Tech4You: Pirati sequestrati e dirottati (un nuovo caso Peppermint?)
18 Agosto 2008di Sergio Fornasini
Qualche giorno fa, come riportato poi da varie agenzie e testate, il Gip di Bergamo ha chiesto ed ottenuto dagli ISP italiani di bloccare l’accesso al famoso The Pirate Bay, sito molto utilizzato dagli scaricatori di materiale protetto da copyright (musica, video, software, ecc.) ed i gestori della “baia” sono stati iscritti nel registro degli indagati. Trattandosi però di una serie di servers che risiedono in Svezia, non si è trattato di un vero e proprio sequestro del sito ma di dirottamento del traffico ad un avviso della GdF che comunica l’inibizione dell’accesso.
Le lobbies dei discografici però non si accontentano dei provvedimenti presi dalle autorità giudiziarie dei vari paesi e passano al contrattacco: sta emergendo che ora tentando di accedere a The Pirate Bay alcuni Internet Service Providers italiani dirottano su un indirizzo IP che appartiene ad una associazione discografica inglese. Si sospetta che il marchingegno sia stato attuato per registrare i dati degli utenti italiani che tentano ancora di accedere alla baia dei pirati senza le dovute cautele. Che si prospetti un nuovo caso Peppermint? (Per saperne di piu’ sul caso Peppermint e sulle sentenze, consigliamo l’articolo di Gabriele Mastellarini, cliccando QUI)
Dopo l’atto dell’autorità giudiziaria del 10 agosto sono seguite varie reazioni e polemiche: le più vistose sono le accuse di fascismo al governo italiano da parte degli admin del sito ( http://thepiratebay.org/blog/123 ) e proteste di associazioni per la libertà informatica. Qualcuno ha paragonato il provvedimento nostrano alla censura attuata sistematicamente dalle autorità cinesi e da altri regimi autoritari, confronto fondato nel caso che il principio di impedire l’accesso a determinati indirizzi Internet diventi un’abitudine da parte delle autorità italiane.
Alcuni providers di casa nostra hanno provveduto con una certa velocità ad istruire le loro reti affinché digitando l’indirizzo http://thepiratebay.org si venga invece diretti verso l’avviso del provvedimento richiesto dal Nucleo di Polizia Tributaria di Bergamo. Per gli internauti appena più smaliziati è comunque relativamente facile raggiungere per vie alternative la destinazione “vietata”, le istruzioni su come fare sono facilmente reperibili in rete. L’unico risultato accertato è stato però quello di far aumentare del 5% le visite provenienti dall’Italia al sito dei pirati, una sorta di pubblicità insomma.
Ora però la notizia che si sta andando ben oltre le disposizioni del giudice, chi cerca la baia dei pirati può facilmente trovarsi a navigare invece su www.pro-music.org , sito di coalizione discografica per la tutela dei diritti e che vende musica on-line. Solo che il dirottamento (hijacking) avviene in modo che il malcapitato ricercatore di files da scaricare illegalmente sia convinto di andare a navigare su The Pirate Bay e vede invece comparire l’avviso della GdF di Bergamo. L’anomalia sta nel fatto si è arrivati ad un sito estero invece che su di un server istituzionale che pubblica l’avviso, a quel punto i propri dati di navigazione sono automaticamente a disposizione di un ente discografico straniero. Quindi oltre a lasciare traccia del proprio indirizzo IP (cioè essere rintracciati come nel caso della Peppermint) ed offrire la possibilità di captare i propri cookies a Pro Music, si può arrivare ad essere identificati fino a scoprire la propria username & password per accedere al sito dei pirati della baia. Sembra fantascienza invece è tutto vero, l’avviso sembra autentico ma lo spazio di pubblicazione è in mano non alle autorità italiane ma ad una major company straniera su un server localizzato nel Regno Unito, alla faccia della privacy e del garante. Una chiara dimostrazione di come funziona il trucco dei discografici, con tanto di video esplicativo, a questo indirizzo: <link>
La notizia non è proprio da sottovalutare: se il caso Peppermint è rimasto famoso per una serie di richieste di risarcimento di 330 Euro ognuna alla casa discografica tedesca, recapitato a circa 4.000 internauti italiani colpevoli di aver scaricato un file MP3, questa nuova situazione è clamorosa. Viene messo in pratica il trucco del phishing di far accedere un inconsapevole navigatore ad un sito malformato ad arte per rubargli i dati, come avviene con le numerose email fasulle che dirottano su falsi siti di Poste e banche online. Solo che questa volta non sono dei semplici spammer che tentano di rubare identità e soldi ai malcapitati. Il Garante della Privacy si è già pronunciato: è illecito spiare gli utenti che scambiano files online. Ma si sa che i pareri del Garante non sono così imprescindibili nel nostro paese. Nel caso della Peppermint infatti, sembra che per evitare di spendere molto di più per l’assistenza legale alcuni abbiano preferito corrispondere i 330 Euro richiesti.
Morale della situazione: se anche le majors si mettono a praticare il phishing, a forza di pescare nel grande mare di Internet qualcuno abbocca comunque all’amo.
http://dituttounblog.com/sentenze/la-privacy-prevale-sul-diritto-dautore-caso-peppermint-e-sentenze
Dove se ne parla sul Web: <link> <link> <link> <link> <link>
Aggionamento last minute: da pochissimo la notizia è in prima anche su Repubblica.it