DIFENDERE (SUL SERIO) IL RISPARMIO
6 Settembre 2017di Gianluigi De Marchi
“Quousque tandem, Catlina, abuteris patientiae nostrae?”
La domanda che Cicerone pronunciò al Senato romano in una delle sue famose “Catilinarie” (orazioni che cercavano di spingere il Senato a prendere provvedimenti contro Catilina,m colpevole di ordire trame contro Rona) dovrebbe essere pronunciata ancora oggi al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale, alla Consob, alla Banca d’Italia ed in tutte le sedi istituzionali in cui esiste un interesse per un corretto comportamento dei manager delle banche.
“Quousque tandem, bancarius, abuteris patientiae nostrae?”
Da troppi anni ormai le banche operano in maniera assolutamente contraria agli interessi della collettività, perseguendo esclusivamente obiettivi di massimizzazione del loro profitto (e dei loro dirigenti) con operazioni ad alto rischio incompatibili con la loro funzione sociale.
Qualcuno potrebbe obiettare che, essendo le banche delle società per azioni, hanno come obiettivo il conseguimento del profitto, così come tutte le altre imprese; ma le banche NON sono come tutte le altre imprese, hanno anche una funzione sociale che non possono disattendere.
Ricordiamo innanzitutto l’art.47 della Costituzione che afferma, senza possibilità di equivoci, che “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”, frase che andrebbe scolpita su tutti gli ingressi degli sportelli bancari, ad uso non solo dei clienti (che si devono sentire tutelati ed incoraggiati), ma anche degli impiegati e soprattutto dei dirigenti (che troppo spesso si dimenticano di incoraggiare e tutelare il risparmio!).
E ricordiamo anche la seconda parte dell’art.47 della Costituzione, che recita: “ …( La Repubblica) disciplina coordina e controlla l’esercizio del credito”. La repubblica si riserva il diritto di disciplinare e controllare l’esercizio del credito perché considera questa attività essenziale per un corretto ed ordinato funzionamento del sistema produttivo; conferisce quindi a questa attività una rilevanza di interesse pubblico.
Ricordiamo inoltre che, a differenza delle altre imprese, le banche sono una “cinghia di trasmissione” del sistema economico, la cui funzione principale è il trasferimento di capitali da chi li accumula (i risparmiatori) a chi ne necessita (le aziende produttive). E basta leggere non un ponderoso libro di economia, ma un semplice vocabolario della lingua italiana per rendersene conto: alla voce “banca” si legge: “Istituto di intermediazione finanziaria che opera raccogliendo fondi, soprattutto in forma di depositi, ed erogandoli attraverso prestiti”. Essere un istituto di intermediazione significa che la funzione è quella di essere un tramite a beneficio di soggetti che non potrebbero altrimenti mettersi in contatto. Invece oggi le banche (soprattutto le grandi banche internazionali) operano in proprio, facendo operazioni finanziarie che nulla hanno a che vedere con l’intermediazione e che quasi sempre rappresentano rischiosissime ed improduttive (per la collettività) speculazioni. Si pensi alla marea di derivati che hanno inondato il mondo (oggi hanno un valore mostruoso, pari a 10-15 volte il prodotto interno lordo del mondo!).
Insomma, le banche debbono essere al servizio della società, non il contrario!
Sarebbe ora che chi ne ha il controllo e ne impone le strategie se lo ricordasse ed iniziasse ad operare di conseguenza.
Per il bene dell’Italia, dell’Europa, del mondo!
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