Due mesi dal terremoto: dopo un’infinità di stoltezze, i social hanno già dimenticato
24 Ottobre 2016Al secondo giorno dal terremoto mi ero già reso conto di una cosa: più si fa seria la situazione e più grandi diventano le stronzate che girano in rete. In particolare sui social media. Tutta roba probabilmente già dimenticata, grazie alla volatilità della memoria italica. Facciamo un piccolo sforzo e ricordiamone alcune.
Come fossero in attesa della giusta occasione per manifestarsi, dal nulla o quasi è spuntata fuori su Facebook e Twitter una pletora scatenata di scrittori. Contributi farlocchi che sarebbero irrilevanti, se solamente non venissero condivisi da migliaia di persone.
In un breve lasso di tempo si è visto davvero di tutto. Inizialmente hanno prevalso gli sconosciuti ma espertissimi sismologi, la cui preparazione professionale è andata crescendo nei lunghi anni trascorsi fra la poltrona ed il divano. Sempre con il telecomando a portata di mano, con zapping compulsivo tra Grande Fratello, Isola dei Famosi, Barbara D’Urso e Bruno Vespa. Eccellente formazione scientifica senza dubbio. Probabilmente integrata dai vari congressi ad alto tasso alcolemico nei vari Bar dello Sport, dei quali alcuni “studiosi” sono assidui frequentatori.
A seguire, hanno fatto la loro comparsa i complottisti. Sempre con forti argomentazioni alla mano, tirando in ballo scie chimiche e HAARP con grande soddisfazione. Della serie: ve l’avevo detto io! Sempre per rimanere nel campo del pseudo scientifico, c’è stato anche chi ha lanciato l’allarme di un presunto “tsunami elettromagnetico” che stava colpendo il centro-sud Italia. L’allerta è stata immediatamente ripresa da un gran numero di persone, accompagnata dall’appello a spegnere tutti gli apparati elettronici per non peggiorare la situazione. L’aspetto tragicomico di questo alert è il come molti riescano a prenderlo sul serio, condividendo immediatamente sui social. Tanto per fare un esempio di creduloneria, riporto integralmente quanto ha scritto un signore che si firma con nome e cognome su un sito dello tsunami. Purtroppo il contenuto altamente significativo risulta ora rimosso, anche se Google ne conserva una copia parziale nella cache. Questo uno dei commenti all’allerta: «Ma non bastavano tutti i ripetitori dei gestori della telefonia mobile ora anche questa PORCATA VERGOGNA siamo nelle mani di nessuno ma questi non ci pensano ai futuro dei loro figli? Maaaaa questa sarebbe la ciliegina sulla torta». Decisamente una bella ciliegina, alla quale fanno da corollario centinaia di commenti simili sui vari social.
Per non farsi mancare nulla, sono spuntate interpretazioni sul possibile messaggio sincronico derivante dai nomi delle città colpite dal sisma. C’è stato anche chi ha incolpato i “bastardi sionisti americani”. Ha fatto la sua ricomparsa una bufala che girava da tempo: quella della magnitudo ridotta nei dati ufficiali per evitare risarcimenti. La Russia di Putin invece stava inviando ben 10.000 uomini della loro protezione civile. Praticamente un’invasione.
Senza dimenticare che, secondo alcuni, la colpa della catastrofe fosse da attribuire ai gay, al karma della pasta all’amatriciana oppure agli strali soprannaturali lanciati dalle divinità. A quest’ultimo proposito, vorrei citare la “Militia Christi” che si concentra “sull’abominio delle unioni civili”. Mentre la “Casa della Tenerezza di Dio” vede chiaramente le scosse come funzionali al messaggio divino. Servono per farci capire la necessità di tornare ai veri valori, una reazione soprannaturale insomma contro utero in affitto, matrimonio omosessuale, attacco alla famiglia e ateismo. Ecco, mancavano solo le cavallette affinché fosse compiutamente espressa la tenerezza divina.
Un esempio di bufala, grossolana ma ad alto tasso di condivisione: la foto di Renato Curcio (ex BR condannato a 28 anni) spacciata per quella di Fabrizio Curcio, attuale capo della Protezione Civile. In decine di migliaia l’hanno fatta propria, esponendola in bella mostra sul proprio profilo Facebook. Complimenti vivissimi.
Con un certo vigore, sono saltati fuori anche i nostalgici: affermando che l’unico palazzo rimasto in piedi ad Amatrice lo avesse costruito Mussolini.
Tanto per cominciare, in rete venivano presentate foto di due edifici diversi come se fosse lo stesso. In realtà il primo fu costruito da un istituto religioso a partire dal 1919, la salita al potere di Benito fu nel ’22. L’altro fabbricato invece venne edificato nel 1961 a Duce già bello che morto da tempo. Insomma un falso totale.
Oppure come lo stesso regime, in occasione del terremoto del Volture, con un colpo di reni in 3 mesi costruì 3.746 case e ne riparò 5.190. Su questi dati qualche precisazione: il primo numero è riferito a quelle che attualmente definiremmo baracche o container, erano alloggi di fortuna. Circa 961 unità multi-familiari costruite fuori dai paesi originari, delle “new town” insomma. Che fra l’altro vennero a costare una cifra spropositata rispetto a quanto preventivato ma si doveva fare in fretta. Mentre il dato delle 5.190 case riparate non sembra avere particolare fondamento, nessuno se riferito ai primi tre mesi del dopo terremoto. A seguire: foto d’epoca di un gruppo di sei “casette” del Volture. Ognuna di esse destinata ad ospitare quattro famiglie. Dato lo spazio a disposizione, evidentemente esiguo, possono essere considerati solamente come alloggi temporanei.
L’apice del delirio è probabilmente arrivato per mezzo del servizio pubblico radio-televisivo, ovvero dove meno te lo aspetti. Nel corso della famosa trasmissione “Porta a Porta”, mentre ancora si scavava fra le macerie alla ricerca delle vittime. Bruno Vespa non poteva certo esimersi dall’ennesimo “speciale”. Fra gli altri ha invitato in studio Graziano Del Rio, attuale Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Fra una piantina e una chiacchiera, il Brunone se ne esce con la splendida frase: «intanto questa sarebbe una bella botta di ripresa per l’economia eh? Perché pensi l’edilizia che cosa non potrebbe fare insomma». Del Rio non accennava il minimo segno di ribrezzo. Anzi, in maniera assertiva faceva cenno ai cantieri del dopo terremoto, ancora aperti a l’Aquila ed in Emilia, che stavano facendo «PIL ». Strano modo di vedere positività in questa immane tragedia. Bruno Vespa si è un tantino offeso quando da più parti hanno classificato il suo “speciale” come “sciacallaggio mediatico”.
Nei primi giorni del dopo sisma il tema più ricorrente è quello degli immigrati. Manco fossero loro i colpevoli in qualche maniera del terribile disastro. In moltissimi si sono precipitati a decretare: fuori gli immigrati dagli hotel di lusso, mettiamoli nelle tende al posto dei terremotati. Teoria enunciata anche dal parroco di Boissano, ridente cittadina di 2.424 anime in provincia di Savona. Questa contrapposizione, niente affatto velata, fra chi dorme temporaneamente nelle tende e chi nei centri di accoglienza suona come una bestemmia se enunciata da un sacerdote. Per il quale dovremmo essere teoricamente tutti fratelli, almeno così mi pare si dica nei Vangeli.
A parte chi aveva casa da quelle parti per usarla esclusivamente per le vacanze, sulla disponibilità degli altri a spostarsi lontano dai propri luoghi nutro seri dubbi. Avvalorati dalla loro ferma opposizione a tenere i funerali dei propri cari a Rieti. Hanno protestato ed ottenuto che si rimanesse sul posto.
Ripercorrendo con la memoria quanto accaduto ad esempio a l’Aquila, tramite i miei contatti del posto ho recepito più volte dai terremotati di allora l’esigenza di rimanere aggrappati alle proprie radici, nella propria città. Anche sotto le tende o dentro i container. A maggior ragione, presumo, questo sentimento credo sia ricorrente anche negli amatriciani. Molti di loro vivono dei frutti della terra e di allevamento, producendo fra l’altro prodotti di eccellenza. Ad Amatrice e dintorni non esiste più alcuna struttura idonea ad ospitare nessuno, bianco nero o giallo che sia. Come anche ad Accumuli ed Arquata. Ciò significherebbe trasferirli altrove, almeno quei pochi disponibili a spostarsi. Diverse strutture alberghiere in tutto il Paese hanno già offerto la propria disponibilità, proposta generosa alla quale però non mi sembra sia corrisposto un grande riscontro positivo da parte dei senza tetto. Comunque, a mio giudizio questo prendere a pretesto la tragedia del terremoto al fine di accanirsi sugli immigrati, ospiti nella realtà di strutture spesso fatiscenti e sovraffollate, è la reazione più repellente e vergognosa che ho letto in quei giorni su Facebook.
O almeno lo era. Un tweet di Rita Pavone ha messo in luce anche il rovescio della medaglia. Tanto per spazzare via eventuali dubbi sul legame fra stupidità delle persone ed idee socio-politiche dichiarate. Le sue parole sono semplici e chiare: «Tende no! Se ospitiamo in albergo coloro che accogliamo quotidianamente, a maggior ragione lo si faccia per i nostri connazionali terremotati». Non ci dovrebbe essere margine per cattive interpretazioni, ovvero trattiamo al meglio anche i nostri concittadini.
Apriti cielo! L’hanno coperta di improperi di tutti i tipi, insulti ed accuse di razzismo. In fondo ha detto una cosa scontata e condivisibile. Sempre facendo salva, a mio parere, la volontà o meno dei senza tetto a trasferirsi altrove. Ribadisco, strutture alberghiere integre nelle immediate vicinanze non mi sembra siano disponibili. Da quanto ho letto, la Protezione Civile avrebbe proposto per l’ospitalità alcune strutture di Rieti. Che non sta proprio dietro l’angolo.
Probabilmente il difetto principale di Twitter è il numero limitato di caratteri utilizzabili nel singolo tweet. Altrimenti Rita Pavone avrebbe potuto forse aggiungere “una volta terminata l’emergenza” o cose simili. In fondo bisogna essere bravi nell’utilizzare quella piattaforma, infatti personalmente evito di farlo. Si può incorrere in un pensiero forzatamente troppo compresso nell’estensione, tanto da non essere ben compreso oppure male interpretato. Evenienza non remota, infatti il tweet in questione è stato immediatamente inquadrato come razzista da molti, le feroci critiche hanno indotto Rita Pavone a reagire mica tanto bene.
Quanto ho riassunto è difficilmente riconducibile ad una singola ragione specifica. La parte del leone probabilmente spetta alla facile creduloneria di migliaia di persone, impegnatissime nel condividere notizie e dati totalmente o parzialmente fasulli. I social media sono uno strumento fantastico, consentono la diffusione in tempo reale di contenuti a livello globale. Ottimi per contrastare l’informazione parzializzata dai media tradizionali, che troppo spesso usano il silenziatore e si adeguano supinamente ai poteri dominanti. Però vanno utilizzati meglio.
La forza (ma anche la debolezza) del social sta nella estrema facilità con la quale è possibile condividere qualsiasi cosa. Meccanicamente, basta un clic per aumentare in progressione geometrica la diffusione di un contenuto. Se questo abbia o meno un fondamento reale passa in secondo piano. Solo alcuni ne verificano la fondatezza prima di farlo proprio, la maggior parte agisce così semplicemente per affinità al proprio pensiero. Indipendentemente dalla veridicità del fatto.
Sfruttando la superficialità diffusa negli utenti, penso sia piuttosto evidente un grande fenomeno speculativo. Ho come il sospetto che esistano centri, più o meno coordinati fra loro, dediti a propagare notizie, foto, video, slogan costruiti appositamente per spargere una grandiosa quantità di merda. Scusate il termine, mi sembra però quello più adatto.
Tutto ciò produce due conseguenze. La prima l’aveva scoperta già un certo Joseph Goebbels molti anni fa: “Ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità“. L’altra invece è l’insinuazione del dubbio su quanto troviamo nei social. Ovvero, più menzogne saranno presenti e maggiormente si tenderà a ritenere poco affidabile il media. Un metodo come un altro per spuntare un mezzo di comunicazione potentissimo.
Due mesi esatti dopo il terremoto: le grandi passioni condivisorie sono cessate del tutto. Sui social ora si parla di altro: del referendum, di calcio e altre amenità, mentre cagnolini e gattini sono tornati alla grande a troneggiare su molte bacheche virtuali. Il terremoto di Amatrice, Accumuli ed Arquata del Tronto sembra totalmente dimenticato.
Concludo con una frase dello scomparso Paolo Poli, credo si adatti bene a tutto ciò: «La mente è come l’ombrello: per funzionare deve essere aperta»
(sf)