UNA STORIA VERA: LA BANCA CHE SUGGERISCE IL MIGLIOR MUTUO
3 Aprile 2009di Gianluigi De Marchi per dituttounblog.com
Mio fratello da anni ha un mutuo a tasso variabile. Glielo aveva suggerito il direttore di banca qualche anno fa, spiegandogli (lui aveva chiesto un prestito a tasso fisso) che era meglio optare per una soluzione che gli avrebbe consentito di beneficiare del ribasso del costo del denaro.
Qualche settimana fa, effettuato un controllo dell’ultima rata, si è recato allo sportello per protestare perché, secondo lui, il tasso era eccessivo rispetto al costo del denaro. Il direttore lo ha ricevuto con garbo, gli ha spiegato che si trattava di una rata semestrale, quindi il livello indicato era relativo a sei mesi prima, e che ovviamente la rata in scadenza ad aprile sarebbe stata calcolata ai livelli attuali.
Ma non si è fermato qui. Gli ha anche suggerito di passare al tasso fisso, approfittando del previsto ribasso del tasso ufficiale della banca centrale europea (puntualmente avvenuto ai primi di aprile). “Ma quanto mi costa il cambio?“. “Nulla” gli ha risposto sorridendo il direttore.
Detto, fatto, ha trasformato il contratto firmando quello nuovo nel giro d 10 minuti, oggi paga il 2,5% per prossimi 13 anni che restano alla scadenza. Un esempio bellissimo di ottima consulenza, di trasparenza, di efficienza e di disponibilità alle esigenze della clientela.
Ah, dimenticavo, mio fratello è residente in Svizzera e la scena si è svolta in una banca di Lugano…
E allora facciamo un paio di considerazioni.
Quanti in Italia ricevono lo stesso trattamento?
Quanti possono oggi trasformare (come è giusto, dato il costo quasi nullo del denaro) un mutuo dal tasso variabile a quello fisso al 2,5% annuo d’interesse?
Quanti riescono a trasformare un mutuo con un costo pari a zero in poco più di dieci minuti?
E soprattutto: perché la filiale svizzera di una banca italiana si comporta in maniera diversa da una banca italiana operante in Italia?
Sono domande che hanno la solita, nota risposta: perché in Italia il sistema è falsamente concorrenziale, perché ogni istituto di credito misura la propria efficienza non sulla capacità soddisfare il cliente, ma sulla capacità di produrre utili mostruosamente elevati per distribuire ai dirigenti bonus faraonici (finendo, però, con il cappello in mano, a chiedere l’elemosina di Stato).
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