PIR, UN MODO NUOVO PER INVESTIRE (E NON SPECULARE)
2 Giugno 2017di Gianluigi De Marchi
Parlare di esenzione fiscale ad un risparmiatore italiano è come parlare della nazionale di calcio ad un tifoso: l’attenzione è massima, ed il successo di ascolto assicurato.
E’ quanto sta accadendo con i PIR (Piani di investimento del risparmio), la nuova formula per investire dalle caratteristiche innovative ed accattivanti.
I PIR sono una novità assoluta per l’Italia (non per l’Europa dove sono operativi da parecchi anni), istituiti in base all’ultima legge di stabilità che ne ha fissato le norme.
Si tratta di conti speciali aperti presso un intermediario (banca, SIM, società finanziaria) in cui possono essere versati capitali da investire con una finalità precisa: mantenere la somma per almeno 5 anni (escluso quindi ogni obiettivo speculativo) ed indirizzarla verso il sostegno di attività produttive, specialmente di piccole e medie dimensioni. A fronte dell’impegno a vincolare il capitale (peraltro, come accennato più oltre, con possibilità di svincolo anticipato) si beneficia dell’esenzione totale da ogni imposta, in primis quella sui capital gain, ma anche quella di successione. Un’agevolazione unica nel panorama italiano, in cui finora i benefici massimi erano concessi ai titoli di Stato (che sottostanno ad un’imposta sui redditi del 12,50% anziché del 26% e garantiscono l’esenzione dall’imposta di successione).
Il “regalo fiscale” viene concesso purché il capitale sia indirizzato almeno al 70% verso un investimento (azionario od obbligazionario) rappresentato da strumenti finanziari emessi da imprese italiane (o aventi una stabile organizzazione in Italia). Di quella quota, almeno il 30% deve essere investito in imprese che non sono inserite nell’indice FTSE MIB, quello che raggruppa le grandi società quotate.
In pratica, circa un quinto dell’investimento (per l’esattezza il 21%) andrà a finire in imprese di piccola o media dimensione, agevolandone lo sviluppo e sostenendone la crescita: ed è per questo motivo (di grande interesse per la collettività se si pensa al ruolo delle piccole imprese in Italia) che lo Stato concede l’esenzione fiscale.
Ovviamente, al fine di evitare la corsa all’elusione fiscale, sono stati fissati alcuni “paletti”: non si può investire più di 30.000 euro l’anno in un PIR e non si può superare l’ammontare complessivo di 150.000 euro versati.
Al momento la modalità tecnica per investire è costituita da fondi comuni d’investimento (il veicolo più razionale per diversificare il rischio) che sono stati rapidamente adattati per rispettare le norme. Si tratta di fondi che investono in piccole e medie aziende e che garantiscono il controllo sulla durata dell’investimento da parte dei singoli partecipanti.
Al fine di non”spaventare” i risparmiatori (specie quelli piccoli, sui quali si fa affidamento per raccogliere i capitali) è concessa la possibilità di svincolare il piano in qualunque momento; elemento questo di fondamentale importanza per garantire una liquidabilità in casi di necessità. I PIR quindi non sono una “prigione”, ma un parcheggio dal quale si può uscire con una “penale”: il pagamento dell’imposta sul capital gain sulla plusvalenza realizzata. Un’importante norma di equità fiscale che offre ai sottoscrittori un’opportunità in più: se rispettano il quinquennio programmato possono intascare gli utili al 100% anziché al 74%, e se non lo rispettano non subiscono alcuna penalizzazione (a differenza ad esempio delle polizze vita che, in caso di riscatto anticipato, fanno pagare pesanti commissioni di uscita oltre alle imposte).
Come accennato, le orecchie dei risparmiatori si sono immediatamente rizzate, ed i primi risultati ottenuti sono incoraggianti: in poche settimane sono stati raccolti oltre 1,5 miliardi di euro e si stima che entro fine anno i PIR possano raggiungere la bella cifra di 10 miliardi di euro.
Un flusso di denaro che, se andrà veramente a sostenere piccole imprese, potrà stimolare la tanto attesa ripresa del sistema produttivo italiano che, come è noto, è basato prevalentemente su realtà di modeste dimensioni spesso in difficoltà nel reperimento di capitali sul mercato.