutte rigorosamente a mezzo stampa. Il quadro che ne è derivato era di profondi cambiamenti da mettere in atto da qui alla fine della legislatura. Apparentemente, nessuno si poneva il problema della necessità di dover disporre di una maggioranza qualificata per le modifiche costituzionali, salvo dover poi passare per i referendum confermativi. Eppure è una situazione che dovrebbe essere ben presente nella mente di chi ha il destino del Paese nelle proprie mani. E fra l’altro ci sono già passati quattro anni fa senza successo per questa strada.
Le novità di parte leghista riguardavano anche il potere, quello vero e tangibile. Bossi dichiarava: “E’ chiaro che le banche piu’ grosse del nord avranno uomini nostri a ogni livello. La gente ci dice prendetevi le banche e noi lo faremo”. Vista la precedente esperienza leghista con la CrediEuroNord, se avessi un conto corrente con una banca del nord inizierei a preoccuparmi. Potrei continuare ancora a citare dichiarazioni ed episodi ma penso sia sufficiente aver ricordato quelli più importanti.
Il fattore comune delle azioni leghiste è abbastanza chiaro: arrampicarsi sull spalle di Berlusconi finché rimane un solido e determinante appoggio per raggiungere i propri obiettivi.
I molti segnali lanciati dalla Lega dopo le elezioni regionali denotano una matrice comune che si potrebbe così riassumere: le parti si sono chiarite, ora è Bossi che tiene Berlusconi ed il governo per le palle. Subito dopo le elezioni avevo ipotizzato in un post che la Lega si sarebbe mossa con maggiori rivendicazioni, non pensavo però che sarebbe accaduto in misura così massiccia. Il conto che stava presentando è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di Gianfranco Fini, con resa dei conti ieri in sede di direzione del PdL. Un Don Chisciotte quasi solitario per il momento, al quale hanno voltato le spalle da molto tempo i fedelissimi e gli ex colonnelli di AN che si trovano più a loro agio nei panni del sergente Garcia. Lauti e pasciuti, chi con la poltrona, chi con la sedia o semplicemente con lo strapuntino, tutti felici ed allineati confortevolmente nel pensiero unico della monarchia assoluta berlusconiana. Guai a dissentire, altrimenti il Capo ti cancella ed allora addio privilegi e deleghe.
Contrariamente alle mie consuetudini, ieri sera mi son voluto guardare l’apertura del Tg4 delle ore 19:00, ritenendo che per meglio comprendere lo stato attuale delle cose fosse utile sentire una campana che più berlusconiana non si può, ed ho fatto bene. Il Tg si è aperto con un Emilio Fede non particolarmente allegro e sorridente, che però ha subito messo in chiaro che per Silvio Berlusconi quello di ieri “è stato un trionfo”. La conta dei voti sul documento finale è quella che, secondo Fede, ha determinato il successo del premier, su 179 solo 11 contrari ed un astenuto. Nessuna spiegazione sul cosa fosse accaduto nel pomeriggio, prima o poi lo dovrà fare mi sono detto. Si è poi passati ai filmati: ampio spazio agli interventi di Berlusconi, prima e dopo il fatto del giorno, poi a seguire uno striminzito estratto di Fini che elogia la leadership di Berlusconi. E basta. Neppure una delle molte frasi critiche pronunciate dal presidente della camera è stata trasmessa dal Tg4, ovvero come negare la realtà delle cose e soprattutto fingere di fare informazione. Mi domando cosa avranno pensato sia accaduto i non moltissimi telespettatori del telegiornale (7% di share dai dati auditel, la metà di quelli del Tg3 dello stesso orario), perché mai il povero Silvio fosse tanto infuriato con Gianfranco. Da notare che nel video della replica presidenziale a Fini quest’ultimo non veniva mai inquadrato, facendo invece passare volti sorridenti della sala con immagini ovviamente riprese solo nei settori più plaudenti. Avendo seguito in diretta video le fasi calde degli interventi, mi sono reso conto di quanto possa essere manipolata l’informazione da parte di quello che ha ancora l’ardire di fregiarsi dell’etichetta “telegiornale”, definizione vergognosa per un simile scempio della realtà. La mia consuetudine a non guardare il Tg4 credo possa continuare a sussistere senza particolari problemi di coscienza.
Una riflessione finale: ma cosa diavolo sono diventati i cosiddetti “partiti”? A giudicare da quanto abbiamo sotto gli occhi, le componenti politiche della società italiana sono semplici organizzazioni affaristiche, conformate alla volontà dei loro proprietari e/o padroni assoluti. Poco importa la sigla che li distingue, in entrambi gli schieramenti contrapposti stanno messi più o meno in maniera simile. Il PdL lo sottoscrive e lo vota a larga maggioranza approvando ieri il documento finale nel quale si legge: «Correnti o componenti negano la natura stessa del Popolo della libertà, ponendosi in contraddizione con il suo programma stipulato con gli elettori e con chi dagli stessi elettori è stato designato a realizzarlo attraverso il governo della Repubblica». Sentenza definitiva e non appellabile per la dialettica interna a quel partito. Sul fronte opposto, in teoria il PD potrebbe ancora essere potenzialmente dotato di una dinamica democratica al suo interno. Ma giusto in linea teorica, non c’è da farsi illusioni visto cosa riesce a produrre in termini pratici quel partito, ovvero il nulla. Insomma: buona fortuna Italia. Ne hai davvero bisogno.
Sergio Fornasini per dituttounblog.com
1 Trackback(s)