La Gabanelli attacca Tremonti…Tra “Report” e Giulio il braccio di ferro dura dal 2003!
12 Luglio 2011di Milena Gabanelli per www.milenagabanelli.it
Comincia un giorno di ottobre del 2003, il giorno prima della messa in onda di una puntata sul debito pubblico. Spieghiamo cos’è, come si è formato, parliamo del deficit e di quel pareggio promesso dal Ministro Tremonti nel 2001 appena insediato: “questa è la scrivania di Quintino Sella, se l’anno prossimo non avremo raggiunto il pareggio, questa scrivania non la occuperò più”. Di anni ne erano passati due e i conti continuavano a peggiorare. A lui non piaceva che gli si ricordasse il passato, e alle 23.30 telefonò all’allora direttore generale per chiedere rassicurazioni. Il pezzo andò in onda come era stato pensato, senza tagli. E lui non gradì.
Anni dopo abbiamo avuto l’ardire di fare i conti in tasca alla sua invenzione, promossa urbi et orbi, per attenuare la povertà: la social card. I mutui subprime e i titoli tossici avevano trascinato le banche sull’orlo del fallimento, la crisi cominciava a mietere vittime e lui faceva il giro di tutte le trasmissioni tv per raccontare che “l’aveva previsto”, che era finita la festa per tutti quelli che hanno derubato il paese con i bilanci falsi e saccheggiato le casse pubbliche, che partiva la caccia all’evasore. Con l’ennesimo condono fiscale garantiva l’anonimato ai delinquenti ed evasori, pagando un misero 5%, mentre ai poveri dava una carta da 40 euro al mese; dopo un umiliante supplizio che costava più in francobolli e burocrazia e pubblicità.
Il “popolo sovrano” ha potuto sentire in tutti i telegiornali, talk show, conferenze e meeting, nonchè leggere sulle prime pagine dei maggiori quotidiani le sue dotte dissertazioni sull’avarizia e ingordigia del mondo, sui suoi nobili provvedimenti , sulle sue previsioni, e sulla salvezza imminente. Poteva essere tollerabile una nostra miserabile critica che ricostruiva tutti i conti e i supplizi della lodata social card? Il ministro, in piena crisi, ha il tempo per scrivere, di suo pugno, all’autorità garante per le comunicazioni e chiedere di sanzionare la rai perché ho violato il pluralismo, non informato correttamente, violato il codice etico. La storia si risolve con un invito – per noi – a tornare sull’argomento per dare conto anche degli aspetti positivi. Sull’argomento torniamo, ma nel frattempo le cose erano peggiorate, quel milione e 3 di carte promesse erano diventate 600.000.
Così l’estate del 2009 per noi diventa torrida: il nuovo direttore generale della rai (Masi) chiede che sparisca dai contratti dei miei collaboratori la clausola di manleva. All’ultimo riusciamo a riaverla, forse per la minaccia che saremo andati in onda anche senza copertura (sicuri del fatto nostro), forse per mancanza di argomenti in un colloquio molto determinato. Nel 2010, arriva la manovra di correzione da 25 miliardi: tagli lineari alla scuola, sanità, enti locali.
Chi ha privilegi continua a tenerseli (per dire, centinaia di fuori ruolo dal consiglio di stato, corte dei conti, tar, continuano a portarsi a casa doppi stipendi da favola). Tuttavia la lotta all’evasione sembra implementata, ma sui tavoli delle procure arrivano le carte del 2006 (come dire che quei reati sono prescritti ancor prima di cominciare), e noi abbiamo l’impertinenza di fare una digressione sul suo passato da tributarista, sul lo studio, da cui entra ed esce ogni volta che diventa ministro, sui suoi clienti, che sono il fior fiore dell’imprenditoria italiana (indagati dalle procure per evasione fiscale), sulle scatole costruite per pagare meno tasse .
E parliamo del caso Bell, e della difficoltà che hanno i suoi clienti a distinguere il Tremonti ministro dal Tremonti tributarista. Del lodo Mondandori e di norme ad hoc per ridurre la quota da versare all’erario. Questo mentre si tolgono gli insegnanti di sostegno a chi nella vita ha avuto meno fortuna, mentre le aziende chiudono perché non c’è un piano di investimenti…certo è difficile investire quando i soldi non ci sono. E ancora una volta ci trascina davanti al tribunale dell’obiettività, l’AGCOM, i cui membri sono di nomina politica e alla politica rispondono. I commissari deliberano che dobbiamo “riequilibrare”, quindi raccontare quanto c’era di bello in quella manovra, altrimenti scatta la pesante multa alla rai. Ci sono tutti gli elementi per fare ricorso, visto che non viene contestata una parola di quello che è stato detto, ma la rai preferisce astenersi, e noi siamo obbligati ad adempiere.
E’ bene sapere che nel cda rai ci sono ancora i consiglieri presenti nel 2007 , fra cui Angelo Maria Petroni, in rappresentanza degli interessi del ministero dell’economia. Di questi amministratori avevamo parlato proprio in quell’anno, a proposito di una multa di 14 milioni di euro inflitta alla rai per aver nominato direttore generale, nel 2005, una persona incompatibile. Quella puntata fu acquisita dalla procura di Roma e quegli amministratori si sono ritrovati indagati. Non la digerirono, ma sono ancora lì… e non ci vogliono bene. La grande preoccupazione del ministro Tremonti è sempre stata quella di preoccuparsi della sua immagine, si sente il salvatore della patria, e vuole essere rappresentato come tale. Mentre il paese viaggia verso la Grecia lui trova sempre il tempo di telefonare ai direttori dei giornali per lamentarsi di un titolo, e consigliarne altri…è meglio ascoltarlo perché è lui che decide quando togliere i contributi pubblici. Il resto è storia di questi giorni, ma il problema continuiamo ad essere noi: l’azienda pubblica non può correre il rischio di creare un danno erariale a seguito di una causa che potremmo perdere.
Finora non è successo, ma è meglio mettere le mani avanti . Nessuno ci caccia, e infatti siamo in palinsesto, ma è un po’ come succede in alcuni condomini americani: se volete tenere il cane in casa, fate pure, ma non vogliamo che disturbi abbaiando. I vecchietti affezionati al loro animale, e non in grado di cambiare casa, sono andati dal veterinario per un piccolo intervento chirurgico alle corde vocali. Di una cosa potete stare certi, che dal veterinario noi non ci andremo.