C’ERA UNA VOLTA LA BANCA…
27 Marzo 2013di Gianluigi De Marchi
Può sembrare l’inizio di una favola, di quelle che ci raccontavano i nonni pazientemente, per farci addormentare; una favola in cui, dopo mille avventure, e dopo aver combattuto streghe malvagie, la principessa sposava il suo principe e, immancabilmente, si finiva la storia con “vissero felici e contenti…”.
Invece no, il “C’era una volta la banca” per ora non ha un lieto fine. Abbiamo cominciato con il fallimento Lehman, abbiamo proseguito con il salvataggio forzato di centinaia di banche in tutto il mondo e stiamo ancora con il fiato sospeso per il Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca italiana che continua ad essere sull’orlo del baratro. Il fatto è che il Monte dei Paschi (come tantissime altre banche) non fa più la banca, ma fa altre cose, quasi sempre riprovevoli e comunque quasi sempre così rischiose da mettere a repentaglio il bene più prezioso che abbiamo oggi in tempi di crisi: i nostri risparmi.
Cerchiamo sul vocabolario la parola” banca” e troviamo una definizione come questa: “Istituto pubblico o privato che raccoglie denaro e concede prestiti”; punto e basta.
Qualcuno riconosce in questa definizione le grandi banche attuali, occupate a speculare in Borsa, sul petrolio, sull’oro, sui tassi d’interesse? Qualcuno può definire banca un istituto che pensa solo a vendere derivati ai propri clienti per moltiplicare i propri utili alle loro spalle, portandoli, in molti tragici casi, al fallimento? Il fatto è che una volta (quando le favole avevano un lieto fine…) le banche erano sottoposte a rigide leggi che impedivano loro di compiere operazioni speculative per conto proprio, ed imponevano loro di fare, come unico mestiere, la raccolta di risparmio (pagandolo, non dando un interesse miserabile come oggi!) e la concessione di finanziamenti alle imprese. In questo modo i soldi passavano, con grande sicurezza, dal mondo delle famiglie risparmiatrici al mondo delle imprese produttrici che, generando utili, facevano crescere la ricchezza nazionale (il famoso PIL), creavano lavoro, pagavano imposte e mettevano in moto un circolo virtuoso. Ahimè una strega cattiva (l’avidità) ha contagiato i banchieri, tesi a guadagnare di più per se stessi, anziché a beneficio degli altri, e si è generato il patatrac.
Consiglio ai prossimi governanti (di qualunque parte politica saranno): rimettete regole certe e stringenti, vietate alle banche di mettere a rischio i nostri soldi, obbligatele a ritornare ai tempi belli delle favole, facendo le banche e basta. Non vergognatevi a prendere a modello il passato, a volte le “novità” sono veleni e vanno eliminate con umiltà, riconoscendo che i nostri padri ed i nostri nonni non erano sciocchi, anche se non avevano un master ma solo del sano buon senso…
Un commento presente
Fare la grande banca, fare finanza … innalzarsi al di sopra delle umane miserie, assumere quello sguardo quasi assente, pensieroso, che poi è lo sguardo di chi sta elaborando altissimi pensieri (finanziari) ma che è anche quello di chi non sta capendo nulla (solo che lo sta facendo bene!)ma che va bene così, gli altri, noi, siamo affascinati, intimoriti … chissà come è difficile … pensiamo … lui sì che se ne intende, se lo hanno messo a capo di una banca … e poi, guardatelo, è sempre sereno, sorridente, anche quando poi lo mettono alle poste o a fare il Ministro … se gli chiedete quanto costa un chilo di pane o un litro di benzina mica lo sa lui, de minimis non curat pretor, ma noi, si, noi che minimis lo siamo, anzi, che ormai siamo al minimis, caspita se lo sappiamo … solo che siamo dispiaciuti di una cosa: che non riusciamo più a risparmiare e allora lui, poverino, non ha più niente da amministrare, da gestire … bè, diamogli una quarantina di milioni di euri di buonuscita, tanto per aiutarlo reinserirsi nel mondo del lavoro …cosi gli passera, anzi, gli passerà …
Scritto da Riccardo Lucatti il 30 Mar 2013