Tina Montinaro cittadina onoraria di Salemi
4 Marzo 2009di Benny Casalanzio Borsellino – da bennycalasanzio.blogspot.com
Dal 2 marzo Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta di Giovanni Falcone morto nella strage di Capaci assieme al suo giudice, è cittadina onoraria di Salemi. Ad investirla è stato il sindaco Vittorio Sgarbi nel corso della conferenza sul tema «Mafia ed antimafia: riflessioni nel 20° anniversario della morte di Leonardo Sciascia». «Per essersi distinta, con incisivo impegno, sempre attuale e costante, nel portare avanti e promuovere la lotta contro la cultura mafiosa, assumendo iniziative volte a sostenere la legalità. La sua tenacia è un baluardo cui guardano con speranza madri, mogli, figli e quanti hanno perso i propri cari nella guerra contro la mafia».
La vedova Montinaro, riferendosi all’opposizione di Rita e Salvatore Borsellino alla cittadinanza per Agnese Borsellino, ha trovato il tempo di fare anche una battuta: “A scanso di equivoci, dico che mia sorella è d’accordo”. “Per me è è molto importante questa cittadinanza di Salemi, soprattutto perché a proporla è una persona straordinaria come Vittorio Sgarbi che in questi anni mi ha sostenuto moralmente”.
Il 7 aprile 1995 Sgarbi legge al TG5 una lettera “anonima” che svela i veri colpevoli dell’assassinio di Don Pino Puglisi: mandante il procuratore Caselli e come killer Leoluca Orlando. Chissà cosa avrebbe detto Antonio Montinaro, che per un giudice sacrificò la sua vita, su un individuo che parla così dell’erede del pool. Per questo scoop il pregiudicato biondo che fa impazzire il mondo si becca una condanna in primo e in secondo grado, poi prescritta.
Lo “straordinario Sgarbi”. Il 14 agosto 1998, dopo la morte di Luigi Lombardini, in un’intervista a Il Giornale ne attribuisce la responsabilità alle «inchieste politiche di Caselli uomo di Violante», in quanto «il suicido di Lombardini ha evidenziato la natura esclusivamente politica dell’azione di Caselli e i suoi e ne chiede «l’immediato arresto» nonché la «sospensione dal servizio e dallo stipendio». Chissà cosa avrebbe detto Antonio Montinaro, che per un giudice sacrificò la sua vita, su un individuo che parla così dell’erede del pool.
Nel 1996, con sentenza definitiva della Pretura di Venezia, è stato condannato a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, per produzione di documenti falsi e assenteismo mentre era dipendente del Ministero dei Beni culturali, con la qualifica di funzionario ai Beni artistici e culturali del Veneto. Chissà cosa avrebbe detto, il due marzo, Antonio Montinaro.
2 commenti presenti
Avrebbe detto che non tutti i giudici sono uguali soltanto perché indossano la stessa toga.
Probabilmente sono in pochi a ricordarselo, ma un giudice ebbe modo, ormai diversi anni fa, di muovere alla signora Montinaro accuse indecenti.
Per ricordare:
http://snipurl.com/d2qku
Mi pare anzi che, tra i familiari delle vittime di mafia, la signora Montinaro non sia quella che più ha fatto del suo stato una professione.
Scritto da asdrubale il 4 Mar 2009