Il caso Selvatici e il liberalismo della stampa
24 Ottobre 2009Ferruccio De Bortoli, un liberale o un moscardino?
di Salvatore Sechi per www.radicali.it
Qualche giorno fa, sul programma del canale “Tv7”, diretto da Gad Lerner, abbiamo assistito ad una farsa, pomposamente chiamata guerra tra liberali. Tali sono spacciati il fondatore de “La Repubblica”, Eugenio Scalfari, e il direttore (per la seconda volta) del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli. Francamente la querelle ha assunto pieghe mollicce da salottino romano, se non movenze da ballatoio.
Scalfari accusa il suo collega di Via Solferino di essere un pò vile, un po’ moscardino. Sarebbe, in realtà, un protettore di Berlusconi solo perchè non schiaccia bene in testa l’elmetto e sguaina lo spadone a difesa delle ragioni, e dei modi, con cui il direttore del quotidiano del finanziere Carlo De Benedetti (Ezio Mauro) mette da qualche anno alla berlina Silvio Berlusconi. Gli sta in cagnesco sia quando non dorme solo nei lettoni di Palazzo Grazioli sia quando farebbe leggi cucite sulla sua persona o spadroneggia in troppe Tv. Insomma, il premier approfitta così della licenza di quasi monopolio assicuratagli dalla complicità/ inettitudine dei governi Prodi e D’Alema. Del conflitto di interessi amano solo ciarlare come comari al mercato.
De Bortoli si difende in punta di piedi e di penna. Usa la panna più che le ruvidezze del rosso di peperone. A ragione, rivendica a sè il merito (e l’orgoglio) di non essersi schierato, e di non volersi schierare nella guerra scatenata da “La Repubblica” contro “Il Giornale” (di proprietà del fratello di Silvio, Paolo Berlusconi) e da “Libero”, diretto da Maurizio Belpietro. Che rendono pan per focaccia.
In questa guerra, iniziata da Carlo De Benedetti, la posta in gioco è la demolizione dell’avversario, costi quel che costi, insieme all’appropriazione di grossi pacchetti di miliardi.
Infatti dai tre quotidiani, come succede sempre nelle guerre di successione al premier, sono scomparse progressivamente le notizie. Tutto lo spazio è occupato da randellate e denunce di rispettivi malaffari, scollature e buchi neri nelle biografie, soqquadro di passato e presente di padroni,servitori e giornalisti.
Per la prima volta, non i lettori del “Corriere”, ma gli ascoltatori di un programma televisivo, vengono a sapere che De Bortoli ha compiuto delle gesta da sciamano. Eroiche e quasi aggressive. Da combattente di prima fila.
Infatti l’ultimo erede di Luigi Albertini si sarebbe opposto alla guerra in Iraq di Bush, allo scudo fiscale di Tremonti, alla querele (con risarcimento miliardario) del Cavaliere nei confronti de “La Repubblica” e de “l’Unità” ecc. Temo che pochi se ne siano resi conto. Infatti De Bortoli non ha il fisico del gladiatore né del campione di lotta greco-romana. Nè promana gusto o interesse per gli schiamazzi, e neanche per le polemiche.
De Bortoli sembra un signore di buone maniere. Ama la pace sociale. Osteggia le disfide e i contenziosi. Propende per i sermoni, anzi le prediche morali (inutili come diceva Einaudi, sempre diffusamente citato). Dal suo maestro e donno Paolo Mieli, ha ereditato un momio, come dicono i cileni, un quotidiano-mummia.
Il “Corriere” esibisce ogni giorno, come in un museo incartapecorito, le solite facce e firme da almeno ventanni. E’ dislocato a sinistra anche se vellica il conservatorismo della sua borghesia, che a Guido Rossi preferisce Alberto Quadrio Curzio e lo stesso Michele Salvati. Senza identità nè capacità di rinnovamento, il foglione di Via Solferino è un giornale che perde copie e influenza. Non è autorevole, ma il dagherrotipo solenne di un passato irripetibile. Con De Bortoli cerca di tenersi a galla, abbassando i toni e gettando acqua sul roveto ardente di Mauro e Belpietro-Feltri.
A forza di curare la sobrietà, senza scadere nel disimpegno, acuisce la nevrosi da cerchiobottismo inventata da Mieli. In questa altalena il vecchio specchio dell’Italia liberale finisce per rendersi invisibile fino a morire.
Ne volete la prova? Di fronte alle carte rinvenute negli archivi cecoslovacchi dal giornalista bolognese Antonio Selvatici sul genero del generale pacifista (non discaro alla Stasi). Nino Pasti, Corrado Augias, “Il Corriere” imita “La Repubblica” e i giornali di sinistra, con l’eccezione de “Il fatto”. Si toglie dalla penna, anzi lo si abroga, il nome del reprobo. Nelle redazioni dell’Ulivo e dei piagnoni del centro-sinistra non si deve sapere che chi ha scoperto le carte su Augias (per la verità di scarso interesse, se si legge la biografia del gen. Pasti) ha scritto libri, per Il Fenicottero, subito ritirati (da qualche manina provvidenziale) dalla circolazione.
Si intitolava “Prodeide”. Era una biografia non autorizzata del maestro di Selvatici, Romano Prodi, sui suoi rapporti con le imprese e in generale gli affari (tutto lecito,ovviamente). C’è anche un profilo sullo stesso spartito dedicato al “Pci spa.Partito mobile e immobile. Anch’esso diventato una raretè bibliografica.
Sarebbe interessante sapere come mai dopo queste imprese editoriali su Il Fenicottero, Selvatici abbia cessato di fare il ricercatore universitario. Finisce per riciclarsi come giornalista, collabora anche al bel volume di Valerio Riva, “L’oro di Mosca”, edito da Mondadori, ma finisce per tirare a campare razzolando tra calcinacci e pontili, cioè fa il muratore. Lentamente risale la china e diventa un piccolo imprenditore edile. Una storia classicamente emiliana. A lui non viene perdonata. Perchè?
Non è la cazzuola a intimorire, ma ciò che Selvatici scrive. Oggi è in libreria, edito coraggiosamente da Pendragon, una passeggiata tra le carte accessibili in Cecoslovacchia “Chi spiava i terroristi. Kgb, Stasi, Br, Raf. I documenti dei servizi segreti dell’Europa orientale”. E’ la storia non solo dei terroristi che venivano allevati dall’Urss e dai compagni di Praga, ma anche dei comunisti (soprattutto emiliani). Grazie a “Notizie Radicali” di Vater Vecellio ho potuto ricordare di recente quanto “Il Corriere della Sera” mi aveva negato (non ospitando una mia lettera – essere forte con i deboli e debole con i forti è sempre una regola di Lor Signori della stampa – su “Berlinguer e i campi para-militari in Cecoslovacchia”).
Selvatici conferma che dopo il 1945, avendo scannato più di un fascista, di un prete, di un agrario, molti ex partigiani vennero condannati dai tribunali del dopoguerra e ripararono (grazie all’iniziativa de PCI) in Europa orientale. Sostarono soprattutto in Cecoslovacchia (come dimostra Selvatici, sostenendo una diversa da quella di Fernando Orlandi nel volume da me curato, “Le vene aperte del delitto Moro”, Pagliai editore, Firenze) a munirsi di ideologia marxista-leninista e a prepararsi per un secondo ciclo di lotte. In Italia,infatti, Togliatti aveva identificato la Dc e governi centristi con “il fascismo che torna”. Una volgare mistificazione della realtà.
Tutto ciò non si deve sapere. La costola bolognese del “Corrierone”, “Il Corriere di Bologna”, è un impavido conservatore degli scheletri nell’armadio. Parla di fuffa e muffa, reclutando gli intellettuali da regime interno della città, o i maggiordomi del Pd, ma a Selvatici non può dedicare una riga.
Invece la casa madre, gli dedica un articoletto “Augias: io spia? Con quel ceco frasi da cena”, in cui ne tiene nascosto il nome. Questo segreto serba tenacemente anche Antonio Carioti che interroga un gruppo di storici a parlare dell’ombra degli anni Settanta, ma all’articolo di Selvatici, che è all’origine di questa vicenda, non fa, ahimè, alcun riferimento.
Al “Corriere della Sera”, se trovi un liberale trovi un tesoro. Un po’ di pudore e di coraggio, caro De Bortoli, se non vuole diventare quel che in parte è, cioè un clone di Ezio Mauro. Oltrechè su Selvatici, è stato mantenuto un silenzio tombale sul recente libro di Gabriele Paradisi, “Periodista, dì la verdad”, Franco Giraldi editore, Bologna. In maniera ineccepibile, l’autore ha dimostrato che le punte avanzate di “La Repubblica”, Bonini e d’Avanzo, sulle spie sovietiche, Scaramella, lo stesso Guzzanti si erano inventate interviste semplicemente inesistenti. Tutti questi sono piatti di portata non da regime liberale, ma rigorosamente sovietico. Bisogna, dunque, rovesciare il tavolo per poter dare le notizie?
3 commenti presenti
Liberalismo…liberalismo.
Scritto da asdrubale il 25 Ott 2009
Ho letto il libro di Paradisi, leggero’ anche quello di Selvatici. Per curiosità: chi ha scritto questo articolo?
Scritto da Luigi il 26 Ott 2009
l’articolo è di Salvatore Sechi, ho aggiornato anche il link alla fonte
Scritto da Sergio Fornasini il 26 Ott 2009