PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO
27 Novembre 2009di Sergio Fornasini per dituttounblog.com
Solo pochi giorni fa il ministro Alfano, spalleggiato a tutto campo dal leghista Cota, è stato ospite di Ballarò per difendere a spada tratta il DDL governativo che sega la durata dei processi. Ecco, sega i processi è proprio il termine giusto, poiché l’iniziativa non mira altro che a rendere l’iter dei procedimenti giudiziari a misura dell’illustre imputato che ha in mano le redini del Paese. Non guardo molto spesso quella trasmissione, avrei fatto bene a conservare questa buona abitudine anche martedì scorso: la presunte ragioni addotte da Alfano e Cota suonavano così fasulle che anche le mie povere orecchie ad un certo punto hanno iniziato a chiedere pietà.
Tutte balle quelle che descrivono il DDL come a favore della giustizia giusta, lo hanno compreso benissimo tutti, anche quelli che fingono il contrario. Come hanno capito che non saranno solo i procedimenti riguardati il premier quelli destinati a fine prematura, nessuno può quantificarli con certezza ma la bella segata che si apprestano a fare ne comprenderà tali e tanti da rendere ad una moltitudine di parti lese amarezza e frustrazione anziché giustizia. Il risultato sarà vergognoso ed iniquo, ad esempio, per le migliaia di risparmiatori Parmalat, per i danneggiati dalla clinica Santa Rita e per una schiera infinita di vittime. Festeggeranno invece a champagne un gran numero di imputati, viva il processo breve e viva chi lo ha segato. Bene, bravi, continuate così.
Sta di fatto che il “Lodo Alfano” può scatenare più danni di quando era in vigore. In un primo tempo si ventilava la possibilità di modificare la legge spostando i processi per le più alte cariche dello stato a Roma, altra norma incostituzionale subito tramontata per il diniego di parte della stessa maggioranza. Sono state subito individuate vie alternative, con norme che accorciano i tempi della prescrizione contrabbandandola come miglioramento della macchina giudiziaria. E pensare che prima della bocciatura del “Lodo”, l’Onorevole avvocato Ghedini aveva escluso l’introduzione di norme che riducevano la prescrizione: ‘Non c’e’ alcuna ragione e non abbiamo avuto neppure lontanamente l’idea di modificare la legge sulla prescrizione‘, dichiarava l’avvocato del premier il 1 settembre. Lui si è uno che se ne intende di previsioni.
A quanto pare, siamo ormai in ostaggio delle vicende giudiziarie che riguardano il premier, con effetti collaterali ottimi per i delinquenti e devastanti per tutti gli altri.
Probabilmente non servirà a molto, ma chi volesse sostenere l’appello che Roberto Saviano rivolge al premier affinché ritiri quel disegno di legge può farlo partecipando alla raccolta di firme sulle pagine di Repubblica.it .
Si verrebbe a trovare in nutrita ed anche qualificata compagnia, l’indirizzo per partecipare è a questo link.
Il testo dell’appello:
PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO
SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul “processo breve” e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.
Con il “processo breve” saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l’unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.
Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. È una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia.
ROBERTO SAVIANO