Diario della crisi: cercasi timonieri
30 Dicembre 2008Se non hanno pane che mangino brioches
di Marco Savina e Rodolfo Visser
Nei momenti di burrasca serve una guida forte e innovativa: non è l’ora dei sarchiaponi. Le paginette di Gordon Brown. L’inamovibilità dei capi dei gruppi bancari e le migliaia di miliardi spesi inutilmente.
Forse è ora di dare solo un piccolo taglio temporaneo a tutta la geopolitica, la geoeconomia ed immergersi nelle cose reali di tutti i giorni. Per finire in bellezza questo indimenticabile 2008 ci sembra interessante rilevare che in generale la gente gode ad andare al contrario di come gira il mondo. A cominciare dai politici che, come il premier Silvio Berlusconi, con pervicace alterigia e dall’alto del suo scranno, si affannano quotidianamente ad insufflare al sofferente popolo bue che non arriva neanche pregando alla fine del mese, un ottimismo che purtroppo non è di questi tempi. Forse il suo immutabile ottimismo deriva dalle proprie risorse personali che ovviamente, come tutti sanno, sono di notevole spessore e che altrettanto ovviamente accomunano tutti i membri della sua augusta famiglia, nonché parenti, amici e quanto altro al contorno. Musicisti di chiara fama e veline incluse. Il che non è poco. Beato lui. L’innato ottimismo rasenta il parossismo storico della Marie Antoniette che nel 1793 e prima di essere (giustamente o no ghigliottinata), raccomandava al popolo affamato di mangiare le prelibate brioches se per caso non avessero avuto l’opportunità di trovare e/o comprare il necessario pane quotidiano.
Lo stesso Berlusconi si è permesso di raccontare nella conferenza stampa di fine anno e sempre con la umiltà che tra mille lo contraddistingue, che fu sua l’idea del piano di salvataggio adottato poi (pensate un po’) anche dagli Stati Uniti d’America. Fonte originale di tutti i recenti guai non solo dei mercati ma anche della vita di una moltitudine di cittadini del mondo privi (e meno male per certi versi) della green card. Mai errore fu più provvidenzialmente clamoroso. Non tanto per smentire il Cavaliere, ma per dare giusto risalto alla prontezza di riflessi di Gordon Brown (classe 1951), ex Cancelliere dello Scacchiere (Ministro del Tesoro) del governo inglese di Sua Maestà ed ora primo ministro laburista succeduto al fiammante e spendaccione Tony Blair. Gordon Brown per primo si è preoccupato di correre oltre atlantico con poche paginette in mano, per raccontare a Ben Bernanke capo della FED, successore e discepolo del decaduto Sir Alan Greenspan e a Henry Paulson Ministro del Tesoro americano, che la situazione economica e finanziaria delle nazioni che contano stava sfuggendo da ogni possibile intervento ordinario di governo. I medesimi Bernanke e Paulson correttamente convinti e mediando le emergenze hanno poi redatto poche righe sensate per un piano ad hoc che il congresso USA ha poi trasformato in un volume di circa cinquemila pagine, senza lasciare adito a dubbi sulla inesistente rapidità delle decisioni politiche di un qualunque esistente potere legislativo democratico. Tante chiacchere del tutti contro tutti e pochi fatti concreti.
Fallita Lehman Brothers (dei cui prodotti finanziari truffaldini iper super sintetici tutti, ma proprio tutti erano conniventi) si è aperto il vaso di Pandora alla velocità della luce. I successivi salvataggi di tante altre istituzioni finanziarie a spese del contribuente sono risultati tardivi e fuori tempo massimo. Per questo il complesso del sistema globale rischia ancora di crollare con un mesmerico collasso proprio sotto il suo medesimo peso specifico.
Molta attenzione ma poca convinzione verso un malato cronico, in coma farmacologico indotto, tenuto a fatica in vita solo grazie a potenti antibiotici che gli stanno togliendo la linfa da sotto il pigiama. Gli anticorpi non riescono ancora ad aggredire e combattere, visto che i bacilli, primi attori della messa in scena sono sempre gli stessi imbonitori da circo.
Potenti bancari che guadagnano milioni pur senza correre alcun rischio in proprio. Casi universali, anche italiani. I capi sono inamovibili. I rispettivi gruppi bancari ammettono di avere fatto scelte assolutamente sbagliate, ma il capo azienda e tutti i suoi primi riporti rimangono in sella perché amici degli amici. Chissà perché su questo punto anche il nostrano e sempre polemico Di Pietro non ha nulla da dire. Chissà perché. Nemmeno una parola verso coloro che fino a poco tempo fa lavoravano con un leverage di uno a cinquanta. Per fare un esempio paghi un miliardo di dollari e “investi” cinquanta miliardi.
Quindi migliaia e migliaia di miliardi spesi inutilmente. Non se ne vede l’efficacia e l’efficienza. L’ordinary people non se ne rende conto. Ma poi prende coscienza di essere l’unico reale elemento che rischia un infarto glaciale delle proprie tasche di proporzioni gigantesche. Purtroppo i tempi della politica male si aggiustano con quelli del mercato globale. E se per caso nessuno se ne è accorto, questa è la volta buona. Che farà il nuovo presidente made in USA Barack Obama? Ha già scelto la sua squadra di governo, mediando tra Bill Clinton e le necessità planetarie. Ne parliamo nel secondo semestre del 2009. Con tutto il rispetto, nessuno ha la bacchetta magica o la sfera di cristallo. Altrimenti se ne starebbe ai Caraibi, molto bene accompagnato e senza problemi.
Sembra essere tornati al 1984. All’album di Antonello Venditti “Cuore” dove l’ottimista era ottimista perché votava socialista. Gli anni degli eccessi e della mondanità di Craxi e Reagan, gli anni in cui la finanza facile diventava creativa proprio come fosse spronata da Leonardo da Vinci o dagli scienziati della NASA, dai nani e dalle ballerine scosciate. Adesso, quasi venticinque anni dopo, torna l’era dei ragionieri. Ebbene sì, proprio i ragionieri mezze maniche, ovvero coloro che vengono chiamati in grande fretta dalle aziende per vedere come risolvere i problemi urgenti e contingenti, senza danneggiare il Number One e risolti come sempre dalla vecchia ideologia imprenditoriale di inizio ventesimo secolo. Quando serve assumi manodopera e quando non serve la mandi a casa. Zero strategie, zero visione del futuro, solo il nome è cambiato, adesso si chiama ristrutturazione o meglio razionalizzazione delle risorse per favorire il rilancio del nuovo piano industriale?. Di una banca?. E che si fa? Si trasforma il caveau in enoteca? Apparentemente il tanto incoraggiato rilancio dei consumi passerebbe indenne per questo plotone d’esecuzione. Ma intanto che importa, sono solo le balle raccontate dall’orso Yogi e intanto ragionieri seguono nel loro implacabile compito. Tira la riga e scendono le spese. Mondo ragioniere?
Proprio nel momento in cui le aziende medie e grandi per non parlare delle multinazionali di ogni paese moderno avrebbero più che mai necessità della security, intesa certamente non come la postazione dei guardiani alla porta di ingresso degli uffici, ma come business intelligence, competitive advantage e tante altre sofisticate dottrine che hanno tenuto in sella numerosi incapaci presidenti corporate per tempi superiori alle loro personali performance, ecco la bacchetta magica del ragioniere che taglia righe di tabulato, incurante delle necessità, dei futuri sviluppi e delle possibili prospettive aziendali. Rami secchi? Inopportuni ed incomodi? Improduttivi e costosi?
Molte sono le esperienze in questo campo che affermano, laddove fosse necessario, che mai come in momenti di severa burrasca servano timonieri innovativi ed esperti sulla tolda del naviglio. Lo scriveva duemilaquattrocento anni fa Sun Tzu nell’Arte della Guerra, fornendone le chiavi in termini ideologici con il Tao, Cielo, Terra, Comandante, Metodo e Disciplina. Un sapere “rivoluzionario” per insegnare a comporre e dare forza a coloro che in ambasce e visti i tempi grami non sapevano da che parte voltarsi per fronteggiare le avversità.
Parliamo all’epoca di gente forte, potente e spavalda eppure sempre consapevole dei propri limiti. Non certo i cicciofricci, sarchiaponi odierni pieni di prosopopea, arroganti e presuntuosi. Il cavaliere Silvio Berlusconi dovrebbe rileggersi ammesso che ne abbia tempo e desiderio il “Principe” di Niccolò Machiavelli, scritto nel 1513 e dedicato ai de’ Medici nella speranza di riacquistarne i favori.
Molto potere ai nobili e poca fede e speranza nello Stato. Ma tuttavia esiste ancora qualche cosa di valido leggendo attentamente tra le righe. Non tutto era un peana, perché anche i principi sono uomini e come tali fallaci e talvolta costretti dalle circostanze ad un severo bagno di umiltà. Non c’è molto altro da dire. Gli errori si pagano, così come le scommesse perse e le partite di poker in cui non si è vinto. Ma il futuro è nel grembo di Giove ed agli umani non è dato sapere.
Il mercato globale appare in tutta la sua maestà come il complesso algoritmo che separa gli idioti dal proprio denaro. L’imperativo è disfarsi degli idioti, non rinnovare loro la fiducia, nessuna punizione o persecuzione, bastano venti anni di vacanze forzate. Non è compito facile, vista l’abbondanza della specie, ma almeno ci si può provare.
fonte articolo: Limes – Rivista italiana di geopolitica
2 commenti presenti
Spettacolare. L’ho scritto proprio bene.
Scritto da marco il 1 Gen 2009
SEI SEMPRE IL SOLITO …..
Scritto da LIDIA VIZZINO il 13 Giu 2009