Rifiuti, Campania: dietro le quinte della crisi “risolta”
28 Novembre 2008Risolta davvero la crisi dei rifiuti campani? Leggiamolo da questo articolo di Eleonora Gitto per ècostiera, giornale online della costiera amalfitana. Ci racconta di situazioni interessanti, molto creative, come quella di accumulare quasi un decimo dei rifiuti provenienti da tutta la Campania all’interno di una base militare. (sf)
A maggio 2008 il governo Berlusconi aveva indicato una data ben precisa per il ritorno alla normalità, il 31 dicembre 2009, e una cifra altrettanto netta: 150 milioni di euro.
Oggi, a distanza di sei mesi dall’annunciata risoluzione della crisi, fra nuove leggi speciali e vecchi compromessi, zone militarizzate e discariche abusive, la situazione rifiuti si presenta ancora in tutta la sua drammaticità.
L’emergenza rifiuti che ha visto la Campania seppellita da tonnellate di rifiuti, a fine anno dorebbe terminare. Berlusconi a maggio così aveva assicurato. Certo, oggi le città campane appaiono più pulite. A quanto pare i problemi permangono solo in alcune periferie e le città sembrano aver risolto la crisi.
Ma è davvero così? Vediamo qual è lo stato dell’arte.
Persano, frazione del Comune di Serre, in provincia di Salerno, situata lungo le rive del fiume Sele, al confine con il comune di Eboli, ex tenuta di caccia borbonica, oggi ospita una discarica. L’area è militarizzata, ci sono tre caserme e duemila soldati e ogni giorno arrivano oltre 300 balle delle 1.400 prodotte quotidianamente negli impianti che triturano la metà dei rifiuti campani. L’esercito è impegnato ad accumulare nella base quasi un decimo della monnezza proveniente da tutta la Regione.
Ai più è sembrata un’idea brillante quella messa in atto dal governo Berlusconi di utilizzare l’esercito per manterene Napoli pulita, ma agli stessi sfugge che la situazione è ancora a rischio.
Una piazzola della discarica è già satura: vi sostano già 9.103 (eco)balle. Un’altra area di stoccaggio, più grande di quella citata, in poco più di un mese è quasi esaurita. Ne sono previste almeno altre tre, per un totale di circa 70mila balle che equivalgono a 100mila tonnellate di rifiuti.
I militari della Brigata Garibaldi, con tanto di fez, tute mimetiche e mascherine, presidiano quotidianamente la discarica mentre i rifiuti sono accatastai ovunque, anche a ridosso delle abitazioni dove vivono militari e rispettive famiglie.
Intanto i treni ricolmi di rifiuti campani continuano a varcare i confini nazionali per approdare in Germania. Sono circa 600 tonnellate di rifiuti al giorno per il “modico” costo di 150 mila euro. In più o meno sei mesi, fra viaggi esteri e nazionali sono “partiti” circa 40 milioni di euro.
Berlusconi a maggio aveva parlato di un impegno di 150 milioni di euro. Ma da maggio a oggi le risorse si sono pressoché esaurite. Pertanto, ci fanno sapere, serviranno almeno altri 40 di milioni per coprire le spese correnti fino a fine anno. A questo si aggiunge il costo per mandare a regime l’inceneritore di Acerra e allestire le discariche di Chiaiano e Terzigno che necessitano altri 200 milioni di euro mentre le discariche di Sant’Arcangelo Trimonte e Savignano Irpino erano già coste alla Regione Campania 70 milioni. Circa 450 milioni in tutto ai quali bisogna aggiungere il costo dei “viaggi dei rifiuti”.
E l’esercito impegnato nella “mission impossible” dei rifiuti non ha costi? Certo che li ha. Mille militari costano due milioni al mese e altri tre milioni se ne vanno per la gestione degli impianti che tritano l’immondizia. A questo va aggiunto il costo dei 3.500 lavoratori dei consorzi di bacino (13 milioni al mese per gli stipendi), molto ben pagati perché hanno l’arduo compito di realizzare raccolta differenziata che, comunque, è ancora al palo.
Certo, rispetto al fatto che in 14 anni di emergenza ne sono stati utilizzati (senza risultato alcuno e senza sapere come) due miliardi di euro questa cifra sembra poca cosa.
Interventi straordinari, leggi ad hoc, pioggia di soldi però non sono serviti a mutare di una virgola al momento la logica della “gruviera“. Per affrontare l’emergenza l’unica soluzione sempre proposta è quella di “aprire un altro buco”. E non solo ma la legge 123/208, il primo decreto rifiuti con cui sono stati individuati i siti, stabilisce anche che in Campania nella discarica si può sversare tutto.
Per cui anche se a Chiaiano si trovano 10mila tonnellate di amianto e rifiuti tossici proprio dove il Commissariato e i tecnici regionali avevano escluso contaminazioni, i lavori per allestire la discarica continuano. Poco importa l’amianto, i pericoli per la salute, le decisioni dei magistrati: bisogna trovare un posto in tempi brevi dove piazzare 7 mila tonnellate di rifiuti prodotti quotidianamente in Campania, fino all’entrata in funzione degli inceneritori.
Poco importa se ad Andretta, l’area individuata per una nuova discarica in provincia di Avellino, hanno accertato la presenza di falde acquifere in superficie che il percolato potrebbe irrimediabilmente avvelenare, e se Terzigno si trova in pieno Parco Nazionale del Vesuvio. Poco importa se a Ferrandelle, sito che doveva essere solo di stoccaggio momentaneo e dal quale è scomparso anche l’esercito, ancora si sversano 1200 tonnellate di rifiuti al giorno, molti cosiddetti speciali, mentre doveva essere chiuso dopo le prime 360 tonnellate di rifiuti.
L’ordine di scuderia era e rimane “la discarica s’ ha da fare” a dispetto di tutto e di tutti. E ancora non basta. Servono altri mega buchi e , ovviamente, altri soldi.
E altri soldi ancora servono per gli inceneritori che continuano a essere invocati come la panacea di tutti i mali. Ma ciò che non si dice e che, l’inceneritore di Acerra, che sarà gestito per 20 anni dai lombardi di A2A, se tutto va bene comincerà a lavorare a un quarto di regime, forse a febbraio e dovrebbe andare a pieno regime nel 2010.
Salerno si è proposta per aver un inceneritore ma, ammesso che si potrà realizzare, ci vorranno almeno tre anni (a essere ottimisti) e 400 mila euro prima. Quello di Napoli, sbandierato a pieni polmoni, non ha visto ancora nemmeno la fase progettuale. L’inceneritore che si voleva costruire a Santa Maria la Fossa è scomparso per magia dalla programmazione regionale da quando si è scoperto il clan dei “casalesi” aveva tanto “a cuore” quel progetto.
E in attesa degli inceneritori che dovrebbero risolvere il problema che si fa? Considerato che i rifiuti sono un problema quotidiano e che ancora stenta a partire la differenziata e la riduzione a monte dei rifiuti, non si riesce a pensare ad altro: continuare a bucherellare il territorio.
Questo continuo rincorrere la logica dell’impiantistica per il futuro e della “gruviera” nell’ immediato racconta di un’emergenza stagnante destinata a non finire. I buchi, anche quelli più profondi finiscono per riempirsi e allora sarà di nuovo crisi e l’esperienza insegna che la successiva è sempre più devastante della precedente. Perseverare in questa logica significa non avere la volontà di risolvere il problema: si vuole solo nasconderlo. Ma non si può buttare a vita sotto il tappeto la spazzatura di casa, prima o poi verrà fuori e allora bisognerà ricorrere alle immagini virtuali per impedire a tutti di vederla.
articolo tratto da ecostiera.it