Archivio Genchi, la Cassazione dice ‘no’ al dissequestro
2 Luglio 2009Il ricorso della Procura di Roma è stato accolto poiché il poliziotto sapeva che determinate utenze telefoniche erano in uso a parlamentari ma senza chiedere autorizzazione “ha acquisito illecitamente” i tabulati telefonici arrecando “intenzionalmente” un danno ingiusto. Da qui l’ipotesi di reato di abuso d’ufficio.
Roma, 2 lug. – (Adnkronos) – L’archivio Genchi non andava dissequestrato in relazione alle intercettazioni disposte sui parlamentari. Dunque, dice la Cassazione, male ha fatto il Tribunale del Riesame di Roma, lo scorso aprile, a dissequestrare l’archivio del consulente inoltrandosi “in intempestive e anticipate valutazioni”. Invece, dice piazza Cavour, il Tribunale “non avrebbe potuto fare a meno di affermare che nel fatto descritto nel decreto di perquisizione e sequestro, a carico del consulente Genchi, con riferimento all’acquisizione di tabulati di comunicazioni di membri del Parlamento, sussiste il ‘fumus commissi delicti’ delineato dall’art. 323 c.p.” che punisce l’abuso d’ufficio.
Ecco perché, lo scorso 26 giugno, la Sesta sezione penale ha annullato senza rinvio la decisione del Riesame, accogliendo il ricorso della Procura di Roma che, come segnala la Cassazione, “ipotizza che il consulente tecnico Genchi, disponendo di archivi formati nel corso dell’esecuzione di altri suoi incarichi e d’informazioni conseguite in altre diverse attività d’indagine, era nella concreta e autonoma possibilità di conoscere che determinate utenze telefoniche erano in uso a parlamentari e che, senza dare tali informazioni al pubblico ministero per l’eventuale richiesta della necessaria autorizzazione, abbia acquisito, elaborato e trattato illecitamente tabulati telefonici relativi a tali utenze, intenzionalmente arrecando ai parlamentari che le usavano un danno ingiusto, consistente nella conoscibilità di dati esterni di traffico relativi alle loro comunicazioni telefoniche”.
Tesi condivisa dagli ‘ermellini’ che hanno appunto fatto presente che “se il Tribunale avesse preso in considerazione, come avrebbe dovuto, tutti gli elementi fattuali come rappresentati dal pm, non avrebbe pouto fare a meno di affermare che nel fatto descritto nel decreto di perquisizione e sequestro, a carico del consulente Genchi, con riferimento all’acquisizione di tabulati di membri del Parlamento, sussiste il fumus commissi delicti previsto e delineato dall’art. 323 c.p.”. Bocciato invece il ricorso della Procura della capitale sull’ipotesi di abuso d’ufficio relativa ai tabulati delle utenze in uso ai servizi di sicurezza “per la mancanza di concreti e specifici elementi idonei a consentire di individuare concretamente le vicende in cui era stato opposto il segreto di Stato”.
Un commento presente
Sorgono, dai sotterranei della burocrazia, piccoli o grandi frustrati, improvvisamente chiamati a svolgere ruoli di collaborazione a grandi manovre che li esaltano, per meglio dire: li invasano. Presi dalla missione loro affidata, sono preda della volontà di potenza, si prefissano obbiettivi grandiosi, si credono superiori a tutti in nome della legge. Perisca il mondo pur di fare giustizia, la loro. Non si accorgono di essere strumenti di manovratori affetti da delirio di onnipotenza, da sospettosità patologiche, da complessi di superiorità, che cercano e trovano collaboratori appunto tra i loro emuli in sedicesima. Chi è Genchi? Un poveraccio stanco di fare il vicequestore in sordina, un illuso di essere il massimo esperto informatico, uno che quando è stato sorpreso a controllare il traffico telefonico di tutti, con snodi e incroci per rinvenirne le relazioni, perfino della Presidenza della Repubblica!, è rimasto inerme confidando nella tutela del suo committente, quel sostituto procuratore-gagà De Magistris figlio di papà e nipote e pronipote di papà che già pensava di cambiare carriera sull’onda del successo mediatico, dopo aver sputtanato mezzo mondo. Perfino il CSM, notoriamente incline a proteggere i magistrati più perversi, ha dato il benservito al De Magistris, che adesso conterà balle sulla rotta Napoli – Roma – Strasburgo – Bruxelles. Lui, al Parlamento europeo, in nome del grande purista Di Pietro e dei “valori” suoi; mentre Genchi, sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, si dovrà accontentare per un po’ dell’assegno alimentare: ma perché non si è fatto candidare, yankee (voleva fare l’investigatore americano, invece lo hanno utilizzato come comparsa in una…americanata).
Scritto da Fabrizio Spinella il 2 Lug 2009