In Italia il “vero” tasso di disoccupazione è più alto
4 Settembre 2010Pensate che il tasso di disoccupazione sia in Italia circa l’8%? Vi sbagliate, secondo due economisti di “noisefromamerika”, un sito web curato da un gruppo di docenti universitari italiani che lavorano negli Stati Uniti. Lo sostengono Giulio Zanella e Michele Boldrin. Il loro articolo risale ad alcuni mesi or sono, ma le loro considerazioni rimangono valide ugualmente.
Innanzitutto può essere utile riportare la definizione comunemente accettata di tasso di disoccupazione. Tale tasso è dato dal rapporto tra disoccupati e forze di lavoro (quest’ultima variabile è ottenuta sommando i disoccupati agli occupati).
Qual è il ragionamento di Zanella e Boldrin?
“Disoccupazione al 15,8%. In Spagna? No, no, proprio in Italia. Tra un anno? No, no, proprio adesso. Basta avere la decenza di non nasconderci dietro a un paio di dita e di sommare le percentuali che vanno sommate.
Le statistiche ufficiali danno il tasso di disoccupazione in Italia all’8,3% durante l’ultimo trimestre per i quali le stime sono disponibili, ossia il quarto trimestre 2009. Questo numero è inferiore sia alla media dell’area Euro dove è stimato al 10% (con un’impressionante massimo del 19,1% in Spagna a marzo 2010) sia agli Stati Uniti dove il mese scorso si assestava al 9,9%.
Il tasso di disoccupazione è un indicatore piuttosto povero dello stato del mercato del lavoro, per una serie di ragioni che si spiegano nei corsi base di macroeconomia (e che vanno dalla natura ciclica del fenomeno alla definizione elusiva del concetto stesso di disoccupazione). Tuttavia è un indicatore di facile comprensione e per questo riceve grande attenzione da parte dei mezzi di informazione e dei politici. Vale quindi la pena spenderci una parola, anche se scopriamo che l’hanno già fatto Giornalettismo, polisblog.it, e persino la CGIL. Non importa, repetita iuvant.
Il fatto che in Italia la disoccupazione ufficiale sia rimasta relativamente bassa durante la recessione mentre amentava più rapidamente altrove, ha certamente fatto piacere a molti e comodo a molti altri per poter dire che – in fondo vedete? – non siamo così male e reggiamo bene l’urto rispetto al resto d’Europa…”.
Zanella e Boldrin passano poi ad esaminare i dati sulla disoccupazione annua media dal 2005 al primo trimestre 2010, utilizzando le statistiche del lavoro dell’OCSE:
“Sembriamo i più virtuosi di questo gruppone dopo la Germania (la stima OCSE per l’Italia, nel primo trimestre 2010, è un ragionevole 8,6%, prendiamo nota). Ma non è così. Vediamo perché, mettendo insieme in modo sistematico una varietà di osservazioni già fatte, in modo sparso, da vari altri osservatori ed in altri siti ed aggiungendo un pelino di nostro.
Ora, se prendiamo la definizione tecnica di disoccupazione (non essere impiegati sul mercato ricevendo un salario ed essere in ricerca attiva di tale impiego) non c’è nulla da aggiungere e i numeri sono quelli.
Ma se guardiamo per un momento alla sostanza al di là delle etichette statistiche (chi sono e cosa fanno le persone che ci sono dietro ai numeri, diceva Soru …) allora ci sono due osservazioni rilevanti.
Primo, in Italia nell’ultimo anno si è fatto ricorso massiccio alla cassa integrazione. I cassintegrati sono de facto disoccupati (sono persone che non lavorano ma vorrebbero lavorare) ma non lo sono secondo la definizione usata dall’Istat (che si appoggia sul fatto che non dichiarano di cercare lavoro perché ricevono uno speciale sussidio in virtù del quale sono solo ‘sospesi’ dalla prestazione ma restano legati al datore di lavoro). L’articolo di Giornalettismo linkato sopra documenta che questi sono il 3,1% della forza lavoro. Prendiamo nota.
L’OCSE pubblica anche interessanti stime dell’incidenza dei lavoratori scoraggiati dal cercare lavoro. Un lavoratore scoraggiato è una persona che non ha lavoro ma non è nemmeno disoccupata perché non lo sta cercando a causa della situazione economica. È un indice interessante da osservare perché durante le recessioni il tasso di disoccupazione potrebbe risultare artificialmente basso proprio perché tanti ex-lavoratori non si prendono la briga di cercare lavoro (condizione essenziale per essere elencati fra i disoccupati secondo la definizione usata universalmente).
L’OCSE, come potete verificare, pubblica questa stima considerando quelli che tra questi lavoratori scoraggiati sarebbero disposti a lavorare se ne avessero l’opportunità. E li quantifica relativamente alla forza lavoro.
Anche questi sono de facto disoccupati allora, se guardiamo alla sostanza del fenomeno. Quanti sono in Italia? Tanti, stima l’OCSE: il 4,1% della forza lavoro. E sono molto più che altrove…”.
A questo punto Zanella e Boldrin fanno una semplice somma 8,6% (tasso di disoccupazione ufficiale) + 3,1% (percentuale dei cassintegrati) + 4,1% (percentuale dei lavoratori scoraggiati) = 15,8% (vero tasso di disoccupazione).
E i due economisti proseguono:
Se non è il 20,3% della Spagna (facendo lo stesso conto per loro che hanno un 1,2% di disoccupati scoraggiati rispetto alla forza lavoro ma non hanno alcuna cassa integrazione) poco ci manca…”.
In sostanza quindi i due economisti rilevano che, se si considerano anche i cassintegrati e i lavoratori scoraggiati come disoccupati, il vero tasso di disoccupazione in Italia è pari a circa il doppio di quello che viene rilevato dall’Istat e diventa anche superiore al tasso di disoccupazione che si verifica in molti altri paesi dell’OCSE. Quanto sostenuto da Zanella e Boldrin. a mio avviso, non fa una piega. Dimostra, fra l’altro, che le statistiche ufficiali non vanno prese sempre per oro colato ma devono essere valutate ed interpretate con attenzione. Nel caso specifico si evidenzia che in Italia, attualmente, il fenomeno della disoccupazione è molto più grave di quanto possa apparire e di quanto vogliono farci credere i nostri governanti. Sarebbe bene, inoltre, che l’opposizione utilizzasse questi argomenti, ma come per altre questioni rimane invece silente, purtroppo.
(dal blog di Paolo Borrello)
5 commenti presenti
Lavoratori scoraggiati. Mi mancava.
Non è che magari sono semplicemente lavoratori in nero e che quindi, tecnicamente, la loro percentuale dovrebbe essere sottratta invece che sommata?
Per favore. Sulle persone che “vorrebbero” lavorare, ma non ci riescono, dovremmo fare delle considerazioni di tipo sociale piuttosto che matematico.
Saluti
Scritto da Dean Keaton il 6 Set 2010
I dati ISTAT che riguardano gli occupati prescindono dall’esistenza o meno di un contratto di lavoro e dalla regolarità del rapporto di lavoro pertanto comprendono anche lavoratori in nero. Il che non esclude il fatto che un lavoratore in nero si dichiari disoccupato all’intervistatore. Non è possibile dire quanti occupati in meno e quanti disoccupati in meno ci sarebbero scomputando i lavoratori in nero da una parte e dall’altra. In realtà l’ISTAST potrebbe dirci quanti lavoratori senza contratto risultano dalle sue rilevazioni sugli occupati, ma si guarda bene dal dircelo…
Scritto da Claudio il 14 Set 2010
In sostanza è più probabile che in Italia i disoccupati siano un numero inferiore rispetto a quanto dichiarato dall’ISTAT. Non certamente di più. E che molti che reclamano onestà a gran voce siano essi stessi dei disonesti.
Con buona pace di chi paga le tasse.
Saluti
Scritto da Dean Keaton il 15 Set 2010
so solo una cosa oho 39 anni 2 figli e nn ce la faccio piu sono senza lavoro da mesi e nn ti si fila nessuno scusate ma sono arrivato alla frutta vorrei morire
Scritto da martucci vincenzo il 8 Mar 2012
sapete i miei operai li tratto bene quando ce da lavorare bisogna darci dentro gli amici che ho sono brava gente che mi aiuta a gestire la situazione ma e’ lontano anni luce il guadagno che dicono loro ci si deve accontentare ,la diosonesta’ lo sappiamo e dappertutto costruisco case da oltre 30 anni diciamo la mia azienda e’ sana principi morali sani
Scritto da loris il 16 Apr 2012