La favola del Grillo e della democrazia
7 Ottobre 2013Dallo stomaco di un’Italia incattivita era plausibile che risalisse con impeto un vortice rinnovatore, ma il suo diametro è stato molto superiore a quello previsto dagli istituti specializzati.
Il fenomeno politico e culturale del MoVimento 5 stelle , pur inserendosi di diritto nel quadro delle forze antisistema europee, si differenzia dai vari partiti estremisti che costellano il panorama continentale per tre profili specifici che lo rendono un vero unicum.
Il primo è costituito dal fatto che mentre gli altri partiti radicali europei si collocano a destra o a sinistra, il MoVimento italiano non riconosce la validità ( e nemmeno l’utilità ) di questa storica distinzione. Il MoVimento non si limita a dichiarare di non essere né di destra né di sinistra, ma aggiunge di essere così innovativo da posizionarsi “oltre” la destra e la sinistra. Da questo rigetto delle categorie classiche discende il ripudio della formula organizzativa del partito, inteso come apparato organizzato strutturalmente per il perseguimento di una chiara ideologia ( non necessariamente nel senso novecentesco della parola ). I pentastellati affermano che la loro casa politica è un movimento. La distinzione fra movimento e partito è però discutibile e il confine che separa i due mondi ( se si vuol credere che esistano due mondi ) non è facilmente percepibile e spiegabile. Nel ’93 i creatori di Forza Italia pensavano che il nuovo cartello conservatore dovesse essere un movimento , cioè avere una struttura leggera da contrapporre al partito della sinistra. Ancora oggi,occasionalmente, la definizione di movimento riaffiora nell’ambito del centro destra. Personalmente ritengo che sia preferibile usare sempre e indistintamente la parola partito per indicare qualsiasi soggetto politico presente e rappresentato nelle istituzioni. L’utilizzo del termine movimento dovrebbe essere circoscritto a quelle forze che agiscono esclusivamente a livello di società civile e che non hanno ancora conquistato una rappresentanza negli organi politici elettivi. Naturalmente non esiste un’unica tipologia di partito e infatti nella realtà troviamo un’ampia varietà di moduli organizzativi : leadership personale assoluta oppure contendibile, ricorso o meno alle primarie per scegliere determinate personalità, presenza di sezioni sparse sul territorio nazionale, funzionamento e denominazione degli organismi interni, struttura leggera oppure dominata dagli apparati,ecc…Il largo spettro di assetti approntabili è tutto compreso all’interno del genus partito, dal quale non è pensabile fuoriuscire. L’applicazione di questa rigida distinzione porta a ritenere errata o almeno fuorviante la qualificazione di semplice movimento che i pentastellati danno al loro soggetto.
La seconda specificità è individuabile nel consenso popolare che il MoVimento ha saputo ottenere. La martellante insistenza con cui è stata sottolineata l’estraneità alle categorie di destra e sinistra e la natura non partitica del M5S, ha attratto una frazione di elettorato molto estesa e ideologicamente disomogenea. Naturalmente non si può ridurre il rifiuto dei concetti tradizionali a mero espediente elettorale, ma sicuramente l’aver così marcato la propria diversità ( genetica prima ancora che programmatica ) dal resto dell’offerta politica ha permesso di conseguire un risultato ben più brillante di quanto fosse prevedibile. Il MoVimento è stato concepito dalla mente visionaria di Gianroberto Casaleggio, portato all’attenzione dei cittadini grazie alla forza comunicativa di un demagogo cresciuto nei teatri e nelle tv, e infine premiato alle elezioni. Tutto questo è avvenuto senza che vi fossero le reti di potere, le connessioni con i mondi non politici ( quello economico e finanziario in primis ), le strutture collaudate e gli organigrammi ben definiti che sono tipici di ogni partito tradizionale. Al momento non esiste in Europa un’altra formazione antisistema che sia riuscita a fare altrettanto. Come è stato possibile ? La risposta è che il M5S ha intercettato la dilagante delusione popolare, ha capitalizzato il discredito delle classi dirigenti e si è abilmente presentato come l’arca dei puri in guerra contro il sistema dei corrotti. La divisione manichea del mondo in buoni e cattivi e la sottoposizione al corpo dei votanti di un programma scintillante ( ma inconsistente, incoerente e largamente inattuabile come ogni programma viziato da eccessivo idealismo ) hanno permesso il grande successo. Una vera e propria allucinazione di massa.
Il terzo profilo fondamentale è costituito da internet. Si può dire che il MoVimento sia nato in rete. Le prime aggregazioni embrionali sono state le piazze virtuali chiamate meetup. Fino a non molti anni fa il leader visibile, Beppe Grillo, distruggeva hardware nel corso dei suoi show, fino a quando una sera, al termine di uno spettacolo, Gianroberto Casaleggio lo raggiunse in camerino per illustrargli le potenzialità immense della rete. Quella conversazione è stata l’inizio di un sodalizio che avrebbe portato al M5S e al trionfo morale del 2013. La valorizzazione degli strumenti più raffinati messi a disposizione dal progresso tecnologico comporta il superamento dei mezzi tradizionali, giudicati arcaici. La rete, nella cultura pentastellata, è il portale attraverso il quale si realizza un balzo in avanti dell’umanità paragonabile solo all’invenzione della scrittura. La condivisione dei saperi raggiunge con internet lo stadio estremo della capillarità, il potere trema davanti a cittadini internauti che hanno accesso alle più disparate informazioni, le televisioni e i giornali regrediscono sino a scomparire.
Enucleati i tre profili che mi paiono dominanti, vale la pena svolgere alcune considerazioni complessive.
Il modo in cui viene trattato il fenomeno del MoVimento è completamente sbagliato. In questi mesi i mezzi di informazione si sono concentrati molto di più di quanto avrebbero dovuto su aspetti francamente marginali come ricevute e rimborsi. Il MoVimento è stato innumerevoli volte ridicolizzato e i media dimostrano di non aver compreso l’enormità storica del fatto costituito dall’ingresso in Parlamento di una forza antisistema capace di coagulare il consenso di quasi nove milioni di persone. Insufficiente è stata la riflessione intorno all’ideologia che il M5S esprime.
L’ossessione per una classe di rappresentanti del tutto nuova e non compromessa con i partiti tradizionali si è tradotta nell’innalzamento allo scranno parlamentare di persone comuni, senza che vi fosse quell’opera di selezione che le forze politiche solitamente compiono attraverso le loro articolazioni periferiche e gli organismi centrali. La propaganda insistente dichiara che costoro hanno ricevuto un mandato dagli elettori e che devono rispettare questo vincolo stringente. La propaganda, prima delle elezioni, aggiungeva spesso che Grillo non poteva in alcun modo essere considerato un leader nell’accezione classica del termine, ma semmai un portavoce dei cittadini arrabbiati. La realtà è davanti agli occhi di tutti. Un malinteso senso dell’obbedienza al mandato popolare ( culminato nella bestialità di chiedere la riforma dell’art. 67 della Costituzione che vieta il mandato imperativo ) si traduce nell’assenza di libertà per gli eletti. Colui che doveva essere un semplice megafono popolare è invece un capo assoluto che non tollera il dissenso e reprime spietatamente ogni deviazione dalla linea.
Nel M5S sono distinguibili tre livelli. Il primo è costituito dai cittadini elettori. Sono persone che, indignate dall’oltraggioso spettacolo di inefficienze e malversazioni offerto dalla politica, hanno creduto alle promesse del MoVimento, hanno aderito ai suoi proclami e lo hanno sostenuto alle elezioni perché realizzasse quella frattura con il passato ritenuta ineludibile. A questi cittadini non possono essere mossi rimproveri, perché in democrazia ogni scelta è legittima e la loro buona fede non è in discussione. Il grado di adesione all’ideologia pentastellata che la maggior parte di costoro ha si ferma ad un generico e comprensibile desiderio di rinnovamento radicale.
Al secondo livello troviamo gli eletti, apparentemente in niente diversi dai loro elettori. La propaganda pentastellata ribadisce con vigore che gli eletti del MoVimento non sono politicanti irraggiungibili che hanno ormai smarrito ogni connessione con il Paese reale, ma sono viceversa le propaggini nel Palazzo degli elettori. Una differenza molto significativa tra i membri del primo livello e quelli del secondo è che questi ultimi esprimono con maggiore organicità l’ideologia del M5S. Temi come quello del superamento dei partiti, della purezza del MoVimento ( intesa come non contaminazione con le altre forze ) e della realizzazione della democrazia diretta, sono poco dibattuti tra le persone comuni, ma gli eletti li pongono ugualmente con una certa insistenza. Questa è la spia dell’esistenza di piani di lungo periodo che mirano a disaggregare dalle fondamenta la società e a riaggregarla in un’altra forma, diversissima dalla precedente. Ma all’opinione pubblica si preferisce dare in pasto ben altro, come rimborsi, stipendi, affitti, ecc…
Chi è dunque il vero custode di un progetto rivoluzionario che abbiamo iniziato appena a intravedere ? Dobbiamo salire al vertice, dove troviamo una diarchia. Che il MoVimento sia un partito padronale con limitatissima libertà interna è incontestabile, ma sul suo carattere diarchico poco si è detto. Il leader visibile è Beppe Grillo, un uomo di spettacolo avvezzo a esporsi. Il suo è il profilo del perfetto demagogo : carismatico, infaticabile, dotato di un’energia comunicativa che solletica le viscere più profonde e mobilita gli animi contro l’esistente per realizzare la promessa di un mondo migliore. La sua faccia è quella che le telecamere riprendono, il suo nome è quello che compare in calce ai post che dal blog dettano la linea e indicano la strada. Ma in una posizione non chiara ( potrebbe essere accanto, dietro o addirittura sopra ) c’è un altro uomo, il leader occulto Gianroberto Casaleggio. Egli è l’esatta antitesi di Grillo : è schivo, odia le telecamere e parla in modo pacato. Malgrado siffatte divergenze caratteriali , tra i due c’è un’intesa perfetta ed una marcata distinzione delle rispettive sfere : l’uno è in prima linea, l’altro dietro le quinte.
Servendoci delle interviste ( poche ) rilasciate dal leader occulto, dei suoi video su You Tube ( tipo Gaia ) e delle esternazioni del leader visibile e di alcuni membri del secondo livello, possiamo ricostruire sommariamente il quadro ideale del Movimento 5 stelle.
Partiamo da un tema che più di ogni altro identifica la visione politica pentastellata e che appartiene alla galassia della prima specificità sopra descritta: la democrazia diretta. Perché è cruciale nella loro riflessione ? Per rispondere dobbiamo recuperare la terza specificità, ossia la rete. Loro non ritengono che internet serva semplicemente a velocizzare le comunicazioni, condividere le informazioni ed attuare un più penetrante controllo sul potere. Loro si spingono a credere che il web possa diventare l’infrastruttura portante di un’intelligenza collettiva planetaria. Questa rete mondiale consentirà all’umanità di sbarazzarsi di ogni corpo intermedio situato fra i cittadini e l’esercizio del potere. Il soffermarsi dei pentastellati sul tema della democrazia diretta e su altri strettamente contigui ( il ripristino del mandato imperativo, la delegittimazione dei partiti, la trasparenza ) cessa di stupire se lo situiamo in un disegno di lungo periodo e di ampio respiro che mira ad annientare l’assetto del rapporto vigente fra cittadini ed istituzioni.
Nell’inquietante documentario “Gaia-The future of politics”, diffuso su internet dalla Casaleggio Associati, si immaginano gli sviluppi geopolitici che potrebbero portare in quarant’anni all’instaurazione di una webcrazia planetaria. La voce narrante spiega che intorno al 2020 deflagrerà un tremendo conflitto mondiale che vedrà contrapposte le tirannie orientali ( Russia, Cina ed altri paesi ) alle democrazie occidentali. Si tratterà di uno scontro fra la civiltà del libero accesso a internet e il mondo delle restrizioni alla rete. La guerra, prosegue il narratore, verrà combattuta per decenni e provocherà la morte di miliardi di persone. Infine le democrazie prevarranno sulle tirannie e l’umanità si riorganizzerà gradualmente. Nel 2054 nascerà un supergoverno mondiale denominato Gaia, in cui saranno realtà irrinunciabili la gestione diretta della cosa pubblica senza organi rappresentativi e una rete di interconnessioni che renderà il gruppo umano una sorta di unico superorganismo vivente. Nel nuovo mondo post bellico non ci sarà spazio per religioni e partiti e i cittadini esisteranno giuridicamente e socialmente solo se dotati di un’identità virtuale.
E’ improbabile che quanto raccontato nel filmino sia qualcosa di ineluttabile, ma gli elementi disseminati in questi anni inducono a credere che l’uso di internet in funzione di un rinnovamento complessivo dell’umanità sia davvero il nucleo operativo del MoVimento.
Il partito dei 5 stelle ha ricevuto dagli elettori il mandato di riformare radicalmente il modo di fare politica e di governare il Paese. I gruppi parlamentari pentastellati hanno però preferito assecondare i padroni extraparlamentari situati al vertice e confinarsi in un isolamento senza prospettive, condannandosi così ad essere politicamente ininfluenti. La totale assenza di pragmatismo ( tipica dei disegni radicali ) li ha ridotti a corpi estranei costretti all’ibernazione ( significativo l’invito di Letta allo “scongelamento” dei grillini ) in nome di una visione tra il messianico e l’utopistico che in pochi davvero comprendono.
Ma sbaglia chi pensa che il problema sia solo di strategia. La stessa natura del MoVimento rappresenta un rilevante pericolo per la democrazia.
Dire, come ha detto Grillo, che il M5S deve impadronirsi del totale dei seggi parlamentari, significa che il nuovo soggetto non ha la famosa vocazione maggioritaria di PDL e PD, ma ne ha una totalitaria. Gli interventi del leader visibile sono caratterizzati da un’asprezza inaudita, le sue parole sono violente, i concetti che esprime sono spesso illogici ma attraggono perché hanno l’energia devastante delle peggiori semplificazioni populiste. La diarchia esercita sul partito un controllo totale e chi del livello intermedio non si comporta da replicante ma assume posizioni divergenti dalla linea ufficiale viene duramente punito. La dialettica interna è ridotta e la venerazione per il capo carismatico sfiora l’idolatria. Internet, più che al servizio della libertà di espressione, è al servizio dei tanti codardi pseudo simpatizzanti che se ne servono per commettere violenze verbali confidando nell’impunità. Grillo e Casaleggio sembrano i due profeti di un nuovo culto pagano che promette la salvezza cibernetica.
Desta preoccupazione che il M5S abbia un atteggiamento così carico di odio e disprezzo nei confronti dei partiti. Forzando neanche tanto si può delineare un parallelismo tra la situazione attuale e quella immediatamente successiva alla Prima guerra mondiale. Allora una crisi economica e sociale stringeva il Paese in una morsa che favoriva il disordine, complice l’incapacità della politica di ripristinare la legalità e di respingere l’aggressione allo Stato di diritto portata avanti da formazioni estremiste di diverso colore. Da questo caos emerse una forza antidemocratica che riuscì ad impadronirsi del potere per poi smantellare la democrazia liberale e condannare la Nazione a un ventennio di lutti e atrocità.
Mi domando se i tanti attivisti che in buona fede grandi energie profondono per il M5S non avrebbero fatto un miglior servizio alla collettività se avessero deciso di orientare il loro slancio verso i partiti tradizionali per costringerli a cambiare, invece di mettersi a disposizione di chi persegue fini ancora non chiari e molto più ambiziosi di vincere semplicemente le prossime elezioni.
Il M5S è una forza che non si riconosce pienamente nel sistema costituzionale e potrebbe dare un contributo positivo alla vita del Paese solo abbandonando il massimalismo, cioè cambiando natura. Gli altri partiti, dal canto loro, se hanno a cuore la democrazia, sono obbligati a intraprendere la strada dell’autoriforma per prosciugare il serbatoio di rabbia popolare al quale si abbeverano gli estremisti.
Francesco Ginanneschi
5 commenti presenti
Articolo molto interessante. Credo tuttavia che la situazione all’interno del movimento/partito sia andata modificandosi gradualmente. Da una cieca chiusura dei “cittadini” nei primi giorni del mandato elettorale ad ogni forma di partecipazione con la classe dei politici di professione, si sia arrivati ad una timida apertura a forme di partecipazione alla gestione della cosa pubblica. La questione della fiducia al governo Letta è stato il banco di prova non solo (anche se in misura maggiormente rilevante) per il PDL/Forza Italia, ma anche per il Movimento 5 stelle che ha nuovamente mostrato segni di una spaccatura interna, che ha caretterizzato fino ad adesso il gruppo dei pentastellati, tra oltranzisti e moderati. Spaccatura che credo sia dovuta alla natura mista che carattereizza il partito di Grillo.
Scritto da TNT il 9 Ott 2013
Condivido la puntuale analisi, ed anche l’integrazione evoluzionista “panta rei” del commento precedente. Ho citato questo (prezioso, n.d.r.) post nel mio blog http://www.trentoblog.it/riccardolucatti al post n. 1017, aggiungendo che oltre che a rievocare il primo dopo guerra mondiale, il Grillismo mi rievoca “1984” di Orwell. Ma se persino la mafia ha capito che non bisogna porsi “contro” lo Stato, ma “dentro” lo Stato, Beppe, … se vuoi cambiare certe cose, meglio ci riusciresti dall’interno di una maggioranza di governo. Lo dico nel tuo interesse, da Genovese (non grillino) a Genovese, a te che abiti a s.Ilario da uno che è nato e vissuto nel quartiere di Albaro … Comunque: complimenti a Ginanneschi!
Scritto da Riccardo Lucatti il 10 Ott 2013
Ringrazio Riccardo Lucatti per le parole di apprezzamento e per lo spazio che mi ha cortesemente dedicato sul suo blog.
@TNT Non condivido l’analisi secondo cui nel MoVimento sarebbe in atto una spaccatura. Il MoVimento o è unito o semplicemente non esiste. La linea è una e chi dissente non è un grillino dissenziente, ma semplicemente cessa di essere grillino, volente o nolente.
Scritto da Francesco Ginanneschi il 11 Ott 2013
MoVimento 5 Stelle, pensiero unico? Josif Brodskij, premio Nobel per la letteratura, nel suo “Il canto del pendolo” (Adelphi), invita a diffidare delle “grandi unanimità”, dei pensieri unici condivisi da tutti, dei grandi eserciti, dei bilanci assolutamente ben assestati, se non altro perchè, dentro i grandi numeri, più facilmente può nascondersi il male.
Scritto da Riccardo Lucatti il 15 Ott 2013
Da quanto è accaduto in parlamento, in questi giorni, i parlamentari M5S hanno dato prova
di possedere buone capacità squadristiche
che trovano un significativo paragone con quanto accadde in ITALIA,in parlamento, alla fine degli anni 20 del secolo scorso.
Scritto da vittorio il 1 Feb 2014