Cultur@ C’era una volta Padova. E le “ronde” non stanno a guardare.
1 Marzo 2009
di Nicoletta Salata per www.dituttounblog
Padova è la mia città, ci sono nata e vi abito.
Qualche anno fa mi è stato regalato un libro in cui, come uno sguardo nostalgico sul passato, sono state raccolte numerose fotografie di esercizi commerciali o artigiani (in alcuni casi veri e propri “antichi mestieri”) e delle persone che li conducevano. Mi ha fatto una certa impressione osservare volti che vedevo da ragazzina e negozi che in seguito hanno ceduto il posto ad altro genere di occupazioni. Negozi e botteghe che per svariate ragioni hanno cessato nel tempo la loro attività, prevalentemente distribuite nel centro storico. È lì infatti, tra portici, angoli e viette che si diramano fitte dalle antiche piazze verso il ghetto, in quella parte della città più nascosta ma più vera, che si possono respirare quei lusinghieri aliti di antichità che ogni città civile ed accorta valorizza ed orgogliosamente tutela.
Nell’ottica del progresso, della modernizzazione, del cambiamento ed in presenza di responsabili amministrativi che guardano più al lucro che alla tutela di un patrimonio culturale, si ottengono spesso dei vantaggi e degli adeguamenti indispensabili da un lato e soddisfacenti dall’altro. Ma accade talvolta che si sacrifichino, senza rendersene conto al momento, ma scoprendolo molto tempo dopo, quando il volto di una città o di un quartiere si rivela cambiato inesorabilmente, delle preziose ed irrecuperabili realtà che forse dovevano essere salvaguardate. In effetti è difficile comprendere, nel momento in cui si vanno ad autorizzare certi cambiamenti, in quale direzione muoversi anche perché spesso è quando le cose non si possiedono più che se ne comprende il loro valore. E quel che fu ritenuto una innovazione nel segno di un costruttivo sguardo al futuro può rivelarsi, in quel futuro che prima o poi arriva, un peccato il cui pentimento non può assolvere.
Un secondo aspetto di questo cambiamento al quale più o meno ogni luogo va incontro, è nel caso di Padova quello determinato dall’insediamento di un rilevante numero di persone di altra nazionalità. Tralasciando quel che accade nelle zone residenziali e periferiche, ma considerando ancora solo la parte centrale, va ad esempio riscontrato che la zona circostante alla stazione e la via principale che da lì conduce verso il centro sono ormai costellate di attività cinesi, dell’est, africane ecc… Senza bisogno di specificare che non si tratta di avversione contro l’uno o l’altra etnia e le loro rispettive, speriamo oneste, attività non posso fingere però che sebbene io passi di rado in quelle zone, mi stupisca negativamente vedere la città trasformarsi in questo suo nuovo ed irriconoscibile aspetto. La sensazione è che sia in atto una sorta di accerchiamento che lentamente avanza e che procedendo di questo passo finirà per travolgere metro dopo metro la vecchia facciata di una città che in questo travestimento oltretutto non si sta affatto abbellendo, semmai il contrario.
Anche oggi Padova è nella cronaca per i disordini che si sono verificati venerdì sera nella zona della stazione tra le cosiddette “ronde” e i soliti “disobbedienti” che fanno riferimento ad alcuni centri sociali. Per cui, vuole il colmo, le forze dell’ordine sono dovute intervenire per proteggere i “rondisti” provocati da questi ultimi.
Se da un lato non si può non ritenere assolutamente necessari anzi indispensabili, stando così le cose, i controlli per tutelare l’ordine e la sicurezza dall’altro non sono convinta dell’utilità, della legittimità e ancor meno della scelta di affidare a queste ronde la risoluzione, sebbene parziale, di questa situazione decadente e pericolosa che in alcuni quartieri, qui come in altre città, ha preso il sopravvento.
Soprattutto per il fatto che non credo sia compito del cittadino tutelare in questo modo i propri spazi esponendosi peraltro anche ad eventuali pericoli. Se questo comporterà sicuramente dei vantaggi, fungendo da deterrente per quei potenziali individui che normalmente delinquono i quali suppongo però che non faranno altro che spostarsi altrove (per cui sarà un inseguimento alla stregua di un classico guardie e ladri) mi parrebbe che il delegare al cittadino questa attività di supporto alla forza pubblica, dove non sia svolta addirittura autonomamente, sia l’ennesima alzata di spalle della politica. Che con l’emanazione del decreto del ministro Maroni regolamenterà l’attività di questi volontari della sicurezza, il cui ardore è certamente apprezzabile ma per altri aspetti stride.
I quali poi di notte starebbero forse meglio a casa loro, seduti in poltrona, a sfogliare un libro, magari quello che ho citato all’inizio e che s’intitola “Dietro il banco. Padova, luoghi di civiltà quotidiana“. E a riflettere sul fatto che sono le istituzioni e la politica ad avere il dovere di tutelare i cittadini e non il contrario. E il compito di impegnarsi per conferire ai “luoghi”, dietro il banco e fuori, la necessaria forse non ancora perduta “civiltà quotidiana”.
6 commenti presenti
Se il cittadino deve rappresentare la tutela alla propria presunta sicurezza … non scendo nel merito, solo ho un desiderio : che l’autorappresentanza si estenda anche al legislativo e non solo all’esecutivo, all’impiegato d’ordine. In poche parole che si estragga a sorte per un lasso di tempo ogni singolo parlamentare dal pallottoliere, dal bussolotto demografico … che l’abusato termine democrazia ritorni all’ecologia dell’etimo demos – kratia …
Scritto da Adamo di Compagnia il 1 Mar 2009
Ma erano quelli del Gramigna?
Scritto da Francesco B il 1 Mar 2009
Questa storia delle ronde è ridicola. Soltanto in un regime dittatoriale può impedire a dei liberi cittadini di uscire di notte a passeggiare per la città. Più ridicola è l’idea di istituzionalizzare le ronde, con regolamenti, assunzioni e rimborsi spese.
Chi vuole passeggiare per la città di notte lo faccia come sua libera iniziativa, nel rispetto delle leggi vigenti.
Riguardo ai cd “disobbedienti”: che si trovassero un lavoro.
Scritto da asdrubale il 2 Mar 2009
@ Francesco B
Mi risulta, chissà se ci sono…sostanziali differenze, che si tratta del Pedro.
Scritto da Nicoletta Salata il 2 Mar 2009