COME AGGIRARE IL FISCO: UN RUSSO O UN SUDANESE PUO’, NOI NO!
22 Febbraio 2013di Gianluigi De Marchi
In questi giorni gira una simpatica storiella su Internet che, in sintesi, vi racconto. In Via della Spiga a Milano c’è il negozio di Tiffany e davanti c’è una bella coda (la crisi riguarda solo il 99% degli italiani, non gli altri). Lo strano è che in coda c’è anche un giovane di colore, che sta parlando con una coppia di distinti signori milanesi di una certa età; questo giovane porta al polso un bel Rolex d’oro, indossa un abito di Dolce e Gabbana e sulle spalle ha un cappotto di cashmere. Alì, questo il suo nome, sta raccontando di essere marocchino, arrivato in Italia in uno dei barconi che approdano a Lampedusa.
Per due anni si è arrangiato come poteva e lo scorso anno, a Pasqua, si trovava a lavorare a Portofino come lavapiatti. E’ stato avvicinato da una distintissima signora che gli ha chiesto un favore; avrebbe dovuto entrare con lei in un negozio di abbigliamento, acquistare, per suo conto, alcuni abiti, pagare in contanti e mostrare il proprio passaporto marocchino. “In quell’occasione, ho accompagnato” continua Alì “la signora in tre boutiques, ho pagato in contanti complessivamente 29mila euro e, alla fine, mi sono visto donare 1.000 euro come mancia”.
Alì, che è un ragazzo molto sveglio (in Marocco gli mancavano due esami per laurearsi, quando è espatriato), rivela che, da allora, ha iniziato a fare il “personal shopper” per gente ricca a Milano e Roma (o dovunque lo chiamino).
Ha aperto un sito internet e un profilo su facebook, ha anche reclutato alcuni amici ed oggi è a capo di una fiorente attività. Fra l’altro, una volta finita la sessione di shopping, riesce a recuperare l’IVA, poiché, essendo cittadino straniero, ha recupero dell’imposta. Se continua così, entro tre anni spera di tornare in Marocco, di comprarsi una villa, un piccolo ristorante e sistemarsi per tutta la vita. Ha confessato di essere grato al Governo italiano che ha eliminato, per gli stranieri, la tracciabilità degli acquisti (che per gli italiani è severissima).
Siccome su Internet girano anche “bufale”, ho verificato ed ho costatato che la storia di Alì è verissima: andate a leggere l’art. 3, del D.L. 2.3.2012, n. e scoprirete anche voi, con rabbia, che è previsto l’esonero dalla limitazione all’uso del contante per gli acquisti effettuati dalle persone di cittadinanza diversa da quella comunitaria compiuti presso commercianti, alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio, ecc. Basta esibire il passaporto e quello che a me ed a tutti voi è vietato, a lui è permesso!
Alla faccia del riciclaggio del denaro “sporco”, della lotta all’evasione fiscale e delle tante altre balle che ci raccontano per proibirci di usare il contante; a noi, ma non ad Alì, Cheng Fu o Wladimir…
Un commento presente
Divertiamoci.
Il principe saudita Alwaleed Bin Talal si è sentito scornato dal settimanale Forbes che l’ha degradato al posto 26 nella classifica degli uomini più ricchi del mondo. Apriti cielo! Il principe arabo, colpito nell’onore, col baffetto tremulo di indignazione, ha detto di essere molto più possidente degli altri ed ha accusato gli analisti americani di complotto contro il Medio Oriente, per far scappare gli investitori dall’area. Bin Talal può protestare tranquillamente perché nessun ispettore fiscale è alle sue porte.
All’inverso, nessun grande capitalista italiano farebbe la sciocchezza di dichiararsi più ricco di quel che appare dalle proprie dichiarazioni dei redditi, perché l’indomani gli sequestrerebbero pure i materassi. Ormai in Italia la ricchezza non viene esibita, per tema che l’agenzia delle entrate s’incuriosisca. Guardate Grillo, che ha evitato accuratamente di candidarsi per non dover sottostare al rito della trasparenza che pure invoca: non sarà obbligato a dichiarare i propri beni all’anagrafe parlamentare. Trascorre il week-end a fare footing sul bagnasciuga livornese senza sfarzi e soggiorna in una villetta recintata sulla spiaggia che sembra l’abitazione in uso a un custode del demanio.
Il professor Monti si accorse dello sbaglio fatto ad entrare in politica, quando gli chiesero di rendere pubblica al volgo la dichiarazione dei redditi, sua e dei suoi congiunti. Un varesotto di origine come lui equivale a un ligure, quanto a riservatezza sugli incassi. La moglie di Monti, tra l’altro, è più sparagnina di Grillo, come ha dimostrato in un raffinato negozio di passamaneria del centro di Roma: appena giunta nella Capitale al seguito del marito neo premier, ha contestato il prezzo di un cuscinetto da trenta euro (poi ne comprò due pretendendo la fattura, non il semplice scontrino fiscale) mentre suo marito acquistava una tenuta da milioni di euro sul lago Maggiore senza battere ciglio, più per mettere al sicuro i propri capitali che per emulare il vicino di villa, Berlusconi, la cui munificenza di collezionista di residenze è nota: tutto si può dire di lui, meno che è tirchio, per questo vive come una ingiuria l’accusa di evasione fiscale di qualche milione di euro, una manciata rispetto al suo ingente patrimonio la cui tassazione ogni anno abbatte una quota di debito pubblico.
Scritto da Fabrizio Spinella il 6 Mar 2013