Travaglio, la Corte ha detto no: fattene una ragione!
19 Gennaio 2012(le omissioni aiutano sempre il nostro eroe – sf)
A Marco Travaglio il no della Consulta ai referendum elettorali proprio non è andato giù. E così, accantonati provvisoriamente Mills e B., non passa giorno che non abbia da parlare di questa bocciatura. Magari a sproposito o forzando la realtà (la famosa scomparsa dei fatti…).
Come è capitato domenica scorsa, quando ha scritto questa perla: “il giudizio di legittimità su un referendum non è un processo penale dove si giudica un imputato. Nel referendum il numero dei proponenti conta eccome, infatti se le firme non superano il mezzo milione non si vota. Dunque fingere che quel milione e 200mila persone (più 115 costituzionalisti convinti della legittimità dei quesiti) non esistano non è come condannare un imputato che molti ritengono innocente, o viceversa”. Certo, la conclusione non fa una piega. Ma è il concetto che precede a essere totalmente fuori luogo: la Corte costituzionale, infatti, delibera soltanto ed esclusivamente sulla base dell’art. 75 comma 2 della Costituzione. Non per niente, il controllo sulle firme lo fa la Corte di Cassazione: una volta che i quesiti arrivano alla Consulta questa non si pone proprio il problema.
Travaglio, però, non si dà pace e non capisce come altri possano non essere dalla sua parte. Che è quella della ragione a prescindere. Così se la prende pure con Eugenio Scalfari “mi ha meravigliato leggere domenica su Repubblica – scrive il vicedirettore del Fatto – queste sue parole: ‘i referendum elettorali andrebbero esclusi come quelli relativi ai trattati internazionali e alle leggi di imposta’. Oibò, ci siamo detti”.
Il punto è che per sostenere la propria tesi, Travaglio esclude quel che c’è scritto prima e dopo la frase da lui riportata e che inverte totalmente il pensiero del fondatore di Repubblica, ossia quel che la Corte in precedenti sentenze aveva stabilito: “una democrazia parlamentare non può restare priva di una legge elettorale neppure per un minuto. Il nostro istituto referendario è abrogativo e non propositivo. I referendum elettorali andrebbero dunque esclusi come lo sono quelli relativi ai trattati internazionali e alle leggi di imposta. Questa disposizione non fu messa in costituzione affinché fosse possibile anche un referendum elettorale quando si limiti ad abrogare qualche parola o qualche comma da una legge elettiva esistente trasformandola in una nuova legge attraverso l’istituto referendario”.
Insomma, Travaglio si sta comportando come certi ragazzini così innamorati della loro bella che la difendono sempre e comunque, finché non scoprono che l’adorata creatura non ricambia e va avanti per la sua strada: a quel punto riversano tutto l’astio possibile e immaginabile su di lei e sulle sue amiche.
Il guaio qual è? Che, come tutti i ragazzini innamorati delusi, anche una volta messo di fronte alla realtà, Travaglio non si rassegnerà e continuerà a percuoterci gli zebedei con le sue firme referendarie che contano e gli editoriali che Scalfari o chi per lui scrisse quindici o vent’anni fa.
Un commento presente
Lo ha detto anche la Consulta: non si puo’ abrogare la leggere elettorale, perche’ ci sarebbe un vuoto normativo. E secondo loro cosa ci sta a fare il Parlamento, se non a riempire vuoti normativi?
Si puo’ preparare la nuova legge aspettando la data del referendum. E se il governo cade subito dopo il referendum, ma prima che si riesca ad approvare la legge? e’ un bel problema, ma non e’ certo un affare che deve sbrigare la Consulta quando deve decidere sul referendum.
Scritto da Daniele il 11 Mar 2012