BOND ARGENTINI. RISPARMIATORI CORNUTI E MAZZIATI
20 Dicembre 2008di Gianluigi De Marchi
E’ una storia tutta italiana, quella del collocamento delle obbligazioni argentine. Prima le banche hanno venduto titoli di uno stato traballante alla clientela (anche a poveri pensionati che cercavano sì un buon reddito, ma senza rischio), poi, una volta scoppiato il patatrac, hanno messo in piedi un organismo da loro controllato per ricuperare i soldi perduti.
Si chiama pomposamente “Task force Argentina” (in sigla TFA) e moltissimi risparmiatori vi hanno aderito, convinti da chi aveva venduto loro i titoli “marci” che avrebbero potuto essere rimborsati direttamente dall’Argentina. In questo modo il boia si è presentato al condannato dicendogli che si sarebbe attivato per fargli avere la grazia (dopo l’impiccagione, naturalmente…). Le illusioni, si sa, sono dure a morire; ma muoiono. E’ di questi giorni la notizia che l’Argentina (come prevedibile) ha eccepito la procedura posta in essere, che consiste in una denuncia dello stato sudamericano presso un ente internazionale (si chiama ICSID e non è, come è stato fatto credere ai clienti, un Tribunale internazionale, ma un istituto che fa “arbitrati” e quindi con sentenze prove di reale efficacia). Il fatto è che l’ICSID non si è mai occupato di controversie finanziarie ma solo industriali; inoltre non ha mai gestito domande sotto forma di causa collettiva (“class action”). L’Argentina ha inoltre fatto presente all’ente che la TFA opera in palese conflitto d’interessi, perché è costituita e gestita dalle banche italiane. Morale: a febbraio si saprà se l’azione potrà essere avviata: se l’ICSD dirà di sì, si passerà all’esame della controversia (e non è detto, ovviamente, che il giudizio sia favorevole agli italiani), se dirà di no occorrerà far ricorso.
In ogni caso i tempi sono lunghissimi, e l’Argentina ha già chiaramente evidenziato che non ha alcuna responsabilità, perché i suoi titoli erano destinati esclusivamente ad investitori istituzionali (banche o compagnie di assicurazione) perché avevano un rischio altissimo; le banche italiane le hanno invece allegramente vendute anche ai privati (ed infatti in molti Tribunali sono già state condannate proprio per questo). Consiglio finale: non illudetevi di riprendere i soldi con la TFA, fate vedere subito le carte in vostro possesso ad un esperto. Se non sono regolari e se vi sono r5esponsabilità della banca, è bene avviare immediatamente una causa in Tribunale, prima che sia troppo tardi. La sentenza dell’ICSID, infatti, arriverà, se va bene, fra due/tre anni e nel 2011 non sarà più possibile ricorrere contro le banche. Chi può, quindi, lo faccia subito per non restare, come dicono a Napoli (ma si capisce benissimo anche da noi) “mazziato e cornuto”.