COMMISSIONI D’INCENTIVO SUI FONDI: UNA VERGOGNA!
4 Novembre 2008
Di Gianluigi De Marchi
Paghereste un avvocato che, dopo aver perso una causa, vi chiedesse una parcella comprensiva di “premio d’incentivazione” per avervi fatto condannare a “soli” 30 anni anziché all’ergastolo?
Paghereste un chirurgo che, dopo aver operato vostra zia di appendicite anziché di calcoli al fegato pretendesse un “premio d’incentivazione” perché l’operazione è comunque stata perfetta?
Sicuramente no, anzi lo denuncereste per tentata truffa ed incapacità professionale. Eppure tra i risparmiatori ce ne sono molti che pagano (magari senza saperlo, e questo è gravissimo!) commissioni d’incentivazione ai gestori anche quando (come succede da un anno) perdono un sacco di soldi dei loro poveri clienti.
Il meccanismo perverso è semplice, si chiama “commissione di performance” e prevede che il gestore possa addebitare ai partecipanti al fondo un costo supplementare (oltre ai tanti già addebitati) se riesce a battere un indice di riferimento detto pomposamente “benchmark”. Ora, finché il gestore riesce ad ottenere il 15% di guadagno quando l’indice si ferma al 12% passi (anche se le laute commissioni di gestione dovrebbero compensare profumatamente il lavoro svolto…); ma se il gestore perde il 12% quando l’indice perde il 15% è assurdo, semplicemente assurdo.
Fino al 2005 la Banca d’Italia proibiva esplicitamente tale possibilità, poi (probabilmente su pressione delle banche…) ha ceduto ed ha consentito questo obbrobrio: il danno (la perdita) e la beffa (la commissione di “performance”…).
Chi l’applica si giustifica affermando che si tratta di un incentivo offerto al gestore per far sì che i risultati conseguiti nell’interesse dei risparmiatori siano positivi: con la prospettiva di incassare la provvigione, il gestore s’impegnerebbe di più. Considerazioni molto deboli, posto che il gestore già è rimunerato dalla commissione di gestione (che non è certo leggera, tanto che secondo le statistiche internazionali i fondi italiani sono quelli più costosi in assoluto).
Alcune domande sorgono spontanee. E le giriamo ai “signori del denaro”.
E’ pensabile che un gestore che incassa solo la commissione di gestione faccia scelte meno attente di quelle del gestore “stimolato” dalla commissione di performance? Sicuramente no, perché lo vieta la norma che impone sempre di operare nell’interesse dei clienti.
E’ possibile che il gestore, nell’ansia di arrotondare i suoi proventi, faccia correre rischi maggiori ai partecipanti? Sicuramente sì, perché le vie per battere il benchmark sono sostanzialmente due: acquistare titoli ad elevata volatilità al di fuori di quelli previsti dal paniere di riferimento, ed operare in paesi (od in settori) ad elevato rischio. In entrambi i casi i sottoscrittori si troveranno comunque a rischiare più di quanto indicato, in via preventiva, dal benchmark che, ricordiamolo, è l’unico parametro per capire esattamente il rischio che si correrà con l’investimento.
La cosa è tanto più grave se si pensa che, qualora le scelte del gestore si rivelassero avventate, nessuno rimborserà i risparmiatori per il minor guadagno conseguito o addirittura per le perdite subite: una commissione a senso unico, in cui a rischiare è sempre solo e soltanto la parte debole del contratto, il risparmiatore. Perché il gestore non rimborsa metà delle commissioni quando sbaglia, quando opera con eccessivo rischio, quando eccede nel trading?
Probabilmente nessuno sa se paga o no commissioni del genere, quindi il consiglio è d’obbligo: leggetevi subito il prospetto informativo che vi hanno consegnato e leggete la voce “costi, commissioni, oneri a carico del sottoscrittore”. Se figura la commissione di performance o d’incentivo, disinvestite subito e passate ad un altro fondo meno avido (o meglio ancora ad un ETF che ha un costo complessivo non superiore allo 0,5-1% contro l’1,5-3% dei fondi). E per facilitarvi la decisione, indichiamo in chiaro le società che applicano addirittura la commissione anche in caso di perdita: si tratta di Banca Generali, Alleanza fondi, UBI Pramerica, Nextam e ABN Amro.
Alla larga da chi applica costi eccessivi ed ingiustificati!
3 commenti presenti
E questa non è che una sola delle magagne ai danni del risparmiatore!…
Scritto da Carlo Gambino il 4 Nov 2008
Ottimo questo articolo. Ignoravo totalmente l’esistenza di un simile abominio!
Scritto da Orlando il 5 Nov 2008
Proprio una vergogna, articolo molto utile ed interessante, grazie
Scritto da Sergio Fornasini il 6 Nov 2008