FONDI COMUNI E CREDITO D’IMPOSTA
26 Novembre 2008di Gianluigi De Marchi per dituttounblog.com
I fondi comuni mobiliari “aperti” hanno segnato tre decenni del nostro mercato finanziario. Dal momento della loro introduzione in Italia, negli anni ’80, hanno avuto un immediato successo ed un boom senza precedenti. Strumenti adatti per i piccoli ed i grandi risparmiatori, per investimenti immediati ed a rate, per persone prudenti e per persone più dinamiche, hanno consentito di avvicinare al mercato finanziario centinaia di migliaia di investitori, svolgendo quindi un utilissimo ruolo di “acculturazione” (grazie anche all’opera dei promotori finanziari). Ma negli ultimi tre anni si è verificata una sorta di “grande fuga”, un deflusso costante di capitali che sono usciti dalle “casse comuni” per indirizzarsi altrove.
Numerose analisi ed autorevoli studi hanno puntato il dito contro le reti bancarie, colpevoli di dirottare i clienti verso forme d’investimento ad esse più convenienti in una fase in cui hanno un disperato bisogno di capitali freschi: ed infatti (casualmente? Non ci crede nessuno…) da alcuni anni è esploso il settore delle polizze index linked e soprattutto delle obbligazioni bancarie, specie di quelle “subordinate” (un po’ più redditizie, ma molto più rischiose per il sottoscrittore). Insomma, è in atto una forma tipica di “cannibalismo finanziario” per cui il “prodotto fondo” (che alla banca non rende più come prima e che non è fonte di raccolta per la propria attività primaria) è sacrificato sull’altare della sopravvivenza. Ci sarebbero da scrivere libri sull’argomento, ma oggi è opportuno sottolineare un fatto preoccupante: la “grande fuga” pregiudica i diritti di chi rimane fedele al suo investimento, perché depaupera il patrimonio in gestione ed apre la porta ad un grave problema di valorizzazione delle quote.
A causa dei tracolli dei prezzi azionari, molti fondi hanno all’attivo ingenti somme di “credito d’imposta”, perché hanno subito perdite che ricupereranno se e quando la borsa risalirà “risparmiando” sull’imposta sul capital gain. Nel frattempo però i riscatti proseguono e chi rimane ha una parte di capitale fittizio (credito d’imposta). Nell’ipotesi che tutti i partecipanti di un fondo uscissero insieme, si vedrebbero consegnare solo una parte in denaro, ed un’altra parte (chissà in quale modo?) con una dichiarazione di credito nei confronti dello Stato che sarebbe di difficile incasso (al momento non esiste una disposizione di legge che preveda questa eventualità). Le autorità che sorvegliano il mercato farebbero bene a preoccuparsi per tempo di questo fatto, adottando le misure indispensabili per evitare di trasformare i fondi in un gigantesco creditore…
7 commenti presenti
Fa una certa impressione vedere decine di commenti su post ben più leggeri di questo. Qui invece niente, ovvio.
Un articolo decisamente lucido e che pone in evidenza le contraddizioni del sistema finanziario italiano, con tanto di dichiarazioni pubbliche sul “non siate pessimisti”. Mentre chi rischia davvero, come sempre, è chi i pochi soldi li ha risparmiati con sacrifici.
Ma qualcuno dei pasdaran indignati che frequentano il blog ha casualmente letto questo illuminante articolo? E se si, come fate a non indignarvi sulle cose veramente serie?
Vabbé continuate pure a disquisire sui facci di travaglio che vi fa bene
Scritto da Sergio Fornasini il 27 Nov 2008
Caro Sergio, prometto di rileggerlo piú attentamente, ma ad una prima ed una seconda lettura non ci ho capito moltissimo.Se mi dici “index linked” o “obbligazioni bancarie” io ti rispondo “aha…?”. Quindi non capisco bene per cosa dovrei indignarmi… è un mio limite dovuto alla mia ignoranza in economia e finanza. Possiamo provare a parlarne, io non posso che imparare.
Scritto da Zazo il 27 Nov 2008
Caro Zazo,
non ne so abbastanza da poterne parlare in maniera seria, spero solo che De Marchi abbia tempo di approfondire l’argomento qui nel blog. Io posso fare un piccollo riassunto: che la borsa vada bene o male in quel posto sempre a noi va a finire
buona serata
Scritto da Sergio Fornasini il 27 Nov 2008
Ah, ecco, ora ho capito perché non mi indigno per queste cose! Mi è sempre stato insegnato che in borsa i piccoli risparmiatori sono gli agnelli sacrificali: se gli va bene e sono furbi possono guadagnare molto… ma nella maggior parte dei casi ci perdono. Io li vedo come dei Lemmings (te lo ricordi il giochino per pc?) che vanno volontariamente a suicidarsi perché è nella loro natura.
Chi ha grandi capitali invece la maggior parte delle volte ci guadagna… e si fa aiutare da professionisti. La vedo come una legge di natura. Magari è un preconcetto, ma io vedo la borsa come uno strumento per spremere soldi da chi ne ha meno… se sei bravo e fortunato è poco più che giocare al lotto.
Scritto da Zazo il 27 Nov 2008
Io conosco anche gente che i capitali li aveva, poi dopo essersi fidato delle banche (forse quelle sbagliate?) si è trovato con meno soldi di prima. Succede però anche ai piccoli risparmiatori, esci da un fondo comune per l’andamento incerto delle borse e ti butti che so, su una “assicurazione sulla vita”. Sono talmente poco preparati (o molto in malafede) i promotori di questa forma di investimento che in genere non ti consegnano il prospetto informativo, previsto per legge, perché “hanno terminato tutte le copie a loro disposizione”. Così ti ritrovi a dare soldi a chi ti convince a farlo, loro in cambio altro che assicurazione sulla vita. Ti fanno in pratica sottoscrivere un investimento a rischio finanziario senza che tu lo abbia capito, prospettandoti mirabolanti, anzi, miracolosi rendimenti. Se proprio hanno un residuo di coscienza però ti dicono che quelli indicati sono i tassi di interesse teorici che potrebbero svilupparsi. Ma guai a parlare di rischio, fa male alla vendita del prodotto.
E il tuo piccolo gruzzolo che fine ha fatto? Se ti va bene, investito in obbligazioni, azioni e titoli di stato in percentuali variabili, come in un fondo comune. Se per caso non hai letto bene o non te lo hanno detto, i tuoi soldi sono investiti, si fa per dire, anche in derivati collegati agli indici azionari o di materie prime (index linked). Il rischio dell’investimento è che ti puoi ritrovare si con il capitale accresciuto, se dice bene a te e all’investirore, ma anche senza il becco di un quattrino nel caso contrario. Insomma se ti pigliavi su i tuoi soldi, te ne andavi a Venezia e li giocavi al casinò, magari li perdevi tutti in breve tempo ma lo facevi con le tue mani, così come ti potevano uscire tutti i numeri che puntavi.
Poi c’è il particolare del credito d’imposta: chi compra titoli (la società di intermediazione finanziaria) se quando li rivende ci guadagna, paga una percentuale allo stato (il cosidetto capital gain). Se invece vende ad un prezzo inferiore all’acquisto, come capita spesso quando le quotazioni crollano, accumula un credito d’imposta. Intanto il capitale sfumato è il tuo, il credito è il loro. Poi nel tempo, continuando ad operare sul mercato, questo credito verrà utilizzato per compensare eventuali guadagni. Nota bene che il credito di imposta non si esaurisce nel corso dell’anno solare ma viene mantenuto e conteggiato per un tempo piuttosto lungo, se non vado errato 5 anni (poi alla fine De Marchi mi fa il conto delle fregnacce che ho scritto, pazienza: le metto come commentatore).
Può così accadere che l’investitore se la da a gambe, magari rimettendoci, e cumula un credito di imposta che non riutilizzerà, calcolato sul suo investimento iniziale. La società di gestione finaziaria, a cui il credito è calcolato sugli investimenti globali del fondo, si spenderà il suo credito di imposta sui futuri guadagni e continuerà ad operare sul mercato.
Ergo, anche se non mi sono espresso proprio bene sulla materia, di certo in quel posto va sempre ai piccoletti.
Ora De Marchi mi cazzia per tutte le fregnacce che ho scritto, però insomma avrò fatto un po’ di confusione ma il senso è questo, no? 😀
Scritto da Sergio Fornasini il 28 Nov 2008
nessun cazziatone a sergio ma complimenti per aver colto le cose essenziali.
e mi scuso se alcuni non hanno capito, cercherò di essere più semplice in futuro, anche se non è facilissimo.
grazie a tutti per l’interesse che dimostrate
gianluigi de marchi
Scritto da gianluigi il 4 Dic 2008
questa regola riguarda tutti i fondi comuni di diritto italiano o, anche i comparti che fanno parte di umbrella fund? Mi sembra che questi possano scambiarsi all’interno i crediti d’imposta. E’ corretto?
Scritto da paolo il 17 Dic 2008