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CULTUR@. Il 9 settembre di Cesare Pavese e Lucio Battisti

9 Settembre 2008


di Nicoletta Salata

Il motivo principale dell’associazione risiede nel fatto che oggi ricorrono i cento anni dalla nascita di Cesare Pavese (9/9/1908) e i dieci anni dalla morte di Lucio Battisti (9/9/1998).
Letteratura e musica, due mondi diversi, sicuramente con tratti comuni, appartenenti del resto allo stesso universo:l’Arte.
Legittimo pensare: che assurdità, cosa c’entrano questi due, dov’è l’attinenza.
In effetti letteratura colta/impegnata e poesia drammatica accostate ad una musica leggera, pop, tutt’al più un decisivo spartiacque tra il melodioso canto italiano e la musica moderna cosa ci fanno una di fronte all’altra?
Il fatto è che proprio oggi, poiché il pensiero del rimpianto e della nostalgia si sdoppiano e si dirigono verso due uomini che ciascuno nel suo modo e nel suo stile hanno suscitato profonde emozioni e tutt’oggi esercitano tangibili influenze, perché non evidenziarne alcune non improbabili analogie.

Pavese dal carattere introverso, timido, amante della natura, sempre pronto ad isolarsi, a nascondersi, bisognoso d’amore, in conflitto tra l’apertura verso gli altri e un destino di solitudine, di amarezza, di disperata sconfitta.
Battisti dal sorriso malinconico, un po’ impacciato, andatura goffa e non sciolta che rivela intricati pensieri, schivo, poco propenso a mostrarsi con frequenza in televisione, quasi a voler nascondere una complessa interiorità.

Pavese afflitto irrimediabilmente da quel male di vivere, da un senso di inadeguatezza ed incapacità di accettazione di una realtà difficile, estranea.
Battisti che comunque ad un certo punto della sua vita decide di ritirarsi dalla scena, e vivere in un isolamento di cui non si sono mai comprese le motivazioni oltre al desiderio di salvaguardare la privacy.

Pavese che nella letteratura e nella poesia trova rifugio e significato alla vita, espressione del suo dramma esistenziale.
Battisti che nella musica e attraverso le poetiche e più moderne parole di Mogol trova il suo modo di esprimere sentimenti ed emozioni.

Pavese che scrive parole incatenate e lucidamente disperate, indelebili nel tempo.
Battisti che canta parole più sciolte e meno tragiche, indelebili nel tempo.

Pavese che a 42 anni nella stanza n.43 dell’Albergo Roma di Torino si arrende volontariamente e si toglie la vita.
Battisti che a 55 anni nella stanza n.9 dell’ospedale San Paolo di Milano si arrende inconsapevolmente e si spegne per una mai ben risaputa malattia.

Pavese che scrive:

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte a avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come aspettare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Battisti che canta:

E le emozioni scivolano ancora, intense e sofferte, sulla pagina ora bianca e limpida, ora inchiostrata e cupa della vita.

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