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LE BANCHE E LA CONSOB LIMITANO LE INFORMAZIONI SUI TITOLI

18 Giugno 2016

risk

di Gianluigi De Marchi

Spesso si sente dire che le norme italiane a tutela dei risparmiatori sono tra le migliori del mondo.

Probabilmente è così, anche se a volte cascano le braccia nel vedere come certi diritti degli investitori siano dimenticati, aggravando i rischi di chi acquista titoli sul mercato.

Facciamo riferimento ad una discussione che in queste settimane sta arroventando gli animi, cioè il contenuto del cosiddetto “prospetto informativo”, quel documento importantissimo che ogni ente o società è obbligato a compilare (ed ogni banca è obbligata a consegnare ai clienti) per spiegare perché vuole raccogliere soldi sul mercato e quali tipi di rischi corre chi sottoscrive.

Prospetto che, in teoria, dovrebbe garantire dettagliate informazioni per rendere cosciente il risparmiatore di cosa sta per comprare.

In teoria…

Nella pratica, purtroppo, si verifica che il linguaggio usato è estremamente tecnico, cosicché la persona di cultura “normale” non ci capisce un gran che (anche per l’abuso di terminologie in inglese che calano un velo nero sui concetti più elementari…).

Il prospetto inoltre è così spesso da scoraggiare anche il più curioso dei clienti: come si fa a leggere 120 pagine scritte fitte fitte senza farsi prendere dalla depressione o dal mal di testa?

Infine non tutti gli elementi per capire il meccanismo dei titoli (specie se sono del famigerato tipo degli strumenti “strutturati” basati su contratti derivati di chiara natura speculativa) sono indicati nelle pagine del documento informativo.

E qui sta uno dei nodi più aggrovigliati.

Il rischio può essere misurato dai famosi “rating” elaborati da società specializzate (che però hanno grossi limiti; si pensi che la Lehman è fallita quando godeva di un rating AA, cioè il secondo nella scala della sicurezza!), oppure dai cosiddetti “scenari probabilistici”, che indicano il rendimento del titolo in diverse ipotesi (negative, neutrali o positive) con la relativa probabilità.

Conoscere quest’ultimo dato consente di percepire con esattezza il rischio: un conto è un titolo che potrebbe generare una perdita del 10% con una probabilità del 90% ed un altro conto è un titolo che potrebbe perdere il 10% con una probabilità del 5%!

Ebbene, la Consob da qualche anno (su pressione delle banche) ha invitato gli emittenti a non indicare gli “scenari probabilistici” nel prospetto, con la motivazione che le autorità di controllo europee non li prevedono. Affermazione destituita di fondamento ed in ogni caso a dir poco inopportuna, poiché ogni autorità di controllo del mercato è libera di aggiungere agli elementi informativi “standard” altri che ritiene necessari.

E per chiudere, un’osservazione: i famosi “scenari probabilistici” sono usati ogni giorno dalle banche per decidere se comprare o no un titolo. E allora, perché precludere ai risparmiatori un’informazione che gli intermediari usano e che considerano essenziale per il loro lavoro?

 

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