Prezzolini e «Il Borghese»
28 Settembre 2015«La chiarezza della parola come supremo scopo» di Francesco D. Caridi (edizione fuori commercio) – Premessa dell’autore
In questo libro osservo certi aspetti vivaci del carattere e del pensiero di Giuseppe Prezzolini (1882-1982), spaziando negli intervalli cronologici, ovviamente senza pretesa di completezza. Come avvertiva Jorge Luis Borges parlando dell’opera di Miguel de Cervantes (in Altre inquisizioni, Adelphi, 2000), «è verosimile che queste osservazioni siano già state enunciate, e forse più di una volta; la discussione sulla loro novità mi interessa meno di quella sulla loro possibile verità».
Molte delle angolature di Prezzolini, le ho estratte di proposito dai suoi articoli per Il Borghese, la rivista politica e culturale fondata da Leo Longanesi nel marzo 1950 e, dopo il suo improvviso trapasso nel settembre 1957, diretta per trentasei anni da Mario Tedeschi fino alla morte inattesa nel novembre 1993: entrambi si spensero per infarto cardiaco.
Prezzolini scrisse per questa rivista fin dal primo numero: «Facile fu collaborare al Borghese. Poca la paga, assoluta la libertà», annotò nella «Prefazione telegrafica» ad una sua raccolta di articoli (Dal mio terrazzo, Vallecchi, 1960). Diana Rüesch, conservatrice responsabile dell’Archivio Prezzolini nella Biblioteca Cantonale di Lugano, ha già osservato che «gli articoli prezzoliniani apparsi sul Borghese potrebbero benissimo fare da pendant ai tre Diari già pubblicati» (in Prezzolini e il suo tempo – Atti del Convegno internazionale di studi Firenze 12-13 aprile 2002, Le Lettere, 2003).
Le mie «postille» a Prezzolini, con particolari riguardi alle sue idiosincrasie, alle sue relazioni e alle sue dispute, sono sistemate in una svelta digressione che attinge liberamente a diverse fonti originarie (giornalistiche, saggistiche, archivistiche, epistolari), compulsate, puntualmente citate e confrontate tra di esse in forma di cronaca, prediligendo diari personali e corrispondenze, nonché utilizzando (ed è questa la novità) brani di un carteggio redazionale inedito che ebbi occasione di visionare.
Prezzolini continua a riscuotere l’interesse degli storici, che guardano specialmente alla sua celebre impresa editoriale La Voce per spiegare la genesi e lo svolgimento dei fermenti culturali e dei cimenti politici italiani nei primi decenni del XX secolo. Tuttavia, a questo proposito, bisogna tenere a mente un singolare reclamo di Prezzolini novantenne: «Il “tempo della Voce” è la nicchia entro la quale vengo generalmente assegnato o consegnato con divieto di uscirne. Ma, per mio conto, mi sento meglio rappresentato dal tempo in cui uscii dall’Italia e particolarmente negli ultimi anni da quando tornai in Europa» (in Italia sott’occhio, America col cannocchiale, «Il Borghese» 23 gennaio 1972).
Per la sua longevità, Prezzolini fu «contemporaneo e postero» di grandi intelletti del primo Novecento, tra i quali Piero Gobetti, Antonio Gramsci, Giovanni Papini, Giovanni Amendola, Ardengo Soffici, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Benito Mussolini, Gaetano Salvemini, divenendo quindi loro «testimone e giudice», come gli disse Giorgio Amendola in una lettera del 20 ottobre 1971, riportata in questo libro e già pubblicata in un mio vecchio articolo (“Parlo al PCI, ma registro tutto”, «Libero» 4 dicembre 2008) .
Le riflessioni di Prezzolini sono messe in parallelo con gli scritti di altri importanti intellettuali, che lo hanno sottoposto a diversi giudizi, non sempre benevoli. Prezzolini era un agitatore di idee che «ha sempre avuto in vita sua la chiarezza della parola come supremo scopo», come lo stesso scrisse di sé in una lettera del 15 ottobre 1978 al direttore de Il Borghese.
Nella costruzione del saggio, ho adottato il presente storico, per rendere più vivido il contesto e così lumeggiare alcune storie trascorse che hanno influito nella formazione della nostra coscienza nazionale. Credo che non ne abbia risentito troppo la scorrevolezza delle concisioni e spero che mi siano condonate alcune approssimazioni, inevitabili in un lavoro di sintesi (le ho però compensate con puntuali rimandi alle fonti bibliografiche, nelle numerose note).
Riguardo alla utilizzazione di brani di un carteggio redazionale, del quale mi fu concesso di prender nota negli anni Ottanta, credo che la loro riproduzione in queste pagine possa servire a confermare il rapporto solidale di Prezzolini con Il Borghese. Auspico che altri archivi privati si aprano per agevolare una più ampia conoscenza della sua collaborazione con questa rivista.
Se il mio «compendio» (ché tale appare nella forma) susciterà nei lettori più giovani il desiderio di approfondire la straordinaria avventura novecentesca di Prezzolini, essi potranno utilmente leggere i suoi libri, le sue raccolte di articoli, i suoi diarî e i suoi epistolarî (in specie quelli pubblicati dalle Edizioni di Storia e Letteratura), rinvenibili nelle librerie o facilmente acquistabili tramite Internet. Prezzolini non tramonta mai nelle ristampe ed è sempre presente anche nelle rivendite dell’usato. Alcune sue monografie più annose sono gratuitamente scaricabili da un portale di libreria digitale (www.archive.org).
Consiglio la lettura dei saggi analitici di Beppe Benvenuto (Giuseppe Prezzolini, Sellerio, 2003) e Marino Biondi (La cultura di Prezzolini, Polistampa, 2005), e della biografia scritta da Gennaro Sangiuliano (Giuseppe Prezzolini. L’anarchico conservatore, Mursia, 2007). Questi autori negli ultimi anni hanno riproposto Prezzolini a un pubblico avveduto, seguitando idealmente il prezioso lavoro esegetico e divulgativo del giornalista Claudio Quarantotto (1936-2014), dello storico Emilio Gentile (che sta lavorando da molto tempo ad un’ampia biografia definitiva) e del giornalista Giovanni Lugaresi, tra i più cari amici dell’anziano Prezzolini e testimoni della sua grandezza.
Francesco D. Caridi