La banderuola
10 Gennaio 2011Ammetto di non aver mai nutrito una particolare simpatia per Vittorio Feltri. Ho sempre pensato che fosse un disciplinato apostolo del catechismo berlusconiano. Ovviamente non mi sbagliavo. Fin qui poco male, la cosa è risaputa ed è assolutamente ininfluente, visto che ognuno può scegliersi l’idea ed il leader che gli pare.
Ho sempre pensato che Feltri fosse, però, anche il creatore o perlomeno il principale protagonista di un giornalismo incivile. Deve esser chiaro che non penso che la stampa di centro-destra sia composta da cloni lobotomizzati teleguidati dal burattinaio arcoriano, ma anzi ritengo che essa meriti quel rispetto ed abbia quella dignità che solitamente e senza troppo sforzo si riconoscono agli altri organi di informazione.
Tutto ciò premesso, percepivo Feltri come un minaccioso ed aggressivo pescecane della carta stampata, il campione della “violenza” giornalistica contro gli avversari ( politici e non ), il re dell’eccesso e della sguaiataggine, il rabbioso e casinista custode del foglio più filogovernativo dell’universo. Per farla breve, uno che esagerava.
Ascoltare le parole da lui pronunciate nella raffinata cornice invernale di Cortina mi ha colpito. Sentirlo gaudiosamente prendere per i fondelli il presidente è stato sorprendente.
Non credo si sia trattato di una svolta ( berlusconiano era e berlusconiano rimane ) ma della spia di un cedimento o quantomeno di una fluidificazione nella tradizionale compattezza della stampa pidiellina.
Non è un caso che Feltri abbia da poco spostato il suo campo base dal Giornale a Libero e che dunque non sia più stipendiato dalla famiglia Berlusconi.
Pare che Alessandro Sallusti, il nuovo direttore del Giornale ed allievo di Feltri, non l’abbia presa benissimo. Interpretando le parole dell’anziano maestro come un tradimento, ha fulmineamente vergato uno sdegnato editoriale ( sovrastato da uno di quei mega titoloni che solo al Giornale sanno fare ) nel quale ha attaccato la banderuola Napolitano e la banderuola Feltri, il primo per la sua ( presunta ) inadeguatezza a parlare di patria visti i suoi giovanili sentimenti per la bandiera rossa, il secondo per aver compiuto un analogo spostamento dal vessillo azzurro agli stendardi dell’odiatissimo fronte finiano-dipietrista.
Tutta questa fantascienza prolifera nei reconditi anfratti della redazione del Giornale. Certo, sarebbe davvero curioso se la fantomatica macchina del fango cominciasse a spalare sporcizia su uno dei più inossidabili corifei del giornalismo conservatore, cioè su colui che del marchingegno fangoso è ritenuto da taluni il macchinista.
Sallusti se l’è presa troppo. Feltri ha solo fatto capire qualcosa di scontato e cioè che dopo il 2013 ( se il governo ci arriva ) per Berlusconi non ci sarà né un nuovo incarico governativo né tantomeno una poltrona al Quirinale. Ci sarà soltanto una poltrona in parlamento e probabilmente non tra i banchi della maggioranza.
Francesco Ginanneschi
(oggi su libero.it la replica di Feltri)
3 commenti presenti
AH, perche’ sono cosi’? Perche’ e’ per me irresistibile commentare articoli sulle baruffe tra giornalisti, specie se scritti con poco costrutto, piuttosto che commentare gli altri post seri di questo blog?
Gentile Ginanneschi, ma che cosa ha voluto significare con questo suo pezzo? Qual e’ il messaggio che vuole trasmettere? Io sinceramente non l’ho capito? Riesco solo a capire: Feltri mi faceva schifo, mi fa ancora schifo ma siccome mi parla “male” di Berlusconi mi fa meno schifo ma Sallusti si’ che mi fa schifo?
A parte la scoperta dell’acqua calda, qual e’ la parte informativa del suo pezzo? Quale il contenuto per cui noi lettori dovremmo riflettere o che dovremmo ricordare?
Scusi la vena polemica ma siamo tra adulti.
Scritto da Luigi il 11 Gen 2011
Caro Luigi,
mi addolora la carenza di “costrutto”, come dice lei, ma sono solo modestissimo ed occasionalissimo commentatore che, consapevole dei propri limiti, non vuole certo gareggiare con i fuoriclasse del suo calibro.
Mi permetta però di replicarle e di offrirle una chiave di lettura del mio breve articoletto, una sorta di “interpretazione autentica”.
Tanto per cominciare, a me non fa schifo nessuno. Feltri non mi fa schifo. Sallusti idem. Questo non significa che io non possa criticarli. Questo faccio: li critico perchè, pur nella legittimità delle loro idee e della loro collocazione politica, portano avanti un giornalismo che spesso presenta punte di eccessiva aggressività, spesso concentrandosi per mesi su un solo sciagurato obiettivo ( vedi Fini ).Ho solo cercato di ricostruire sinteticamente l’ultima vicenda utilizzando un un po’ di ironia.
Credo che ci sia qualcosa di estremamente interessante su cui riflettere e che forse non viene sempre colto nella sua portata, ossia il vasto e profondo movimento tettonico che da diversi mesi ormai scuote il “continente” del centrodestra. In un futuro prossimo ci renderemo conto dei reali effetti di questo lavorio, che potrebbe ( badi al condizionale ) condurre all’uscita di scena di Berlusconi.
Feltri ha percepito questo stato di cose e si è un po’ sbottonato in un incontro pubblico.
Visto che, come lei ci ricorda, siamo tra adulti e, aggiungo io, liberi pensatori,credo che riflettere senza pregiudizi su tutto ciò sia molto importante.
A meno che non ci sia tra noi qualcuno pronto a giurare sul fatto che nulla è cambiato e che il bene ed il male sono, in politica e nella società, ben separati e distinti.
Qualche Fede e qualche Bondi, voglio dire.
F.G
Scritto da Francesco Ginanneschi il 12 Gen 2011
Riflettete un momento (e scusate l’incursione veloce non soggetta a correzione).
Feltri, a dire quello che gli passa per la testa di bergamasco, non rischia nulla. Divenuto ricco con “premi di percentuale” sull’aumento di copie vendute dei giornali che ha diretto, e con le superlative liquidazioni al momento del congedo, oramai gioca al giornalista aristocratico che scimmiotta l’algido Montanelli (il quale si faceva capire con una battuta caustica, dietro la quale però c’era un coltissimo retroterra e una esperienza furba e maledettamente toscana). In fondo Feltri è un pensionato di lusso che si permette certi azzardi di penna senza troppi sforzi di lavoro (lasciati ai volenterosi collaboratori) perché il mercato esige caratteri come il suo; ma ciò avviene a detrimento dell’autorevolezza dei giornali che dirige. Si dice: sì, però, è divertente, piscia in testa a chi gli pare, traduce in prosa teatrale il sentimento comune della presa per il culo dei potenti nei bar di quartiere, le analisi sono sempliciotte; però l’attendibilità è a rischio(e di più rischiano i valenti cronisti che pure lavorano per lui, trascinati nel vortice del gossip e della caciara che prevalgono nelle pagine a dispetto di certe inchieste ben documentate). Si dirà: ma non è forse questo il merito, il pregio e l’abilità di un giornalista, suscitare la curiosità dei lettori più avidi di sberleffi e di gogne, per realizzare il desiderio dell’editore, che vuole vendere di più, e della politica di riferimento, che vuole attirare i faziosi per farne uno zoccolo duro elettorale?
Mah, non se ne può fare una colpa, né a Feltri, né a Belpietro, che nascono cronisti di strada, mica analisti come Ostellino, e che quindi inseguono quello che loro garba del contingente, con ragionamenti che consolano od aizzano il pubblico che la pensa come loro.
E poi, oramai la carta stampata non si regge più sui grandi scenari descritti dai Barzini (che aiutavano a conoscere il mondo); e nemmeno i riassunti storici “mielosi” del Corsera riescono a innalzarne le quote. Valgono più ai tempi d’oggi i rapidi contenuti fruibili nella pausa caffè, i titoli esclamati nemmeno con arguzia, i commenti autoreferenziali e le liti astiose tra le comari del giornalismo contemporaneo (alle quali si aggiungono, spingendo nella fila, le voci ironiche dei Giordano che si ritagliano spazi proporzionati alle fedeltà, dove invano si cercheranno le sfide dei tempi di Malaparte e di Montanelli, di Longanesi, e perfino i dotti usi di fioretto di Spadolini.
Ma saranno la bulimia del bravo Gramellini, l’austerità del malinconico Calabresi, la sicilianità americanizzata e sinistra del Riotta senza più la montatura degli occhiali di Pappagone e sempre più riottoso al CdR, le pugnalate del placido Belpietro, i compiti ripetitivi di Facci e di Travaglio, a salvare il giornalismo del XXI secolo dalla “tendenza” del simpatico old man Feltri? O invece non sarà più utile affidarsi, a destra, ad esempio, agli editoriali “logici” di Ferrara e di Vespa, su Panorama, per capire eventualmente in che direzione si stia muovendo… il caos?
Scritto da Fabrizio Spinella il 13 Gen 2011