In dieci anni crollato il potere di acquisto dei salari. Accidenti, non ce ne eravamo accorti!
1 Ottobre 2010Stipendi che una volta erano dignitosi si stanno rivelando non più sufficienti a confrontarsi con una vita sempre più cara. C’è voluto uno studio della CGIL per mettere tutto nero su bianco, dati e cifre inconfutabili rapportati all’andamento dei salari nel resto d’Europa. Siamo sempre più poveri, o perlomeno lo sono tutti quelli che, come me, sono lavoratori dipendenti.
Perbacco, se non fosse stato per questo studio non me ne sarei mai accorto…
Il picco nella flessione, secondo la CGIL, si è verificato tra il 2002 ed il 2003. Nel 2009 c’è stato un certo recupero dovuto essenzialmente al calo dell’inflazione, nessun intervento miracoloso da parte della politica. Quello che avrebbe sorpreso sarebbe stato il contrario, ovvero che un qualche governo si fosse degnato di intervenire a favore del reddito da lavoro dipendente. E pensare che si sono succeduti almeno tre esecutivi nell’ultimo decennio, anche di diverso colore politico. Nessun ministro sembra essersi preoccupato di approfondire il tema, anzi sia con Prodi che con Berlusconi l’aumento delle entrate fiscali è sempre stato presentato all’opinione pubblica come uno strepitoso successo. E così, mentre la flessione del reale potere di acquisto dei salariati stava sprofondando senza che nessuno se ne curasse, la politica trovava giovamento nell’aumento della pressione fiscale sul reddito da lavoro dipendente: +13,1% al netto dell’inflazione. Ricordatelo, nel caso vi capitasse di sentire ancora chi va raccontando di aver diminuito le tasse.
La realtà vera, vissuta e percepita è che il popolo bue della ritenuta Irpef alla fonte sta sempre peggio. Fra di loro ce ne sono alcuni che, poco brillantemente imbeccati da alcune dichiarazioni populiste di qualche politico autorevole, tende a scaricare la responsabilità di tutto questo sulla moneta unica europea. Non sono pochi coloro che pensano sia tutta colpa dell’Euro, senza essere minimanente sfiorati dal pensiero del baratro che ci avrebbe già inghiottito se avessimo ancora le vecchie lire.
Personalmente ho potuto constatare come la vita in Italia sia rapidamente diventata carissima rispetto ad altri Paesi europei. Qualche anno fa era sufficiente recarsi in Austria, Germania, Francia o Spagna per rendersi conto di quanto poco pregiata fosse la nostra vecchia valuta. Oggi è cambiato tutto radicalmente, anzi ci può sembrare che mangiare, bere, dormire e fare acquisti all’estero sia addirittura vantaggioso, a parità di moneta. Nel frattempo è accaduto qualcosa che sappiamo benissimo, ma facciamo finta di ignorarlo. Da noi sono rapidamente scomparsi, salvo usare la lente di ingrandimento, i prezzi esposti in lire. La nostra vecchia abitudine di considerare soldi quasi senza valore le monetine di conio metallico ci ha danneggiato non poco nella percezione degli esagerati ed ingiustificati rincari. Chi ha deciso i prezzi al consumo ha sfruttato la nostra sciatteria ed incuranza per gonfiare a dismisura i suoi profitti. Una pizza costava circa 6.000 lire anni fa, oggi ha rapidamente superato i 6 euro (ovvero il doppio) tanto per fare un esempio banale. E tanti altri se ne potrebbero fare. Chi doveva vigilare non lo ha fatto, anche perché di conseguenza sono lievitate le entrate fiscali, in particolare l’I.V.A. sempre che la si paghi. Così può anche accadere di andare, che so, in Germania e si spendano 65 (sessantacinque) euro per il pernottamento di due persone, con prima colazione compresa. Poi trovarsi la sera in ristorante elegante, mangiare fino a non poterne più e spendere 74 (settantaquattro) euro in totale per quattro persone. Ovvero i loro prezzi sono rimasti più o meno allo stesso livello, qui da noi ci ha dato di volta il cervello e non siamo neppure lontanamente indignati di tutto ciò. Poi non domandiamoci come mai i turisti tedeschi hanno abbandonato la riviera romagnola, dove tutto sommato si spende ancora relativamente poco per le vacanze.
Lo studio pubblicato dal sindacato italiano non dovrebbe stupirci più di tanto. Ed infatti non fa più notizia, è già diventato acqua passata. Solo un altro tassello di questo nostro Paese sempre più povero, dove non si investe più nell’innovazione e nella ricerca, nella scuola. Un Paese con grandi nubi all’orizzonte, senza materie prime e che sta rapidamente scivolando nell’arretratezza sociale ed economica. Se tutto va bene, possiamo ancora assicurarci un futuro buttandoci ad investire nel turismo. Magari ci ritroveremo a fare i camerieri per ricchi mafiosi russi o magnati cinesi, con una ormai inutile laurea in tasca ma almeno si tirerà a campare.
Ci vuole davvero una bella faccia tosta nell’invitare la gente a rafforzare i consumi per sostenere l’economia, però esiste chi lo ha fatto. In questi giorni sta festeggiando la rinnovata fiducia da parte dei due rami del Parlamento, mi domando se è davvero convinto di poter ancora contare su quella dei cittadini italiani.
(Sergio Fornasini per dituttounblog.com)
2 commenti presenti
Forse saremmo sprofondati in un baratro con le vecchie lire. Però avremmo ancora una nostra moneta e non saremmo in forte debito con la banca centrale europea. controversa la cosa. Certo è che proporre di consumare di più per aiutare l’economia detto da chi ha depositi ultramilionari…
Fiducia da parte dei cittadini credo ahimè la abbia sigh
Scritto da Sunny il 2 Ott 2010
Il passaggio all’euro è stato dimenticato. Provocò “soltanto” il dimezzamento del patrimonio mobiliare degli italiani.
Brutta cosa la mancanza di memoria.
Scritto da Asdrubale il 4 Ott 2010