LA BORSA COME IL TOTOCALCIO?
7 Settembre 2017di Gianluigi De Marchi
Ero al mare, faceva un caldo atroce ed ho deciso di non andare alla spiaggia dove probabilmente mi sarei arrostito.
Ho cercato in libreria dove custodisco i libri che avevo comprato da ragazzo ed ho estratto un libro di Luca Goldoni dal titolo “Se torno a nascere”. Me lo sono letto d’un fiato, lo stile è scorrevole, i temi piacevoli, e mi sono trovato nella piacevole atmosfera di tanti anni fa.
Poi a pagina 98 mi sono ritrovato di colpo nel presente leggendo queste frasi: “I giornali da qualche tempo non fanno che parlare di questo nuovo Totocalcio scoperto dagli italiani, anche i settimanali femminili accanto alla rubrica dell’uncinetto insegnano alle massaie a dare la scalata a Mediobanca. So che la Borsa in teoria dovrebbe, attraverso le azioni acquistate dai risparmiatori, fornire denaro alle industrie; ma che però, in pratica, è diventata un grande gioco fine a se stesso, con le sue regole, i suoi umori, i suoi professionisti, i suoi dilettanti, i suoi bari.”
Rileggete parola per parola e poi non dite che oggi è diverso; e se lo è, è solo perché invece di usare sistemi “primitivi” (quotazione “alle grida”, vi ricordate le scene del film L’eclissi di Antonioni con gli agenti di cambio che strillano per comprare e vendere Generali o ENEL?) si usano sistemi tecnologici, perché basta un clic sul PC per spostare un miliardo di dollari dal Nasdaq a Francoforte.
“Un grande gioco fine a se stesso”…
Purtroppo si ha l’impressione che Goldoni abbia visto giusto. Qualcuno crede ancora in buona fede che la Borsa italiana salga perché l’economia va bene, che le azioni di Mediaset crescano perché i programmi di Cabale 5 sono visti da tanta gente, o che le obbligazioni subordinate di Banca Marche rendano meno dei BTP perché la banca è solida e presenta meno rischi dello Stato italiano?
La risposta razionale è: NO. Gli andamenti sono erratici, dipendono dalle scelte di grandi investitori internazionali che muovono le loro pedine sul tabellone del Risiko finanziario mondiale (nel caso della Borsa), o di manovre per la conquista del controllo societario (nel caso di Mediaset) o dalla malafede dei funzionari di banca che vendevano carta straccia agli sportelli gabbando i clienti (nel caso di Banca Marche).
E basterebbe leggere certi commenti ai trend dei mercati per capire che neppure i cosiddetti “esperti” capiscono cosa stia succedendo. Provate a leggere con attenzione cosa succede quando il prezzo del petrolio sale e la Borsa sale, troverete frasi come: “Il rialzo del greggio, indicando una ripresa dell’economia mondiale, suscita positive reazioni tra gli operatori”. Ma rileggete il commento di qualche giorno o settimana precedente, quando il prezzo del petrolio era salito e la Borsa era scesa: “Il rialzo del greggio, riflettendosi in un aumento dei costi aziendali, ha pesato negativamente sulle prospettive dei mercati azionari”…
Il massimo l’ho letto (più volte) anche con riferimento a singole azioni. “Il calo del prezzo del petrolio ha influito pesantemente sul prezzo degli energetici (ENEL ed ENI) che hanno accusato flessioni del 2-3%”.
L’aumento del petrolio dovrebbe influenzare i prezzi delle due azioni citate, ma in maniera esattamente opposta, perché un calo del prezzo rappresenta un potenziale aumento degli utili per l’ENEL (che compra petrolio per produrre energia elettrica) ed una potenziale perdita per l’ENI (che vende petrolio e vede quindi ridursi i ricavi)!
Consiglio per i lettori: cercate di informarvi, di capire come si stia evolvendo la situazione economica e finanziaria nazionale ed internazionale, chiedete pareri a più persone e poi decidete cosa fare sapendo che, qualunque scelta fate, sarete al traino di chi decide come muovere le quotazioni. E sperate solo di azzeccare i titoli o i mercati che qualche “sultano finanziario” ha deciso di far salire…