Solidarietà a Ferruccio de Bortoli, un giornalista vero e galantuomo
12 Ottobre 2009di Sergio Fornasini per dituttounblog.com
Duplice e più che leggittima presa di posizione di Ferruccio de Bortoli (nella foto) a pag. 1 e pag. 12 del Corriere della Sera oggi in edicola. Negli ultimi giorni il direttore del corrierone si è visto attaccare da più parti, ad iniziare dal premier Silvio Berlusconi, che ha accusato il quotidiano milanese di essere “un foglio della sinistra”. A seguire si sono scatenati anche Il Fatto e Repubblica, con editoriali a firma di Marco Travaglio ed Eugenio Scalfari (i due articoli sono riportati in coda al post).
Un attacco concentrico al quale il direttore risponde oggi in prima pagina, con eleganza e fermezza, semplicemente ricordando la sacrosanta necessità di raccontare i fatti da parte di chi fa informazione. Qui il link al pezzo, del quale riporto due passi significativi:
«Un giornale non è un partito. L’informazione è corretta se fornisce al lettore tutti gli elementi necessari per formarsi, in piena libertà e senza condizionamenti, un’opinione. Non lo è quando amplifica o sottostima una notizia chiedendosi prima se giova o no alla propria parte o al proprio padrone. Ed è quello che sta accadendo oggi: i fatti non sono più separati dalle opinioni. Sono al servizio delle opinioni.»[…]
[…]«Il clima conflittuale creato nel Paese ha qualcosa di inquietante e dovrebbe indurre tutti a fermarsi un attimo, a chiedersi se per abbattere l’avversario sia davvero necessario bruciare l’intero edificio civile, istituzioni comprese, mostrando al mondo uno spettacolo ingiusto e amaro. L’Italia vera, per fortuna, è diversa.»
A Travaglio e Scalfari risponde invece a parte, di seguito riporto il testo completo. Incredibile l’affermazione di Travaglio, dalle pagine de Il Fatto, nella quale afferma che il Corriere ha nascosto lo scoop sulla D’Addario. Ma li legge i giornali l’opinionista-ospite di Annozero? Credo di no, se lo facesse (anche le edizioni online vanno bene, poi hanno anche più figure che aiutano) si sarebbe potuto accorgere che il Corriere ha parlato della escort sgattaiolata a palazzo Grazioli con registratore al seguito ben prima delle testate sulle quali scriveva lui. Anzi credo che la prima intervista alla escort pugliese l’abbia pubblicata proprio il Corriere, con un articolo dell’inviata Fiorenza Sarzanini. Ne ho parlato in un articolo di questo blog (una ex squillo alla corte del Re) pubblicato il 19 giugno scorso. Giusto per ricordare che anche all’epoca c’era chi faceva il giornalista sul campo intervistando i protagonisti e chi si trastullava a copiare ed incollare le notizie scritte da altri. Se non fosse stato per i giornalisti (quelli veri) magari c’era ancora chi stava a parlare, che so, di Noemi.
A Ferruccio de Bortoli va tutta la mia solidarietà.
Una risposta a Scalfari e Travaglio (editoriale di Ferruccio de Bortoli dal Corriere della sera di lunedì 12 ottobre 2009, pag. 12)
Marco Travaglio su II Fatto di ieri, quotidiano al quale formulo i miei auguri, mi accusa sostanzialmente di non avere sufficiente schiena dritta nei confronti del premier. Non condivido in nulla il modo di fare giornalismo di Travaglio, ma ne difendo la libertà d’espressione. Quando ero amministratore delegato della Rcs Libri, alcuni azionisti di questo gruppo (che a volte assomigliano al consiglio di sicurezza dell’Orni, tanto sono diversi fra loro) mi chiesero di non pubblicare più i suoi libri presso la Bur Rizzoli. Io mi opposi fermamente. E non per un calcolo economico. Travaglio ci rimprovera di aver nascosto la notizia di Patrizia D’Addario e poi diventata famosa in tutto il mondo. Non è così. Intanto è stato uno scoop del Corriere. Certo, l’abbiamo pubblicata con la dovuta cautela e tutti punti interrogativi di una vicenda ancora oggi poco chiara. Altri due giornali, che l’hanno avuta prima di noi, non l’hanno pubblicata. E non l’abbiamo trasformata poi in un’eroina del femminismo. Travaglio si lamenta dello spazio eccessivo dato a Marina Berlusconi e a Tarak Ben Animar, che fanno parte del consiglio di Mediobanca’, uno dei nostri azionisti. Ringrazio Travaglio per avermi formulato questa critica perché mi dà l’opportunità di parlare del mio rapporto con l’azionariato. Il Corriere ha tra i principali soci la Fiat eppure ciò non ha impedito al giornale di esprimersi contro la concessione di altri incentivi al gruppo torinese. Hanno ragione le piccole aziende e i professionisti a dolersene: i loro dipendenti non sono diversi dagli operai e dagli impiegati del gruppo torinese, specie nel momento in cui la famiglia Agnelli si candida ad acquistare, a debito, la Fideuram da Intesa Sanpaolo. Anche questa grande banca fa parte dei nostri azionisti. Ne abbiamo svelato il profondo contrasto che divide l’anima piemontese da quella lombarda. E nello scandalo del credito col contagocce, siamo convinti che le piccole banche si stiano comportando meglio delle grandi. E l’Alitalia che è stata salvata da una cordata con dentro molti degli altri nostri azionisti? Un errore, l’ho sempre pensato e scritto. Devo andare avanti?
E veniamo all’editoriale di Eugenio Scalfari sulla Repubblica che ho trovato ingiusto e insultante. Mi dispiace molto. Scalfari ha letto la mia risposta di venerdì alle accuse del premier, manipolando le mie parole a suo uso e consumo. Lo considero profondamente scorretto. Il paradosso di tutta questa vicenda è che Repubblica ha fatto la sua campagna contro il premier con le notizie pubblicate… dal Corriere. Scalfari tenta di delegittimarmi moralmente perché non abbiamo seguito il suo giornale, querelato dal premier, e non siamo scesi in piazza sotto le bandiere di un partito o di un sindacato. Sulle querele ho già detto quello che penso. Ed Emesto Galli della Loggia ha preso posizione sul Corriere sul fatto che le querele a Repubblica e all’Unità fossero sbagliate e gravi. Ma dov’erano lui e il suo giornale quando gli avvocati di Berlusconi, Ghedini e Pecorella (da me chiamati avvocaticchi per le leggi ad personam e per questo condannato) mi citarono in giudizio? E dov’erano lui e il suo giornale quando D’Alema, allora al potere, se la prese con noi fino a proporre la mia cacciata dall’Ordine dei giornalisti? Li ho forse accusati, in quelle occasioni, di essersi accucciati al potere di turno? No, rispettai il loro ruolo, anche se di spettatori. Interessati. Devo andare avanti?
p.s. Ringrazio infine i colleghi di Repubblica che mi hanno espresso solidarietà dopo aver letto le dichiarazioni di Berlusconi alle quali il loro giornale non ha dedicato nemmeno una riga.
da Il Fatto Quotidiano del 12 ottobre 2009 – Il pompiere della sera, di Marco Travaglio
Ferruccio de Bortoli è un galantuomo. E il Corriere della sera è un grande quotidiano che tenta, grazie al direttore, a molti giornalisti e a pochi editorialisti, di difendere la propria indipendenza. Ora, come ai tempi del fascismo, della P2, del craxismo e del secondo governo Berlusconi, il regime gli ripresenta il conto: o bacia la sacra pantofola, anzi la scarpina con tacchi e rialzo, o è la guerra. Si ripete pari pari la scena del 2003, quando de Bortoli fu costretto ad andarsene dopo mesi di attacchi e lettere minatorie. Il Corriere aveva una sola colpa: non apparteneva al Cavaliere, dunque non passava le sue veline, ma dava le notizie. Ergo era comunista. Poi venne Mieli, ma l’importante era affermare il principio che i direttori sgraditi al Boss saltano. Mieli seguitò a dare le notizie e si permise financo un paio di critiche. Finchè il Boss disse pubblicamente che Mieli e Anselmi, direttore della Stampa, “devono cambiare mestiere”. Lo cambiarono entrambi. Al Corriere tornò de Bortoli e fece un giornale molto più accomodante del precedente: se ieri c’erano Montanelli, Biagi, Sartori, Penati, Grevi e Stella, controbilanciati da Galli della Loggia, Panebianco, Ostellino, Romano, Franco, Battista, oggi strabordano i secondi, intervallati ogni 29 febbraio da qualche pallida critica. Prima un colpo al cerchio e uno alla botte. Ora cento al cerchio e uno alla botte. Ma non basta ancora: il Corriere rimane comunista. Lo scrive de Bortoli, nell’editoriale di ieri: caro Presidente, non le bastano le dosi intensive di Galli della Loggia e Battista? No che non gli bastano. Lui è ingordo, bulimico, totalitario. Pretende sempre di più. Non basta nascondere lo scoop sulla D’Addario; o pubblicare le balle spaziali di Della Loggia sull’inesistente voltafaccia della Consulta o le corbellerie di Cerchiobattista sul regime che non c’è perché 9 giudici costituzionali su 15 non si sono appecoronati ai diktat di palazzo Grazioli; o titolare “ironia del premier” sul volgare insulto alla Bindi; o gridare al vilipendio a ogni battuta di Grillo e a ogni critica di Di Pietro, e poi dar fondo alle riserve di vaselina per minimizzare le sparate eversive di Berlusconi e Bossi (titolo di ieri: “La Lega: la Consulta va abolita. Proposta-provocazione, Pdl più cauto”). Non basta nemmeno intervistare ogni due per tre Tarak ben Ammar e Marina Berlusconi come se fossero osservatori indipendenti, e non azionisti di Mediobanca e dunque del Corriere. Il “terzismo”, semprechè sia esistito, è morto e sepolto. Serviva a tener ferma la sinistra mentre Berlusconi la menava. Ma oggi la sinistra non c’è più, o si tiene ferma da sola. Il Boss non vuole un Corriere ancor più compiacente: lo vuole suo. Lo vuole come Il Giornale, anzi ve lo ingloberebbe volentieri sotto la direzione unica di Littorio Feltri. La riduzione del danno, la modica quantità di critiche, il compromesso quotidiano non gl’interessano. Cedere ogni giorno un centimetro di libertà per salvare il salvabile non è sbagliato: è inutile. Come diceva Paolo Sylos Labini, “chi accetta il meno peggio con Berlusconi si prepara a un peggio ancora peggiore”. Come dice Vittorio Cecchi Gori che l’ha conosciuto bene, “Silvio è fatto così: se gli dai un dito, lui si prende il culo.”
da Repubblica del 11 ottobre 2009 – Il caimano si prepara per l’ultima spallata, editoriale di Eugenio Scalfari
A ME sembra che Silvio Berlusconi sia sottovalutato dai suoi avversari e mal compreso nella logica con la quale persegue i suoi obiettivi. Vengono messi in risalto i suoi errori, le sue gaffe il suo parlarsi addosso e li si attribuiscono ad un prevalere della sua pancia (per dire dei suoi istinti) su una debole razionalità.
Ebbene non è così. Lo conosco da trent’anni e nei primi dieci ho avuto con lui una frequentazione intensa e alquanto agitata.
Non era ancora un uomo politico ma alla politica era già intimamente legato; sia la fase dell’immobiliarista sia quella successiva dell’impresario televisivo erano intrecciate e condizionate dai suoi rapporti politici. Imparò presto a muoversi come un pesce nell’acqua. Poi l’esperienza politica diretta ha perfezionato un innato talento. Perciò – lo ripeto – non è affatto uno sprovveduto in preda ad istinti irragionevoli, salvo quelli sessisti. In quel campo gli istinti lo dominano e l’hanno spinto a commettere errori inauditi; ma in tutto il resto no.
Conosce il suo carattere e lo usa. Conosce la sua tendenza alla megalomania e all’egolatria e la usa. Usa perfino le sue gaffe. L’insieme di queste movenze costituiscono una miscela formidabile di populismo, demagogismo, culto della personalità. In altri Paesi un decimo se non addirittura un centesimo di ciò che dice e che fa avrebbero provocato la sua messa fuori gioco. In altri Paesi il suo mostruoso conflitto di interessi avrebbe impedito il suo ingresso nell’agone politico; non esiste infatti in nessun Paese del mondo un capo di governo proprietario di metà del sistema mediatico e contemporaneamente possessore dell’altra metà.
Ma in Italia questo è possibile. Attenti però: non è un incidente di percorso. La vocazione degli italiani ad innamorarsi di personaggi come Berlusconi fa parte della storia patria. Per fortuna non è la sola vocazione; convive con caratteristiche differenti e anche opposte. Ma quell’innamoramento verso il demagogo è una costante che spesso è diventata dominante e alla fine ha precipitato il Paese nel peggio. Non è ancora avvenuto, ma siamo già abbastanza avanti nella strada che può portarci ad una catastrofe.
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Da questo punto di vista le due sentenze emesse nei giorni scorsi rispettivamente dal Tribunale di Milano sul lodo Mondadori e dalla Corte costituzionale sulla legge Alfano hanno prodotto un’accelerazione che Berlusconi considera provvidenziale per l’attuazione dei suoi piani. L’ira iniziale che l’ha invaso – che viene dalla sua pancia – è stata rapidamente razionalizzata.
L’attacco contro la Corte, contro la magistratura, contro il Csm, contro il Presidente della Repubblica, è proseguito a mente fredda. Non è più ira, è strategia pensata e messa in atto, la spallata finale che dovrà portare l’Italia istituzionale e costituzionale a cambiare volto radicalmente: da repubblica parlamentare a repubblica autoritaria dove tutti gli organi di garanzia siano cancellati o ridotti ad esanimi fantasmi e dove conti soltanto il plebiscito popolare incitato dagli appelli continui alle pulsioni populiste che covano nella pancia di molti. Questo spiega l’allarme esploso nell’opinione pubblica internazionale.
Lo stupore e anche lo sberleffo che nei mesi scorsi si è manifestato sui giornali di tutto l’Occidente al di qua e al di là dell’Atlantico è diventato negli ultimi quattro giorni una preoccupazione generale e l’Italia è diventata il malato di una malattia infettiva.
In altre circostanze questa reazione avrebbe indotto ad un sussulto di prudenza, ma sta invece accadendo l’opposto; il populismo contiene infatti un’abbondante dose di vittimismo che lo rafforza e lo indirizza verso forme di autarchia psicologica delle quali la Lega è da tempo il più esplicito rappresentante e che trovano nel berlusconismo un importante amplificatore.
Le due sentenze sono impeccabili dal punto di vista tecnico – giuridico.
Quella del Tribunale civile di Milano non fa che confermare quanto contenuto nella sentenza di condanna di Cesare Previti per corruzione di magistrati e di Berlusconi per la stessa ragione con il reato però caduto in prescrizione. Agli effetti penali ma non civili. La quantificazione del danno è secondaria.
La sentenza della Corte che definisce incostituzionale la legge Alfano ha come caposaldo l’articolo 3 della Costituzione che stabilisce la parità dei cittadini di fronte alla legge. Questo è il punto di fondo; l’altro elemento invalidante, e cioè la necessità di procedere con legge costituzionale anziché con legge ordinaria, è secondario perché deriva necessariamente dal primo elemento.
Chi accusa la Corte di incoerenza sostiene una tesi priva di senso; anche nella sentenza del 2004 sul cosiddetto lodo Schifani la Corte aveva infatti eccepito la violazione dell’articolo 3. E quindi, se l’articolo 3 risulta violato fin dal 2004, ne segue ineccepibilmente che per ristabilire l’equilibrio costituzionale bisogna procedere con legge costituzionale e non con legge ordinaria. Dov’è l’incoerenza? La legge Alfano aveva ripristinato l’adempimento all’articolo 3 o il suo emendamento? No.
È quindi perfettamente coerente che, di fronte ad un nuovo ricorso, la Corte lo giudicasse ammissibile. Gli avvocati del premier che proclamano l’incoerenza mentono sapendo di mentire. E i media che non chiariscono un punto così fondamentale ai loro ascoltatori e lettori, sorvolano anzi tacciono del tutto su un punto di capitale importanza e danno adito ad una macroscopica disinformazione.
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A questo proposito viene acconcio citare l’articolo uscito ieri sul “Corriere della Sera” e firmato dal suo direttore. L’ho letto e ne sono rimasto colpito e profondamente rattristato. Sono amico di Ferruccio De Bortoli anche se spesso in questi ultimi mesi ho dissentito dalla sua linea giornalistica. Ma in casa propria ciascuno decide liberamente a quale lampione e con quale corda impiccarsi.
L’articolo di ieri va però assai al di là del prevedibile.
Poiché Berlusconi il giorno prima aveva rimproverato il “Corriere della Sera” d’essere diventato di sinistra, il direttore di quel giornale manifesta il suo stupore e il suo dolore. Cita tutti gli articoli recenti da lui pubblicati che hanno sostenuto il governo e le sue ragioni; rivendica di non aver mai partecipato a campagne di stampa faziose, condotte da gruppi editoriali che vogliono pregiudizialmente mettere il governo in difficoltà con argomenti risibili; ricorda di aver approvato la politica economica e sociale del governo, la sua efficienza operativa, la sua politica estera; ammette di averlo criticato solo quando è stato troppo duro con la Corte costituzionale e con il Capo dello Stato; auspica una tregua generale tra le istituzioni; riconosce al presidente del Consiglio l’attenuante di essere perseguitato in modo inconsueto dalla magistratura. Infine ribadisce la natura liberale che storicamente il giornale da lui diretto ha sempre seguito e nello stesso numero pubblica un’intervista a piena pagina con Marina Berlusconi, con splendida foto nella quale la figlia del leader rivaleggia con una Ava Gardner bionda anziché mora, che in quel contesto assume inevitabilmente una funzione riparatoria per qualche birichinata di troppo.
Mi procura sincero dolore un giornale liberale ridotto a pietire un riconoscimento al merito dal peggior governo degli ultimi centocinquanta anni di storia patria, Mussolini escluso. E ridotto ad attaccare noi di “Repubblica”, faziosi e farabutti per definizione, per marcare la propria differenza.
Noi siamo liberali, caro Ferruccio. Liberali veri. Non abbiamo pregiudizi, ma vediamo sintomi ed effetti d’una deriva che minaccia le sorti del Paese.
Vediamo anche la totale inefficienza di questo governo che non ha attuata nessuna delle promesse e degli impegni assunti con il suo elettorato salvo quelli che recano giovamento personale al premier e ai suoi accoliti.
Voglio qui ricordare un non dimenticabile articolo di Barbara Spinelli pubblicato dalla “Stampa” di qualche settimana fa, che forse De Bortoli non ha letto. Mi permetto di consigliargliene la lettura. I giornali ricevono molte querele e molte citazioni per danni, ricordava la Spinelli. Fa parte della rischiosa professione giornalistica e degli errori che talvolta vengono compiuti.
Ma quando è il potere politico e addirittura il capo del governo a tradurli in giudizio perché hanno osato porgli domande scomode, quando questo avviene – ha scritto la Spinelli – i giornali che sono in fisiologica concorrenza tra loro fanno blocco comune e quelle stesse domande le pongono essi stessi, le fanno proprie per togliere ogni alibi ad un potere che dà prova di non sopportare il controllo della pubblica opinione. La stampa italiana – concludeva – non ha fatto questo, mancando così ad uno dei suoi doveri.
Si può non esser d’accordo con il codice morale e deontologico della Spinelli (peraltro seguito da tutta la stampa occidentale) e non mettere in pratica le sue esortazioni. Ma addirittura accusare noi d’una nefasta faziosità rivendicando a proprio favore titoli di merito verso il governo, questo è un doppio salto mortale che da te e dal tuo giornale francamente non mi aspettavo. A tal punto è dunque arrivato il potere di intimidazione che il governo esercita sulla libera stampa?
Ricordo, a titolo di rievocazione storica, che Luigi Albertini incoraggiò il movimento fascista dal 1919 al 1922; gli assegnava il compito di mettere ordine nel Paese purché, dopo averlo adempiuto, se ne ritornasse a casa con un benservito. Ma nel 1923 Mussolini abolì la libertà di stampa e instaurò il regime a partito unico, le cui premesse c’erano tutte fin dal sorgere del movimento fascista. A quel punto Albertini capì e cominciò una campagna d’opposizione senza sconti, tra le più robuste dell’epoca. Purtroppo perfettamente inutile perché il peggio era già accaduto, il regime dittatoriale era ormai solidamente insediato e l’ex direttore del “Corriere della Sera” se ne andò a consolarsi a Torrimpietra.
Ad Indro Montanelli è accaduto altrettanto, ma lui almeno se n’è accorto prima. Difese per vent’anni dalle colonne del “Giornale” le ragioni del Berlusconi imprenditore d’assalto. Si accorse nel 1994 di quale pasta fosse fatto il suo editore e lo lasciò con una drammatica rottura. Ma era tardi anche per lui. Se c’è un aldilà, la sua pena sarà quella di vedere Vittorio Feltri alla guida del giornale da lui fondato. Al “Corriere della Sera” quest’esperienza d’un giornalista di razza al quale dedicano un santino al giorno dovrebbero farla propria per capire qual è il gusto e il valore della libertà liberale.
8 commenti presenti
Bellissimo articolo di De Bortoli, eccezionale lezione di giornalismo ai giornalisti militanti…
Finalmente!!! c’è un concetto di buon giornalismo in Italia che è assolutamente distorto, qui De Bortoli evidenzia molte contraddizioni degli pseudointellettuali militanti nei vari giornali antiberlusconiani…
Il giornalismo è dare il fatto e non l’opinione sul fatto, dare più punti di vista al limite, ohhhhhhhhh, caxxo!
Scritto da Francesco B il 12 Ott 2009
“Io sono più libero di te”.
“No, tu sei più servo di me”.
“Ma io non prendo i contributi pubblici”.
“Però io scrivo contro le aziende che sovvenzionano il mio giornale e tu no”.
“E io vado in piazza a difendere la libertà”.
“Però tu non mi difendi quando mi querelano”.
Nota bene: non è una scuola elementare, ma il top del giornalismo nostrano.
Saluti
Scritto da Dean Keaton il 12 Ott 2009
Vede caro Dean,
secondo me non c’è bisogno di essere un aquila per intravedere la differenza fondamentale fra chi fa il suo mestiere e chi lo scimmiotta e basta. La questione è che le persone che comprano e leggono i giornali non si pongono il problema, digeriscono in base a quanto viene attuato il vilipendio (non la critica) della parte avversa. Si bevono tutto, purché abbia un sapore gradito ai loro palati.
Peccato che se qualcuno fa davvero informazione, in questo caos marmellatoso rischia di passare per uno qualsiasi
Scritto da Sergio Fornasini il 12 Ott 2009
solidarietà incondizionata a de bortoli, un vero signore
Scritto da fornettini il 13 Ott 2009
Sarà anche un vero signore, ci mancherebbe, ma non ci sono neanche dubbi che De Bortoli non può uscire dalla sua equidistanza, anche con ragione.
Deve fare sempre i conti con colui che lo cacciò nel 2003 dallo stesso Corriere, lo stesso signorotto che senza vergogna ora può fare enormi pressioni su RcS attraverso la figlia che è in Mediobanca, e forse potremmo aggiungerci che il Corriere prende, a pari di altri giornali, finanziamenti pubblici.
Il problema non è che i fatti sono al servizio delle opinioni; qui il problema è che i fatti sono scomparsi per non disturbare le opinioni (vedi il giornalista Travaglio – La scomparsa dei Fatti, e leggetevelo).
E’ vero, il Corriere ha aperto e parlato della d’Addario, ma c’è una differenza nell’esaltare una notizia in prima pagina o nasconderla a pagina 22.
De Bortoli sa benissimo che non si può permettere alcuna enfasi (anche se il fatto trattato lo richiederebbe), deve stare molto attento, appunto, non può uscire dalla sua equidistanza. Papi ce l’ha con lui perchè è appunto equidistante, e non pende dalla sua parte.
Ricordiamo che recentemente il papi dichiarò che i direttori del corriere e della stampa dovevano fare un altro mestiere…e miracolo Mieli e Anselmi saltarono. Ecco, De Bortoli sa che in qualsiasi momento può fare la stessa fine, si deve muovere all’interno di questa logica che di conseguenza è autolimitativa e autocensoria, e a chi glielo fa notare risponde parlando d’altro…la butta sul “..Il clima conflittuale..”, come se i responsabili di quel clima fossero coloro che gli hanno fatto notare un certo comportamentoe e non colui che si sta rivelando sempre più un pericolo per la nostra democrazia.
Ghe pensi mi!
Scritto da Candidus il 13 Ott 2009
Obama conto “Fox”. Non si è aperta la caccia alla volpe, in quel di Washington, ma si tratta della dichiarazione di guerra della presidenza usa al gruppo editoriale di proprietà del tycoon Rupert Murdoch, detto “lo squalo”.
http://www.corriere.it/esteri/09_ottobre_13/fox-news-partito-obama-murdoch_eaf8bc76-b7ba-11de-9cba-00144f02aabc.shtml
Fox non è una tv, è un partito…”. Sembra quasi l’Espresso – Repubblica.
Ma il mondo anglosassone non era il Paradiso della stampa libera?
Hoibò.
Scritto da asdrubale il 13 Ott 2009
Hanno pienamente ragione: Eugenio Scalfari e Marco Travaglio.
Quando TUTTI gli Italiani se ne accorgeranno sara’, forse, troppo tardi!
Carolina
Scritto da CAROLINA FERRARINI il 13 Ott 2009
De Bortoli mi piace, e rifiuto in ogni modo le categorie che per interesse di qualcuno vanno via via imponendosi, emarginando chi in quelle categorie proprio non ci vuole stare. O con Repubblica o con Berlusconi, siamo in Dittatura, siamo in Democrazia, c’è Assoluta Libertà di Informazione, non c’è Libertà di Informazione. Esistono per fortuna migliaia e migliaia di cittadini che possono criticare Berlusconi e al tempo stesso dissentire da un editoriale di Giannini, apprezzare una legge di Zaia, comprare il Fatto Quotidiano assieme al Foglio e a Libero e a Repubblica, stimare poco Di Pietro ed ancor meno questo Pd, persone che non gridano alla Dittatura ma che osservano le tante anomalie democratiche di questa nazione. Persone che leggono Travaglio e Facci, Rampini ed Ostellino, Ferrara, Zucconi, Giordano, Tinti, senza pendere dalle labbra di nessuno di questi.
Detto questo, per completezza di informazione sarebbe stato giusto riportare anche l’editoriale di De Bortoli da cui tutto è partito, in modo che le critiche di Scalfari e Travaglio risultassero più chiare. Eccolo.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=NMUX7
Credo che De Bortoli abbia sbagliato, un Premier che si permette di attaccare in quel modo il primo quotidiano del Paese va rimproverato per benino. Le parole del Direttore appaiono come una giustifica, come un “ma perchè dice così? Se siamo sempre così buoni con lei!”.
Tra l’altro le parole di Berlusconi sono allucinanti, è sotto gli occhi di tutti che il Corriere si sia ammorbidito, ed io che non sopportavo Mieli e che sono stato felice del ritorno di De Bortoli in questo momento ho le idee davvero confuse.
Ha ragione Travaglio, lo spazio per i Della Loggia, gli Ostellino, i Panebianco ed i Battista è aumentato a dismisura, la loro linea è quella predominante. Battista in una pausa di Omnibus scommise la sua reputazione, il Lodo Alfano sarebbe passato al 100%.
Io amo il Corriere, ma siamo in buone mani? w
Scritto da Wn il 14 Ott 2009