Questi osceni osceni osceni giornalisti…
31 Maggio 2012Vorrei tornare sul giornalismo italiano, che è il peggiore del mondo. Lo dico senza attenuanti. Non ce ne sono. C’è una tale responsabilità morale e sociale da non essere più sopportabile che i mass media insistano in modo talora perverso, e compiacendosene, nel proporre il peggio di sé.
Sì, non c’è etica nel giornalismo italiano, e le ripercussioni sull’opinione pubblica sono davvero devastanti. Senza dimenticare poi che, nonostante qualche tentativo di mantenere il senso critico, l’opinione pubblica beve tutto ciò che vede e sente. Rimane incollata ad una tv letteralmente “oscena”. Nel senso più stretto del termine. Una tv che esce, è fuori da ogni principio etico quando soprattutto in questione è la realtà da narrare, o la verità dei fatti da descrivere.
Il giornalismo è fatto di giornalisti, ed è su questo che vorrei soffermarmi. Non parlo in astratto, ma concretamente. I giornalisti li vediamo in faccia in tv, o conosciamo il loro nome e cognome quando scrivono sui giornali. Siamo a conoscenza anche della loro tendenza politica. Abbiamo imparato a giudicarli per quanto valgono quando scrivono. Taluni scrivono bene, altri fanno pena. Alcuni usano la propria testa, altri copiano senza pudore. Ognuno esercita un mestiere con cui poter mangiare (frase fatta!). Non ci sono giornalisti-missionari. Anche coloro che vanno in zone pericolose, non lo fanno solo per amore della verità. Qualche eccezione? Può darsi. Ma il mestiere prevale sempre sulla missione. Con questo non intendo dire che tutti manchino di professionalità. E qui bisognerebbe dire qualcosa di chiaro. La professionalità, che comporta un insieme di capacità e di doveri, è oggi una virtù rara. La società stessa di oggi ha creato l’accelerazione dell’arte che un tempo richiedeva studi impegnativi e una lunga preparazione: oggi tutto è facile, i passaggi sono veloci, ci si improvvisa artisti già a quindici anni. E gli effetti si vedono. Attrici e attricette da strapazzo, che hanno invaso il campo delle telenovele d’ogni genere.
Questo succede anche nel giornalismo. Basta poco: un po’ di pratica pressio qualche radio locale, e si passa più in alto, naturalmente dietro qualche raccomandazione e con un pizzico di fortuna.
I giornalisti seri, competenti, sono sempre più rari, e stanno scomparendo. E, se ce ne sono, sono per lo più di parte. Hanno la testa fasciata. Vedono una realtà filtrata. O dal buco della serratura di una prigione ideologica spaventosa.
E assistiamo anche a scrittori giornalisti che quando stendono un articolo per un giornale non si accorgono di essere in cattedra. Usano un linguaggio così accademico da non essere affatto accessibile ad un pubblico medio, che è quello che avrebbe più bisogno di essere informato. Articoli astrusi, talora troppo tecnici: questo non è giornalismo.
E poi – ed è la maggior parte dei giornalisti – c’è una tale decadenza professionale da non riuscire più a distinguere il compitino di un bambino delle elementari da un articolo o un servizio di cronisti che mischiano informazione e improvvisazione, prendendo spesso e volentieri lucciole per lanterne, quando poi non deformano la stessa realtà. Non si tratta solo di inesperienza, ma di supponenza, intendendo quel credersi già arrivati.
Potrei continuare. Ma non ne vale la pena. Basterebbe ciò che, anche in questi giorni, abbiamo visto e sentito in tv, o abbiamo letto su internet o sulle solite riviste patinate che solitamente si trovano in bagno, mentre aspettiamo di espellere ciò che è un’esigenza fisiologica. A dire il vero, queste riviste ricolme di gossip sono davvero stimolanti e lassative. E, dobbiamo riconoscerlo, catturano quel bisogno pruriginoso che fa parte della nostra natura di italiani assetati di sesso o di sangue.
Chiariamo subito una cosa: io non sono un giornalista! Penso e scrivo, così come ognuno di noi può avere il diritto di dire ciò che pensa. Giorni fa, avevo tentato di buttar giù un articolo che definire provocatorio è ancora poco. Poi mi son detto: anche se uso termini forti, questi giornalisti sono così cretini che non riuscirebbero a capire ciò che vorrei dire. Magari li prenderebbero come un complimento. So di parlare al vento. Ma non demordo. Perché lo dovrei fare? Se non altro, vorrei far capire alla gente comune che dovrebbe munirsi di parecchio senso critico, e non restare inchiodata davanti ad una tv “deficiente”.
Come si possono accettare irritanti servizi di cronaca riguardanti tragedie di una tale gravità da esigere una grande professionalità, anche come capacità nell’usare il criterio più obiettivo di narrare i fatti, con grande delicatezza umana, senza superare i limiti della propria professionalità? Ho letto che qualcuno se l’è presa perché Rai1 avrebbe continuato a trasmettere un programma di cucina dimenticando quasi la tragedia della scuola di Brindisi. Immaginate se la tv nel suo complesso ci avesse continuamente rotto le palle con servizi ripetitivi e irritanti sugli eventi dolorosi di questi giorni. Certo, bisogna dare la notizia, ma come? Sempre le stesse immagini, sempre le solite parole, sempre alla ricerca delle ipotesi più assurde, e poi… succede che la realtà è un’altra. E allora, dimenticandosi di chiedere scusa, si fanno altre ipotesi e poi… la realtà è un’altra.
Tutto questo non è più sopportabile!
Dico ciò che penso: non è più possibile cambiare solo qualcosa del modo con cui si fa informazione. Va tutto rifatto. La tv è tutta da cambiare. Bisogna creare spazi adeguati per una vera informazione, e non bastano i programmi cosiddetti di discussione (Gad Lerner, Floris, ecc.). Non è questa l’informazione che sogno. Neppure Santoro è il mio ideale. Oggi non esiste una informazione obiettiva e altamente qualificata e qualificante. Non parlo di programmi culturali, che sono un altro problema. Parlo di informazione. Per lo più assistiamo a risse, a discussioni accademiche, da salotto: qualche spunto lo possiamo anche prendere, ma l’informazione per me è un’altra cosa. So che è un’altra cosa: se poi mi chiedete che cos’è, forse non potrei rispondervi. Ma so che è un’altra cosa.
Ma almeno partiamo dal poco. Iniziamo a fare informazione limitandoci al puro necessario: notizie brevi, possibilmente obiettive, senza invadere il campo degli inquirenti, senza fare supposizioni, ed evitando le solite interviste alla gente che passa, o ai soliti politici. Informazione, e basta! Una parola in meno che una parola in più, evitando di dare giudizi personali, o facendo la solita faccia, costretta prima a piangere e poi a sorridere. Gli inviati non possono essere giornalisti precari. O giornalisti che aspettano il momento “provvidenziale” per correre sul posto a dire le cose che sentono alla radio o da altri servizi più informati.
In questi giorni abbiamo avuto un’ulteriore prova di quanto il nostro giornalismo italiano sia veramente schifoso! Non lo sopporto più.
2 commenti presenti
L’informazione è un bene strategico, cioè “indispensabile ed insostituibile”. Guai a non averne. I fatti andrebbero separati dalle opinioni. I fatti andrebbero esposti secondo una scala delle priorità aggiornata. Ogni fatto (soprattutto se si tratta di uno scandalo) andrebbe seguito nella sua evoluzione, e non solo all’inizio, quando “fa notizia”, sacrificato poi dal fatto (scandalo) successivo. Le repliche delle persone citate andrebbero riportate, a termini di legge, integralmente e con la stessa evidenza dell’articolo che le ha provocate. I titoli degli articoli non devono essere “ad effetto” bensì sintesi dei contenuti.
Grazie, comunque, a chi mi fornisce informazione, perché, stante la mia tenera età (68) e l’esperienza di vita e di lavoro, sono in grado di tradurla, quando è necessario. Ma la massa dei lettori non ha questa mia fortuna: non ha potuto laurearsi o non è stata nominata dirigente all’età fi 30 anni, non ha maturato – e non certo per sua colpa – esperienze di vita e di lavoro pari alle mie … ed allora, in modo assolutamente incolpevole, spesso è catturata e sviata da una informazione inadeguata.
Ascolto la radio, guardo la TV, leggo i giornali. Molti, tanti giornalisti economici e politici ti presentano con apparentemente competenza e molto equilibrio ricette risolutorie d’ogni genere di problemi. Verrebbe da chiedersi perchè non si danno alla politica o perché i politici non li ascoltano. Tot capita tot sententiae … verrebbe da dire, un po’ come quando in ogni bar noi troviamo almeno un paio di Commissari Tecnici della nazionale di calcio …
Un giornalista ebbe a dire: ciò che conta è la possibilità di fare la “seconda domanda” a ciascun politico intervistato, il quale non se la può cavare con una risposta evanescente alla prima domanda che il giornalista gli ha posto. Ok, ma allora anch’io (che non sono un politico, sia ben chiaro, ma un manager in pensione) voglio poter fare il secondo intervento, dopo che il giornalista ha scritto il suo pezzo.
Scritto da Riccardo Lucatti il 1 Giu 2012
Infatti, la maggior parte dei giornalisti è schiava del pensiero politicamente corretto, progressisti al soldo di miliardari alla De Benedetti o Berlusconi. Insomma, quando la categoria ha come campione uno come Saviano che sulla camorra non ha scritto un rigo di suo, ma scopiazzato come neanche un asino a scuola…
Scritto da Il Pelle il 1 Giu 2012