Berlusconi ha sempre ragione, il mercato no
4 Agosto 2011di Sergio Fornasini
Tema: individuare non più di tre definizioni o aggettivi per commentare l’efficacia del discorso del premier alle Camere in tema di crisi economica.
Svolgimento: si fa una gran fatica a rimanere nel tracciato del tema, almeno per notevole quantità di possibili termini che affiorano nella mente. Dopo pochi secondi, nel mio foglio di appunti ne compaiono già dodici. Di conseguenza, provvedo a selezionare solo la quantità richiesta: immobile, patetico, assente.
Immobile come questo governo del nulla. Il Paese è senza timoniere ormai da troppo tempo, il mare è in burrasca e noi si va allegramente alla deriva. Il governo ha tempo da dedicare solo alla riforma della Giustizia, ai processi (brevi o lunghi in dipendenza di quelli del premier), alle intercettazioni che sputtanano pubblicamente l’intera classe politica. La manovra economica rimanda a fra qualche anno misure più incisive, quando forse a governare saranno altri.
Patetico per le accuse ai mercati. Secondo Berlusconi non siamo noi a dover lavorare sodo per cambiare, sono gli operatori economici che non hanno capito nulla della solidità del sistema Italia. Qui ci sarebbe stato bene anche “illusorio”.
Assente per la mancanza di qualsivoglia indicazione concreta. Il vero problema non sono i mercati quale entità astratta governata dalla speculazione, è la mancanza di crescita economica. Siamo il Paese che cresce meno nell’area Euro. La situazione è aggravata dal fortissimo debito accumulato sulle spalle della finanza pubblica, ovvero sul nostro groppone. Delle possibili soluzioni a tutto ciò non è rimasto un solo punto fermo dopo che le parole del premier si sono dissolte nell’etere.
Decisamente inconcludente, inutile e dannoso. Ops, ho sforato con le definizioni.
Un commento presente
Mon Dieu, Fornasini, la finanza è globale, ma la politica è stanziale.
La finanza segue scopi di rapina in giro per il mondo, accatastando plusvalenze che poi servono a insidiare i produttori di merci costringendoli a conferire alla finanza gran parte dei ricavi per destinarli alla speculazione e non agli investimenti.
La politica ha senso se governa le comunità nazionali distribuendo loro benessere, salvandole dalle minacce del monetarismo.
Non è Berlusconi il problema, fosse in lui applicherebbe al sistema economico-finanziario italiano ed europeo delle supposte di ormoni per suscitarne la crescita, frenata dai teorici della decrescita, dai bilancieri delle banche centrali e da quella strana guerra che si combatte per il controllo delle risorse.
Il nostro premier recita le litanie che recitano gli altri premier europei, per evitare l’aggravarsi dei fnomeni depressivi che, come la storia insegna, se non mandano in default gli Stati, è pur vero che fanno seguire all’impoverimento delle genti lo scatenamento delle guerre.
Chiedetevi intanto in quale direzione si muovono le finanze arabe ed asiatiche, perché oramai gli USA sono gravati da ipoteche.
Scritto da Fabrizio Spinella il 5 Ago 2011