CONSULENZA “OBBLIGATA” IN BANCA? NO, GRAZIE
3 Novembre 2010di Gianluigi De Marchi
Più di un lettore ha segnalato un fenomeno “strano” (ma non troppo, conoscendo come gira il mondo finanziario): una convocazione in banca per firmare un “contratto di consulenza”, pagando, ovviamente, salate commissioni annue (dallo 0,5 allo 0,7% annuo).
Una stranezza, dal momento che i lettori sono tutti clienti in banche in cui hanno semplicemente un deposito amministrato, aperto cioè per custodire azioni, obbligazioni o fondi che acquistano e vendono per conto loro, senza chiedere a nessuno cosa fare: sono esperti, sanno cavarsela da soli, non vogliono correre rischi e quindi comprano prevalentemente obbligazioni italiane o di enti soprannazionali ad elevato rating.
Una volta che cercano di approfondire il perché devono obbligatoriamente firmare un contratto di consulenza le risposte diventano vaghe e contraddittorie. “Perché lo dice la Mifid” è la scusa più ricorrente, che “scarica” la responsabilità su qualcosa di impalpabile, una legge cui (a malincuore?) la banca deve piegarsi. Ma anche: “Perché il mercato finanziario è complesso, è impossibile muoversi senza un esperto che dia i consigli, che valuti le prospettive, che misuri il rischio”.
Prendete bene nota: nessuno vi obbliga a firmare! E’ un modo inventato da qualche istituto più furbo degli altri, che gabella come “consulenza” il fatto di dare informazioni tecniche su un BTP o su un’obbligazione BEI (non è certo un servizio a pagamento! E comunque lo si trova facilmente in qualunque sito internet, senza fatica…). E’ un modo per potervi poi rifilare, con la scusa della “consulenza” prodotti propri, obbligazioni strutturate della banca o fondi “di casa”.
Consiglio per i lettori: se proprio volete una consulenza, compratevi quella “vera”, offerta da professionisti indipendenti, che chiedono sì lo 0,5%, ma in cambio fanno davvero studi approfonditi, valutano i rischi ed i rendimenti e vi suggeriscono le forme più adatte per le vostre esigenze. Sono ormai abbastanza numerosi a Torino (ogni tanto compaiono gli elenchi sui giornali, con nomi e numeri di telefono). E magari, quando capita, partecipate a qualche incontro di informazione per capire bene se sono veramente indipendenti o se sono semplicemente dei “venditori” camuffati.