NON PRODUCIAMO PIU’ GRANO O VINO, MA FONDI E POLIZZE…
24 Marzo 2011di Gianluigi De Marchi
Le statistiche elaborate dall’ISTAT sono impietose, se le guardiamo bene da vicino e non ci limitiamo a gloriarci per la crescita dal PIL. Va bene il prodotto interno lordo, ma come è composto? Quali sono le sue componenti, cosa facciamo giornalmente per incassare soldi, su cosa si basa la nostra ricchezza produttiva?
La risposta è sconfortante: produciamo soprattutto aria fritta, perché il 73% della produzione è concentrato sulla voce “servizi” e solo il 20% è classificato nella voce “industria”; quote marginali le costruzioni (4%) e l’agricoltura (3%).
Avete letto bene: quasi tre quarti del prodotto nazionale è fatto da banche, assicurazioni, telefonia, Internet, turismo, consulenza e via dicendo.
Facciamo due riflessioni: l’agricoltura è l’unico comparto produttivo che produce veramente qualcosa, perché metti un seme per terra, aspetti qualche mese e raccogli una bella spiga con centinaia di chicchi, oppure aspetti qualche anno e raccogli un quintale di mele. Questo è “produrre”, nel vero senso della parola, qualcosa che si avvicina alla creazione (che produce dal nulla, ma questo è umanamente impossibile).
L’industria non produce, ma trasforma: prende del legno e ne fa un mobile, prende del ferro e ci fa un’auto, prende il petrolio e ci fa dei bicchieri di plastica.
E per finire, la finanza: non produce e non trasforma, ma semplicemente trasferisce. Sissignori, una banca raccoglie i soldi da Rebaudengo che, beato lui, è ricco e li dà a Pautasso che, poveretto lui, ha bisogno di un prestito, oppure li dà alla Fiat che deve costruire uno stabilimento nuovo a Pomigliano. La compagnia di assicurazioni raccoglie i premi dai clienti e li dà a chi ha subito danni. Punto e basta…
Eppure ci sentiamo dire che esiste la “finanza creativa”! Una falsità totale che serve solo ad alimentare i faraonici stipendi ed i mostruosi bonus dei big delle banche e delle assicurazioni che, loro sì, si creano colossali fortune.
Piantiamola e riflettiamo sulle cifre: cerchiamo di dare una raddrizzata, finché siamo in tempo, per sviluppare i settori che producono, non quelli che campano sulle spalle degli altri. Fare “servizi” è bello, comodo, non faticoso, ma è solo faticando, sporcandosi le mani, facendosi venire i calli alle mani, che veramente si produce e si “crea” qualcosa: per favore, aiutiamo chi fa grano e vino, e non chi fa solo aria fritta!