La differenza fra i giornalisti televisivi italiani e gli altri
2 Aprile 2011Intervista rilasciata alla BBC dal nostro ministro degli Esteri Frattini. L’intervistatore, Jeremy Paxman, non si lascia sfuggire alcuno spunto per incalzare il ministro ed evidenziare le contraddittorie mosse del nostro Governo nello scenario della crisi libica. Questo non è dovuto al fatto che alla BBC stiamo antipatici, sia chiaro: negli altri Paesi la normalità è l’incalzare dei giornalisti quando pongono le domande, fanno semplicemente il loro mestiere. Il colloquio sarebbe stato certamente molto diverso se ci fosse stato un giornalista italiano a fare l’intervista: probabilmente si sarebbe limitato a reggere il microfono come accade abitualmente. Di seguito al video la traduzione, secondo me manca qualcosa ma le cose importanti ci stanno tutte.
Un consiglio: se sul vostro digitale terrestre o sul satellite ricevete la BBC sforzatevi di guardarla. Anche se non riuscite a capire benissimo l’inglese la vostra mente ne trarrà grande giovamento. (sf)
Frattini: “Gheddafi se ne deve andare”
Paxman: “Dove?”
F:“Non lo sappiamo ancora, spero in un paese africano”
P:“In quale paese africano?”
F:“Non possiamo saperlo”
P:“Perché non lo ospitate in Italia?”
F:“Lo escludiamo categoricamente”
P:“E perché?”
F:“Non vogliamo un dittatore”
P:“E perché non dite che deve comparire di fronte alla Corte internazionale di giustizia?”
F:“Dovrebbe, nessuno può garantirgli l’impunità”
P: “Quindi non può venire in Italia perché dovreste consegnarlo alla Corte?”
F: “Saremmo obbligati, ma ogni paese sarebbe obbligato”
P: “Perché qualcun altro dovrebbe ospitare Gheddafi?”
F: “E’ per questo che non ci sono proposte formali”
P: “Ma ha detto che qualcun altro dovrebbe prenderlo…”
F: “Sì”
P: “Ma non sa quale paese vorrebbe che lo ospitasse”
F: “Non lo so, perché non ci sono proposte formali”
P: “Perché altri paesi dovrebbero essere più disponibili dell’Italia”
F: “Il Colonnello ci ha attaccato, ha detto che abbiamo tradito, non lo possiamo più ospitare. Noi siamo il passato coloniale della Libia”
P: “Perché Berlusconi ha detto di essere ‘dispiaciuto’ per Gheddafi?”
F: “Ha fatto una distinzione tra i suoi crimini e il senso di pietà che va riservato a ogni essere umano”
P: “Scusi, non capisco…”
F: “Francamente, Berlusconi mi ha appoggiato pienamente”
P: “Sulla Libia, vi sentite imbarazzati in qualche modo dal passato del vostro Paese”
F: “Sì, per questo abbiamo firmato un trattato, perché siamo imbarazzati per le tante persone uccise dal fascismo in Libia”
P: “E i libici se ne ricordano..”
F: “Per questo vogliamo l’amicizia del popolo libico e diamo un forte supporto alla popolazione di Bengasi, riaprendo il consolato nella città”
P: “La aiuta nelle occasioni internazionali avere un primo ministro che non è preso seriamente?”
F: “Berlusconi ha vinto le elezioni, gli italiani sono liberi di scegliere i propri governanti”
P: “Ma lo sa qual è la sua reputazione, con la storia delle feste e tutto?
F: “Forse le persone non lo conoscono bene e completamente…”
P: “Lei è mai andato a uno dei suoi party?”
F: “Berlusconi è in grado di difendersi da solo, ma la gente non lo conosce”
4 commenti presenti
Bene. Un premier che sceglie un ministro degli Esteri come Frattini merita di governare. Quanto alla supponenza dell’intervistatore, essa è fronteggiata benissimo dalla sobrietà dell’intervistato. I giornalisti inglesi, poi, che sembrano maestrini seriosi (e a giudizio di una mia amica hanno le mutande sporche…), hanno cattivi imitatori in Italia. Il premier italiano che non sarebbe “preso seriamente” nelle occasioni internazionali? Non so come si traduca in inglese l’espressione gergale “‘sti cazzi!”… ma sarebbe una esclamazione da rivolgere all’intervistatore usando la flemma romana, perché da qualche decennio tutte le strategie politico-militari statunitensi verso il Medio Oriente e l’Asia Minore passano proprio dagli accordi con il premier italiano… il quale ha ottimi consiglieri come Frattini, a differenza di Obama che si fida della Clinton…
Scritto da Fabrizio Spinella il 2 Apr 2011
Mi chiedevo quale sarebbe stata la reazione dei in Italia se un’intervista del genere fosse stata fatta in Italia, magari alla RAI.
Da una parte l’immediata deificazione del giornalista e dall’altra una serie di articoli…. contro l’intervistatore
Del tipo:
– Come ha fatto ad entrare a lavorare alla Rai, e perché proprio lui, sicuri che non c’era nessun altro che lo meritava di più?
– Utilizza il servizio pubblico per scopi di partito, attaccando il governo ed i suoi rappresentanti, perché continuare a pagare il canone?.
– Parla lui, che ha costretto il suo editore a pagare danarosi risarcimenti per aver pubblicato alcuni articoli ritenuti diffamatori.
– ha le mutande sporche…
Saluti.
Scritto da tequilero il 3 Apr 2011
Caro Spinella,
qualsiasi giornalista o semplice osservatore sa bene di che tipo di fama gode Berlusconi all’estero. Non comprendo quale supponenza mostri l’intervistatore quando afferma che il nostro primo ministro non viene preso troppo seriamente all’estero, è un fatto piuttosto noto.
Mi fa piacere apprendere che tutte le strategie politico-militari statunitensi verso il medio oriente passino dagli accordi con Berlusconi, è molto confortante. Se è così, i suoi stessi giornali dovrebbero allora evidenziarlo con tutta l’enfasi con la quale beatificano qualsiasi gesto del Silvione nazionale.
E ancora: gli USA dovrebbero ricordarsi di invitarlo più spesso alle video-conferenze con i principali alleati
Scritto da Sergio Fornasini il 3 Apr 2011
Tequilero: la locuzione “ha le mutande sporche” è una metafora. Ancora nella polemica non si è arrivati all’ispezione genitale (ma poco ci manca: vedi processo Ruby).
In Italia, siamo sempre alle solite: qualunque cane-giornalista che abbaia dall’estero contro i nostri governanti, che insinua, o che mortifica, è un bel cane di razza. E i nostri cani-giornalisti, invece, che all’estero non se li fila (non li cita) nessuno, nemmeno quando abbaiano – mi scusi – per le scorregge editoriali della signora Blair e per i vizi del reame, sono poveracci.
Difendo un po’ la categoria giornalistica italiana: a dispetto dei raccomandati dei partiti in RAI, vere capre, ci sono pure eccellenze, come l’inviato in Libia del TG1 che ha magistralmente condotto delle interviste esclusive con garbo ma senza omettere le domande scabrose.
Mi dispiace, Fornasini, ma la diplomazia verso il Medio Oriente o l’Asia Minore non agisce per video-conferenze, buone per gli effetti mediatici, ma agisce in combutta con i militari, nel chiuso di stanze a prova di intercettazione. Decidono ensemble, diplomatici e militari, la politica ratifica. Anche Obama ratifica (ma prima chiama l’alleato B. che gli deve dare i lasciapassare per i bombardieri: lei lo sa, Fornasini, che con un poderoso NO! Craxi bloccò perfino il potentissimo Reagan, mettendo praticamente in mora per la prima volta dalla fine delle seconda guerra un codicillo del Trattato di Pace?)
Una cosa sono le situazioni personali e caratteriali, altra cosa è la prospettiva degli Stati. Tentiamo fermo questo punto fondamentale per i ragionamenti di politica estera nei blog, che vanno a rimorchio dei quotidiani, sia di quelli filogovernativi sia di quelli – più numerosi -antiberlusconiani. La dottrina delle Presidenze statunitensi verso l’area geopolitica ed economica del Mediterraneo è stata sempre influenzata da due problemi: guerra fredda con gli Stati del Patto di Varsavia e risorse energetiche. A proposito delle quali, è bene sapere che nel 1959 furono scoperti i vasti giacimenti di greggio in Libia, e che gli anglo-americani riuscirono a controllarli fino al 1973, quando furono sbattuti fuori da Gheddafi. Leggere al riguardo della Libia i documenti declassificati del Public Record Office di Londra e dei National Archives di Washington, risulterebbe utile per affrontare anche le questioni attuali perfino in un blog, senza sparare qualunquistiche ovvietà (almeno per quanto concerne la politica estera, che prescinde dal numero delle cazzate private e mediatiche – metaforiche e genitali – del Premier).
Scritto da Fabrizio Spinella il 4 Apr 2011