Una tastiera ed un mouse tra le macerie
15 Aprile 2009Anna Pacifica Colasacco, nata a L’Aquila il 22 luglio 1956 e residente, fino al 6 aprile 2009, in via Costa Masciarelli,8. Fino a pochi giorni fa conduceva la sua normale esistenza, dedicandosi nel tempo libero al blog miskappa.blogspot.com. Poi è arrivata l’ennesima scossa, quella che ha danneggiato la casa nella quale viveva, ora è una senza tetto. Grazie alla solidarietà degli amici conosciuti in rete ed in Facebook può di nuovo collegarsi e scrivere nel suo blog, racconti che riportano il dramma degli sfollati in maniera genuina, non mediata da sorrisi e parate di autorità. Forse a lei risparmieranno le feroci critiche riservate a chi canta fuori dal coro, o forse no. Nel frattempo è misteriosamente sparita l’intervista che le aveva fatto italianimbecilli.blogspot.com via telefono e parzialmente riportata da www.politicamentecorretto.com. Segnalo il link al suo sito, vale la pena di farci un giro e leggere tutto, e riporto quanto ha pubblicato ieri. (sf)
Buongiorno!
Perdonatemi per l’assenza di ieri, ma è stata una giornata intensa. Di emozioni, tutte molto forti. Prima di iniziare il mio resoconto, vorrei cercare di far comprendere a quanti di voi mi invitano a scrivere di più, a rispondere ai numerosissimi commenti e ad accettare le amicizie su facebook quali sono le mie condizioni.La carica della batteria del pc dura meno di due ore e la possibilità di ricarica mi è data nel campo non più di una volta al giorno.Per di più in molte zone della città la connessione non è possibile, in altre va e viene. E, quando c’è, è lentissima. Ieri è diluviato, ed era molto freddo. E la mente si congela in questi casi. Non sono, ahimé un inviata speciale, e non ho nessuno alle mie spalle. Sono sola.
Ieri mattina ho incontrato FABIO ed i suoi amici: ragazzi napoletani che sono arrivati qui a portare soccorsi, senza passare per i canali uffuciali.Ragazzi speciali, di quelli che avrei voluto come figli. Ora Fabio potrà darmi una mano con questo blog e supportarmi là dove io non so tecnicamente arrivare. Ed è una voce in più. I campi nei paesini di alta montagna si stanno lentamente attrezzando e la situazione è quasi sotto controllo.Non per merito della protezione civile che li ha completamente abbandonati a se stessi, ma in virtù dei volontari che agiscono autonomamente.Ce ne sono ancora tanti da visitare, vi terrò aggiornati. Servono tute e scarpe da ginnastica. Possibilmente nuove o, almeno pulite. Gli abiti che ho visto distribuire sono sporchi e brutti e sintetici. Le persone hanno bisogno di dignità.Solo così si può recuperare un minimo di rispetto per se stessi e per gli altri. Se ci si abrutisce, la forza per reagire non si trova. E’ meglio affidare questi abiti non alla protezione civile: anche lì ci sono persone di serie a e b. I signori vestono Prada, gli altri la merda. Dobbiamo organizzarci.
Ed ora una nota che riguarda me, che forse ai polemici nuovi frequentatori di questo luogo non interessa. Passate oltre quindi. Mi rivolgo agli amici. Ieri pomeriggio sono entrata nel centro storico con una squadra di vigili del fuoco. Speravo di poter recuperare anche una sola cosa in casa mia. Anche solo la foto di mio padre. Questo non è stato possibile, essendo crollata la scala del mio palazzo. Quella che portava all’attico dove abitavo. Ma ciò che i miei occhi hanno visto, per la prima volta dopo il terremoto, è indescrivibile. Immaginate i luoghi della vostra anima, della vostra vita, della vostra memoria trasformati in una spianata di macerie, con pochissimi punti di riferimento. In quel momento ho pensato che sarebbe stato meglio morire. Ho rivisto mia nonna affacciata alla finestra che chiamava me bambina per il pranzo.Papà che mi prendeva per mano e mi accompagnava a scuola. Me stessa che uscivo, vestita da suorina bianca per andare alla Prima Comunione. Cose piccole, ma la mia vita. Ed ho compreso la perdita di identità. La perdita di tutto. Un lutto immane. Comune. Ma terribilmente individuale. La tua esistenza che si accartoccia. E frana. E poi stanotte si è ballato di nuovo, e di brutto. E c’erano urla e pianti. Le mie non escono più.
Una cosa che vorrei diffondeste:i vigili del fuoco sono tanti, e bravi, e umani. Ma il cooordinamento per per la ricognizione nelle case e per l’accesso ai propri beni è vergognosamente disorganizzato. Si arriva nei luoghi di raccolta. Si riempie, dopo code estenuanti e disordinate, un modulo per la richiesta e si aspetta di essere chiamati. Chiamano senza osservare nessun ordine logico. Allora, dopo ore di attesa vana sotto la pioggia, o sotto il sole cocente,torni il giorno seguente e la tua domanda è sparita. Devi riempire di nuovo il modulo e ricominciare l’attesa. E sperare. Solo e senza nessun sostegno psicologico. Le persone piangono sommessamente. Sei lì a asperare che dalle macerie salti fuori anche un minuscolo pezzo della tua vita.
CIAO.
1 Trackback(s)