Partorirai con dolore: il dramma di Simona
14 Settembre 2009Simona (nella foto) è una ragazza di 31 anni della provincia di Napoli.
Il 6 agosto, alla 20esima settimana di gravidanza, scopre che ci potrebbe essere il 20% di possibilità che la sua bambina sia affetta da “Ventricolomegalia borderline”… una malattina che rende il nascituro un vegetale.
La legge italiana permette l’aborto fino alla 22esima settimana e SOLO e SOLTANTO se la mamma soffre di disturbi psichici… altre soluzioni non ce ne sono… in italia… non esiste l’aborto terapeutico….
il 20% di possibilità negative non ha fermato la nostra eroina a continuare la gravidanza… Simona adesso aspetterà la 27esima settimana, aspetterà fin quando avrà la certezza della presenza o no della gravissima patologia…
fino ad allora… noi faremo compagnia a Simona… le staremo vicino… le daremo qualche conforto… le daremo una mano…
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Fatti, non solo parole !
da diamounamano.webnode.com – La storia di Simona
Abortire un figlio forse sano o tenerlo con la probabilità di lasciarlo sopravvivere in stato vegetativo. Questa la scelta che la legge italiana impone a molte mamme.
Simona Galiero, giovane dentista di Sant’Anastasia in provincia di Napoli, si trova davanti a questo bivio.
Il 6 Agosto scorso – alla 20esima settimana – durante l’ecografia strutturale di routine è stata riscontrata un’anomalia del feto.
“Ventricolomegalia borderline e la consapevolezza che si potrà riscontrare al 100% la persistenza della patologia solo alla 27esima settimana. Sai cosa significa? C’è la possibilità che mia figlia nasca con gravissimi problemi, tanto gravi da renderla un vegetale, e qui in Italia devo abortire prima di averne l’assoluta certezza!”
La 22esima settimana è infatti il termine ultimo per poter praticare l’aborto terapeutico (ovviamente se si verifica anche un grave pericolo per la salute fisica e psichica della donna).
Un paradosso infinito che impone ad una madre già provata psicologicamente per la notizia subita, una prospettiva di sofferenza ancor più grande, l’esposizione forzata ad una scelta disumana, la solitudine più assoluta.
E non è tutto. La tecnica abortiva in questi casi consta nell’induzione al travaglio per espellere il feto. Un vero e proprio parto con tanto di classiche contrazioni, la possibilità di subire ore o perfino giorni di travaglio, nessun farmaco anestetico. Senza contare che nel caso il bimbo nasca vivo i medici sono obbligati a soccorrerlo, tenendolo agonizzante anche per giorni, in attesa che la sua morte avvenga in modo naturale.
“È Un calvario, una vera è propria tortura. Non solo dobbiamo morire di dolore per la scelta che facciamo, costrette per le condizioni disperate di salute del nascituro, ma anche per la modalità in cui tutto ciò si svolge. Siamo carne da macello.”
L’essere incinta di una bambina destinata a soffrire, la responsabilità di dover decidere per lei, la mancata terapia del dolore atta ad attenuare almeno la sofferenza fisica, il subire violenza psicologica da parte di chi dovrebbe trattarti con doppia sensibilità, il dolore del distacco dal figlio tanto atteso, l’aberrante situazione di subire un aborto gestito da medici obiettori.
Sofferenza che si aggiunge a sofferenza, un vortice di dolore causato anche dal taglia e cuci e dai rattoppi frettolosi con cui la 194 (legge sull’aborto) è stata trattata negli ultimo 20 anni.
E pensare che nei paesi in cui i diritti della persona sono veramente garantiti si può di interrompere la gravidanza nei tempi che occorrono e per di più non si è costretti a sottoporsi a torture atroci: la praticata standard è quella dell’aborto intrauterino.
È per questo che molte donne decidono di infischiarsene della legge italiana e di rivolgersi all’estero con tutti i problemi che ciò comporta (scelta della struttura, problemi con la lingua, l’assistenza medica e psicologica, i costi, etc).
E chi non può permetterselo? Torniamo sempre lì.
Abortire un figlio forse sano o tenerlo con la probabilità di lasciarlo sopravvivere in stato vegetativo. Questa la scelta che la legge italiana impone a molte mamme.
Simona, brillante dentista di Sant’Anastasia (NA), si trova sola con il suo problema.
Sola per colpa di una legge che non si cura minimamente di una mamma che ha un disperato bisogno di aiuto.
Sola per colpa di carnefici che in nome di una morale superiore si divertono a giocare sul suo corpo e sulla sua vita.
Un commento presente
Uno Stato che infierisce così sui suoi cittadini non merita di esistere, mandateci i caschi blu, per pietà.
Scritto da Ismaele il 14 Set 2009