Prossimamente in Afghanistan: fuga oppure exit strategy?
18 Settembre 2009di Sergio Fornasini per dituttounblog.com
Sembrano quasi surreali i commenti politici dopo un evento tragico quale l’attentato di Kabul ai militari italiani. La vita comunque continua in tutte le sue espressioni, compresa la politica. Quella italiana non ci sta facendo un gran figurone, anzi lascia proprio a desiderare.
Il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ha riferito in parlamento con toni appassionati verso i poveri caduti. Meno brillanti si sono in seguito rivelate le sue parole sul proseguimento sempre e comunque della missione in Afghanistan. Intendiamoci, non per demerito suo bensì per la risposta variegata delle componenti dell’esecutivo di cui fa parte. “Il Governo italiano non si farà intimidire”, dichiara in aula La Russa. Davanti alle telecamere, subito dopo inizia la serie di esternazioni di vari esponenti della maggioranza, chi più chi meno si discostano tutti dall’andare avanti a testa bassa. Umberto Bossi ad esempio, appare anni luce lontano dalle tesi di La Russa, ma non è una novità: ad agosto scorso aveva palesato il desiderio della Lega Nord di far tornare a casa i soldati, e non era la prima volta. Frattini parla di cambiamenti profondi da adottare nella missione in Afghanistan, e così via con le altre dichiarazioni.
Berlusconi mi ha spiazzato, ha dichiarato troppo in materia e non riesco ad interpretare il suo pensiero. Fra le altre cito: “non possiamo abbandonare” seguito da “ma presto a casa 500 soldati”, “siamo tutti speranzosi di poter portare a casa i nostri ragazzi al piu’ presto”, a Bossi strizza l’occhio sottolineando che “sia meglio uscire presto” seppure in accordo con gli altri paesi, poi parla di “transition strategy” e prima o poi auguriamoci che spieghi cosa significa, “meglio via presto ma solo con gli alleati” mentre Frattini dichiara che “resteremo”. Se avete capito qual è la linea attuale del nostro governo in materia vi supplico di spiegarmela, grazie.
Non vado pazzo per la stampa italiana, oggi devo però dare atto a praticamente tutte le testate di aver saputo dettagliare il dolore di una nazione, con corretto risalto alle posizioni fin qui espresse dalla politica. Fra le prime pagine me ne sono piaciute particolarmente due, di appartenenza politica diametralmente opposta: Libero ed il Manifesto. Sul primo un editoriale di Mario Giordano, che spietatamente evidenzia come su 630 parlamentari ne fossero presenti solo un centinaio a Montecitorio, durante l’informativa del Ministro La Russa. Tutti solidali con i caduti a parole ma già con la valigia in mano per il week end. “Banchi vuoti come un frigorifero al polo Nord”. E la prima pagina di Libero ne trae la dovuta eloquenza.
Nel caso qualcuno riusisse ancora a negarlo, la prima del Manifesto ci ricorda dove abbiamo mandato i nostri militari: in guerra.