Bettino e la cultura della prevaricazione
17 Gennaio 2014Articolo scritto nel gennaio 2010, decido di pubblicarlo solo ora in occasione di un nuovo anniversario della morte di Craxi. L”ho riletto e credo sia ancora attualissimo
Finalmente, con i media desaturati da Craxi e dall’anniversario della sua morte sento di poterne parlare serenamente, nella piccola dimensione del mio blog. A proposito di Bettino Craxi, quello che mi rimane veramente nei ricordi sono alcune semplici cose. Ad esempio la sua rapida ascesa a politico di primo piano, una volta divenuto segretario del fu Partito Socialista Italiano.
I meno giovani forse ricorderanno come sul finire degli anni ’70 Bettino Craxi fu eletto segretario in un momento di crisi del Partito Socialista, cambiando il corso della storia italiana. Il PSI aveva alle spalle tradizioni ed origini marxiste, nel corso del tempo era divenuto un modesto residuo della storica compagine del socialismo italiano, segnata nel corso degli anni da molte scissioni. La più importante è del lontano 1921 con la nascita del Partito Comunista Italiano, nel dopoguerra divenuto largamente più rappresentativo del Psi. Due punti messi lì solo per ricordare come nel corso del tempo i socialisti pre-craxiani avevano perso molti pezzi e nel 1976 si erano ridotti al ricordo del partito che furono, una sorta di ombra di se stessi.
Ricordo che il modo di agire di Craxi, di decidere, di intraprendere nuove strade spiazzava completamente il panorama politico dell’epoca. Prima di lui, amministrare il potere somigliava ad un esercizio di mantenimento dello status quo: da una parte i cattivi (i comunisti), dall’altra il resto del mondo. Le coalizioni erano composte dalla Democrazia Cristiana in primo luogo, con al seguito una schiera di partitini con bassa rappresentatività se presi singolarmente. I governi si succedevano con rapidità impressionante, anche più d’uno nell’arco di un anno: bastava che un partito all’uno e mezzo percento si impuntasse e addio governo. Comunque nel loro piccolo razzolavano dove e come potevano. Bettino aveva intuito che serviva maggiore dinamismo, sconvolse i vecchi equilibri ed emerse come elemento nuovo della politica italiana. Questo gli va riconosciuto, comunque la si pensi.
Dal momento in cui divenne segretario del PSI, le iniziative politiche italiane avevano Craxi come origine. Tutta un’altra musica rispetto a chi attualmente fa politica solo reagendo alle posizioni degli altri. Il suo indiscutibile protagonismo politico lo portò alla presidenza del Consiglio, primo socialista a ricoprire quella carica. Già al debutto si è rivelato un recordman: il suo è stato il governo più longevo della storia repubblicana. Prima che scendesse in campo Berlusconi, ovviamente.
Vennero poi gli anni del decisionismo, di riforme parzialmente realizzate, della proposta di presidenzialismo mai arrivata in parlamento, di Sigonella, del taglio alla scala mobile, del calo dell’inflazione. Di crescita del benessere diffuso, ma anche il mostruoso aumento del debito pubblico, sia in termini assoluti che in rapporto al PIL. Da allora siamo affondati in una melmosa palude fatta di conti in rosso per la finanza pubblica, non ne siamo più riemersi. Da ricordare poi il famoso “decreto Berlusconi“, ovvero la norma a favore dell’amico imprenditore edile e televisivo al quale i pretori avevano spento le televisioni locali, che illegalmente trasmettevano su tutto il territorio nazionale. Quell’intervento, sul quale il governo pose la fiducia in sede parlamentare, valse a Craxi l’irriverente appellativo di “elettricista di Berlusconi” coniato dall’attore Roberto Benigni, che volle così sottolineare la riaccensione dei ripetitori grazie all’interessamento dell’allora premier Bettino Craxi.
Il “Cinghialone“, come lo definì Vittorio Feltri, dopo una pausa a guida democristiana tornò a palazzo Chigi nel ’86. La coalizione, sempre basata sul c.d. pentapartito (DC, PSI, PRI, PSDI, PLI) si accordò per una staffetta alla guida del Governo: alla fine del primo anno, Craxi avrebbe dovuto passare la mano ad un democristiano. Cosa che non avvenne, il Cinghialone negò di aver mai accettato un simile accordo ed i democristiani si incazzarono parecchio. Il governo cadde e Bettino non tornò mai più a Palazzo Chigi come padrone di casa. Restò comunque un vero protagonista della politica italiana, tanto da influenzare sempre e comunque tutto quello che si muoveva, dentro e fuori il Palazzo.
Se da una parte era cresciuta la figura del leader politico, dall’altra si era consolidata la struttura di potere del PSI a tutti i livelli. Non c’era ente pubblico, società a partecipazione statale oppure a capitale misto, imprenditoria privata che non fosse in qualche modo legata ed influenzata dal sistema di potere consolidatosi attorno alla figura di Craxi e del suo entourage. Ovviamente il Cinghialone non poteva fare tutto da solo, il suo contorno crebbe così a dismisura. Nuovi i volti ed i personaggi che presero a solcare il panorama politico e di conseguenza economico, con le mani sempre più in pasta ovunque. Non che fossero sempre ben tollerati, erano comunque determinanti. La corte cresceva e, come è noto, più aumentano le bocche da sfamare più salivano i costi dell’apparato. La grandiosità di quei tempi d’oro tese progressivamente all’esagerazione, arrivando al suo culmine in occasione dell’Assemblea Nazionale del PSI nel 1991. Scenografie costosissime create ad hoc da un famoso architetto, l’introduzione di una moltitudine di accondiscendenti personaggi, avulsi alla pratica politica diretta e senza alcun potere decisionale, in sostituzione del Comitato centrale del partito. Non erano altro che i segnali precursori della politica-spettacolo dei nostri giorni. Mantenere una siffatta struttura costa molto e gli aiuti non mancarono, come abbiamo appreso più tardi dalle cronache.
Gli altri fronti politici non si discostavano molto dal nuovo corso imposto dalla politica craxiana: mantenere in piedi un partito con il relativo apparato, i funzionari, le manifestazioni pubbliche, le strutture, le feste dell’Unità o similari promozioni hanno un costo molto elevato. Nessuno allora sembrava porsi seriamente il problema del come un chilometro di metropolitana, di autostrada, di ferrovia o di strada venisse a costare molto di più rispetto agli altri paesi europei. Il motivo lo conoscevamo già tutti quanti, ne eravamo consapevoli anche prima che divenisse oggetto di cronaca giudiziaria.
L’importante era il benessere diffuso, il mantenersi al passo con i tempi senza curarsi del cosa accadeva agli altri. Per raggiungere uno status di agiatezza relativa, tutti i mezzi erano buoni. Dall’intrallazzo per mezzo del conoscente politico all’aggirare le regole, meglio se in combinazione fra loro. Esattamente come oggi.
Era progressivamente nata una nuova generazione di personaggi rampanti e senza scrupoli, il loro obiettivo era avere più che si poteva. A prescindere dagli ideali, seguire un leader politico era solo un mezzo transitorio per il raggiungimento dei propri scopi: ricchezza e potere. Ogni tanto in cronaca compariva la notizia di questo o quello scandalo a base di tangenti, immancabilmente destinate ad un politico di vario colore. Ma poi si tornava alla normalità, una bella insabbiata e via di nuovo a trafficare.
Questa impunità nei fatti rese tutta la classe politica dell’epoca particolarmente disinvolta ed arrogante, di conseguenza le classi dirigenti dei partiti si posizionarono progressivamente lontani anni luce dalla propria base politica. Era nata la Casta: potere, intrallazzi e decisioni concentrate nei vertici dei partiti. La “base” – la gente comune – percepì chiaramente che qualcosa era cambiato per sempre. Era evidente che la politica in senso tradizionale non lasciava spazio all’idealismo ed alla partecipazione: si veniva assorbiti dal nuovo corso oppure si restava ai margini. Gli embrioni di questo nuovo modo di vivere la politica erano apparsi già prima dell’avvento di Craxi alla segreteria del PSI. L’ascesa di questa nuova figura nel panorama politico italiano non fece che accellerare il processo, l’uomo giusto al momento opportuno.
Dopo gli anni della ribellione, della lotta di classe e dell’impegno sociale si era insomma arrivati alla cultura della prevaricazione, superando quella degli ideali e della ragione. La classe dominante era popolata da una moltitudine di furbacchioni dediti a perseguire i propri interessi, senza alcuno scrupolo. Forse solo ora, costretti a tirare la cinghia a causa della crisi economica, la gente comune inizia ad avere le tasche piene di una siffatta classe politica.
Da allora è stato tutto un proliferare di furbi, furbetti e furbacchioni, dediti perennemente all’impune aggiramento delle regole. Ciò che conta è l’avere, accompagnato dall’immagine di sé stessi. Un egoismo sfrenato che non lascia spazio al rispetto degli altri, come se non esistessero. La nostra società è sempre più popolata da individui che si sentono unici al mondo ed agiscono come tali. Lo si nota a partire dalle piccole cose: la fila alla cassa del supermercato, il parcheggio sulle strisce o di fronte ad un passo carrabile, l’agire sempre e comunque senza tener conto delle esigenze altrui e via di seguito: a partire dalle piccole cose per i furbetti qualunque e via su a salire. L’importante è soddisfare le proprie pulsioni, possibilmente a danno dei meno furbi. Ce ne sta tanta di gente così in giro, provate a guardarvi intorno. Dopo averne identificato un certo numero provate a chiedervi se davvero la situazione generale che stiamo vivendo è colpa del governo oppure di noi stessi, di cosa siamo diventati.
Non è che tutto questo sia addebitabile personalmente a Craxi, ci mancherebbe. Però identificherei la svolta a favore di questi comportamenti nel sistema di potere indotto dai partiti politici dell’epoca, con tutte le responsabilità di chi li gestiva allora. Coloro che sono arrivati dopo quel periodo non hanno fatto altro che proseguire nella strada tracciata, riuscendo addirittura a far peggio dei predecessori. È soprattutto colpa nostra quanto è avvenuto e continua ad accadere, siamo noi che li mandiamo a rappresentarci mediante il voto.
Vennero poi gli anni di Tangentopoli e la bufera si abbatté sul malcostume che regnava, ovunque. Tutti i partiti ne erano coinvolti, non cedettero però allo stesso modo di fronte alle inchieste giudiziarie. Il sistema di potere e di sopravvivenza della politica venne descritto nel famoso discorso di Craxi del 3 luglio 1992 alla Camera. Fu quasi perfetto, secondo me è mancato solo che aggiungesse poche parole di riconoscimento della propria responsabilità politica, del tipo: va bene, abbiamo sbagliato tutti, ora ce ne andiamo a casa e lasciamo il campo ad una nuova classe dirigente. Invece molti di quelli là sono ancora saldamente piazzati al potere.
Dalle macerie delle inchieste giudiziare è derivata quella che oggi viene impropriamente chiamata “Seconda Repubblica”. Secondo me le cose non sono affatto cambiate dagli anni di Tangentopoli, anzi sono anche peggiorate le condizioni. Se avete un amico imprenditore che lavora con la pubblica amministrazione provate a chiedere a lui.
Nel frattempo, dov’è andata a finire tutta quella gente che sosteneva i magistrati di “Mani pulite”, quelli che tiravano di tutto a Craxi fuori dall’Hotel Raphael? Gli indignati: una razza estinta. O probabilmente seduta tranquillamente nel proprio salotto a guardare la tv, magari sognando i propri figli che partecipano al “Grande fratello” o “Amici”. Quelli più attivi stanno davanti a un PC a copia-incollare su Facebook articoli critici nel titolo e poverissimi di contenuti reali. Oppure a fare click su “mi piace”, il massimo dell’attuale attivismo militante.
Concluderei questo inutilmente lungo post con qualche riflessione: Craxi non è stato certamente il peggior politico del nostro Paese, per un periodo ha portato innovazione e dinamismo. Come la storia insegna, quando in Italia appare all’orizzonte un “uomo forte” questo attira inesorabilmente attorno a sé una schiera di mezze figure arriviste ed arroganti. Ne abbiamo palesi esempi recenti, non so se mi sono spiegato. Questa tendenza a focalizzare le proprie aspettative su di un singolo, indipendentemente dalle sue visioni politiche, porta inevitabimente il pigro popolo degli italiani a delegare tutto, ma proprio tutto. Così non scompare solo la propria coscienza personale ma anche quella collettiva. La morale cessa di esistere, per non parlare del senso etico della società. Si aprono invece praterie sterminate davanti ai qualunquisti.
Come sosteneva ormai molti anni fa Erich Fromm in Psicoanalisi della società contemporanea, in una società ammalata nella quale normalità significa alienazione coloro che mantengono principi morali ed etici appaiono come estranei. Questo aspetto psicologico delle masse è conosciuto benissimo da chi esercita il potere, ne fà tesoro e perno per i suoi interessi. Bettino in questo è stato un maestro. Dopo di lui è arrivato un suo beneficiato (non un discepolo) che ha saputo sfruttare al meglio il proprio impero mediatico per appiattire ancora totalmente le coscienze, individuali e collettive. Il risultato inutile ricordalo, lo abbiamo dinanzi agli occhi.
di Sergio Fornasini per dituttounblog.com
12 commenti presenti
IL FATTO dirimente che oggi ha portato l’ITALIA sulle soglie del sottosviluppo dipende dal mostruoso aumento del debito pubblico perpetrato da CRAXI E COMPARI, con la MILANO da BERE e la ROMA da mangiare e chi dal 1994 ha avuto maggior peso politico in ITALIA non ha fatto nulla perchè non peggiorasse.
Quindi hai tutte le ragioni di scrivere che
da allora siamo affondati in una melmosa palude fatta di conti in rosso per la finanza pubblica, dalla quale non ne siamo più riemersi.
E come conseguenza ci sono arrivati da pagare MONTI e MONTI di tasse in più da pagare.
Scritto da vittorio il 28 Gen 2014
Mi trovi largamente in disaccordo. L’individualismo antisociale degli italiani è vecchio di millenni, si spiega con la prolungata assenza di uno stato nazionale e con il costume superstizioso che ha sempre fatto percepire il potere pubblico come “alieno” e nemico. Smettiamola con queste menate secondo cui Craxi e Berlusconi avrebbero disintegrato le virtù civili ed eretto una società di corsari. L’edonismo e la cultura della leggerezza degli anni 80 avevano portata planetaria (almeno in Occidente) ed hanno prodotto elementi di innovazione e di cesura col passato, poi se qualcuno ha corrotto, fatto espoliazioni ecc la responsabilità è individuale. Troppo comodo inquisire sempre il sistema e questo o quel modello di riferimento.
Scritto da Francesco Ginanneschi il 28 Gen 2014
Francesco
Se oggi abbiamo milioni di tonnellate di macerie da rimuovere, AFFERMO, che le macerie non si sono formate per nostra sfortuna, ma per il sol fatto che ce la siamo costruite noi votando dei geni come CRAXI e BERLUSCONI
macerie = debito pubblico = morale pubblica
= morale privata
Scritto da vittorio il 1 Feb 2014
morale privata=morale pubblica=debito pubblico=macerie
Scritto da Francesco Ginanneschi il 2 Feb 2014
Francesco, degli italiani non nego certamente l’atavica tendenza all’individualismo e la repulsione istintiva per tutto ciò che è “Stato”. C’è chi ha saputo sfruttarlo a proprio vantaggio, così come le trasformazioni sociali dell’occidente negli anni ’80. Craxi non fu l’unico a trarne vantaggio ma qui da noi fu certamente la massima espressione politica di quel nuovo corso. Dietro a lui una schiera di opportunisti, come anche appresso a Berlusconi. Il risultato, credo innegabile, è stato ciò che è stato. A me è sembrato che il loro apparire all’orizzonte politico abbia risvegliato ed incentivato un certo tipo di comportamento. La cultura della prevaricazione, appunto. Questo il mio punto di vista, poi se non la vediamo nello stesso modo pazienza.
Scritto da Sergio Fornasini il 4 Feb 2014
Non hanno risvegliato proprio un bel niente, per la semplice ragione che la cultura della prevaricazione non ha mai dormito. E’ fisiologico che i potenti attirino schiere di opportunisti e lecchini e ha impressionato la cortigianeria intorno a Craxi e Berlusconi anche perchè prima di loro l’Italia non era affatto abituata a leadership così salde e durature.
Scritto da Francesco Ginanneschi il 5 Feb 2014
CRAXI è stato l’elemento propedeutico all’arrivo di BERLUSCONI o ne è stato il mentore…???
Scritto da vittorio il 12 Feb 2014
Data la domanda, provo a dare una risposta. Un punto di vista personale, ovviamente.
Craxi è stato un politico di razza, Berlusconi lo è dovuto divenire per necessità finanziarie, giudiziarie, ecc. Nella fase imprenditoriale B. ha tratto enormi vantaggi da Craxi, come si potrebbe negarlo? Quindi, per assimiliazione, ne è stato un componente della corte. La particolarità di B. quale comunicatore ne ha fatto un politico di primo piano, inutile negare anche questo. Lo stile è completamente diverso, non mi sembra si possa classificare B. come discepolo del mentore Craxi. Propenderei più per la prima ipotesi di Vittorio, C. e la c.d. “Prima Repubblica” quale elemento propedeutico all’ascesa di B.
Scritto da Sergio Fornasini il 13 Feb 2014
SERGIO, in ogni modo potremmo pensare che le vicende delle genti italiche si interconnettono ,quasi sempre, tra loro.
Alle interconnessioni precedenti da te esposte, quanto si interconnette il fenomeno GRILLO…???
Perchè alla fine, tutti questi fenomeni pesano,o hanno pesato, sul valore economico dell’azienda ITALIA, che ogni giorno si sta perdendo.
Scritto da vittorio il 13 Feb 2014
Grillo è un fenomeno anomalo, tanto per cambiare, del nostro panorama politico. Solo pochi anni fa, nel 2000, detestava il computer ( http://youtu.be/4jdHN4edCqA ). Dopo di che ha scoperto il mezzo di comunicazione attraverso il suo blog, cresciuto enormemente grazie alla sua verve ed alle sue critiche sfrenate all’apparato di potere in generale. Chiaramente se il “potere” ed i politici avessero tenuto comportamenti aderenti ai minimi principi etici e sociali anche uno bravo come Grillo avrebbe finito per fare la figura di chi abbaia alla luna. Ed invece il suo blog è divenuto il crocevia di persone insoddisfatte dell’andamento generale, è stato il “sistema” a favorirne il successo. Più interconnessi di così…
Sul valore dell’azienda Italia meglio sorvolare, più che perdersi mi sembra sia stata svuotata come il calzino appeso al camino la mattina dell’Epifania. Con un particolare: la Befana almeno torna l’anno successivo, qua invece non c’è quasi più nulla da cui attingere. Serve concretezza, elemento che non mi sembra di trovare negli attuali leaders politici. Fuori e dentro al Parlamento.
Scritto da Sergio Fornasini il 13 Feb 2014
Se guardiamo al valore dell’azienda ITALIA in effetti se andiamo a ritroso nel tempo, troviamo, un tempo in cui, i politici lavoravano per migliorare le sorti degli italiani,
ed abbiamo esempi clamorosi come:
il piano fanfani per le case,
l’autostrada del sole portata a termine in meno di 5 anni da Milano a Reggio Calabria
l’autostrada Milano Ventimiglia con i favolosi ponti sopra Genova…..e tante altre infrastrutture fatte velocemente e a costi bassi.
la creazione delle zone depresse a bassissima tassazione che poi sono state foriere di un grande sviluppo dell’economia
Quindi c’erano persone che pensavano allo sviluppo, oggi forse, manca qualcosa
di simile ???
Scritto da vittorio il 15 Feb 2014
Concordo con Francesco. L’individualismo antisociale degli italiani è vecchio di millenni, si spiega con la prolungata assenza di uno Stato nazionale e con il costume superstizioso che ha sempre fatto percepire il potere pubblico come “alieno” e nemico. Qua al sud abbiamo avuto i Borbone e poco dopo la Mafia che ha preso il suo posto, trasformando gli ex Briganti in classe dirigente democristiana,socialista ecc. ecc. Poi il vecchio sistema con i suoi macroscopici errori ha favorito l’ascesa del M5s e infine sono arrivati partiti come Vox Italia per salvarci da un’imminente guerra globale. Riuscire a vedere che c’e’ un conflitto enorme tra i valori di solidarieta’ sanciti dalla nostra costituzione postbellica e l’etica neoliberista che ispira l’individualismo antisociale e antiambientale degli italiani potrebbe evitarci tante sofferenze future. Imparare degli errori per non ripeteterli o rimanere in fermi all’ eterno ritorno del conflitto? Forse ha ragione l’agente Smith del film Matrix. Noi umani agiamo esattamente come un virus, ci moltiplichiamo fino a distruggere l’ambiente in cui viviamo e quando l’abbiamo distrutto sappiamo solo spostarci altrove.
Scritto da Alan il 25 Dic 2020