«Trattativa Stato-mafia nell’interesse del futuro governo Berlusconi»
7 Aprile 2011Su l’Unità del 4 aprile viene pubblicato un articolo di Nicola Biondo sulla base di “un manoscritto sequestrato al giornalista Sasinini, uomo vicino ai servizi”. Uno degli ormai frequenti articoli di stampa che mirano a dimostrare una presunta trattativa fra gli apparati istituzionali e Cosa Nostra. Questo titolo in particolare colpisce molto, mettendo in relazione i rapporti della mafia con il governo Berlusconi. L’argomento così presentato può suscitare un certo interesse, salvo analizzare meglio il contenuto e scovare incongruenze. Come hanno fatto un paio di miei contatti su Facebook. Viste le forti critiche all’articolo scritto da Biondo, provvederò ad informare l’autore via email nel caso volesse passare da queste parti a rispondere o commentare. Buona lettura (sf)
Trattative, bloc notes e un mestiere allo sfascio – Nota su Facebook di Sebastiano Gulisano
Cominciamo dalla titolazione.
Strillo di prima pagina: «Stato-Mafia / Trattativa, c’è manoscritto»
Il “dossier” alla pagine 22-23. Titolo: «Trattativa stato-mafia nell’interesse del futuro governo Berlusconi».
Catenaccio: «Un manoscritto sequestrato al giornalista Sasinini, uomo vicino ai servizi / Il leader di FI «dice alleiamoci contro Caselli e la sinistra che rompono»
Sommari: «Il generale Mori / E’ lui a chiedere a Ciancimino un contatto con Cosa nostra»
«Il papello / da Brusca l’ex sindaco riceve le condizioni per la trattativa»
M’è preso un accidenti. E m’è venuto in mente un best seller di una decina d’anni fa, Tutto ciò che sai è falso. Ero convinto che l’interesse primario di chi ha trattato coi boss fosse quello di fermare le stragi, invece salta fuori che no: la trattativa, secondo quanto scrive oggi il mio autorevole collega Nicola Biondo su l’Unità, è stata intavolata «nell’interesse del futuro governo Berlusconi».
Ho strabuzzato gli occhi e mi sono tuffato nella lettura, apprendendo che il 18 gennaio 2007 la procura di Milano, nell’ambito delle indagini sulle intercettazioni illegali Telecom, ha sequestrato un bloc notes a uno degli indagati, il giornalista Guglielmo Sasinini, all’interno del quale sono contenuti degli appunti sulla trattativa: «“Ev. “Trattativa”. E’ l’incipit del manoscritto – ci informa l’articolista – dove Ev sta per evenienza cioè da tenere a mente».
Prima di passare al contenuto degli appunti, ecco, nel racconto di Biondo, chi è Sasinini: «Collaboratore di Famiglia Cristiana e Narcomafie e poi di Libero, Sasinini dall’inizio degli anni 2000 lavora per Giuliano Tavaroli, ex capo della security Telecom, ad una rete di spionaggio. “Per me – dice Tavaroli – era la persona di riferimento con il Sisde perché molto legato a Mori”. Un rapporto così stretto quello con il generale da permettere al giornalista di seguire in diretta la cattura di Totò Riina. “Conoscevo bene quel gruppo di guerrieri – rivela Sasinini nel 2008 sulle colonne di Libero – e condivisi molte giornate con loro e soprattutto con Mario Mori, in particolare l’estenuante attesa della vigilia quando ‘il pacco’ stava per essere consegnato”». Il «pacco» in questione è Totò Riina.
E veniamo agli appunti di Sasinini. Mi limito ai virgolettati nel testo dell’articolo, non avendo l’originale integrale.
«Berlusconi dice alleiamoci contro Caselli e la sinistra che rompono i coglioni a me e a te».
«Mori incontra Ciancimino a Roma in Piazza di Spagna e gli chiede di avere un contatto con C. Nostra. Pare che Ciancimino parli con Brusca e Brusca gli consegna il “papello”- 41bis, cioè gli accordi per la trattativa con il futuro governo».
«Pare che vari pentiti (forse anche Brusca) dicono che la trattativa Mori-mafia era stata fatta per conto del futuro governo Berlusconi».
1) Non sappiamo a quando risalgano gli appunti di Sasinini.
2) Prendiamo per buono che Berlusconi abbia realmente pronunciato quelle parole, ma non sappiamo chi fosse l’interlocutore né quando (sicuramente dopo il 15 gennaio 1993, data della cattura/consegna di Riina e dell’insediamento di Gian Carlo Caselli a Palermo).
3) Che Vito Ciancimino abbia trattato con Brusca e che da questi abbia avuto il papello non corrisponde a ciò che hanno dichiarato ai magistrati lo stesso don Vito, il figlio Massimo e Brusca. In ogni caso, quel «pare» rende evidente che siamo di fronte a qualche confidenza non verificata. E inesatta.
4) Nessun pentito ha mai detto che la trattativa «era stata fatta per conto del futuro governo Berlusconi». Vale la considerazione precedente su quest’altro «pare».
5) L’ultimo virgolettato ci dice che gli appunti di Sasinini devono essere successivi all’estate del 1996, cioè successivi all’inizio della collaborazione di Brusca.
6) La trattativa, nell’ipotesi accusatoria della procura di Palermo, inizia dopo la strage di Capaci, cioè nell’estate del 92; il primo governo Berlusconi si insediò due anni dopo.
Capisco che gli appunti di «un giornalista double-face» possano risultare suggestivi, ma considerata la loro palese infondatezza mi chiedo come sia possibile imbastirci su ben due pagine di giornale.
Povero mestiere.
Il commento di Enrico Tagliaferro
“Umbero Bonaventura potrebbe essere il Sig. Franco”
Già, peccato che sia morto 12 giorni prima di don Vito, al che sarebbe divertente sapere come ha fatto il Sig Franco, morto, a portare le condoglianze ai famigliari da parte di Provenzano, così come raccontano i diretti interessati. Ormai siamo alle sparate libere, forse nella consapevolezza che comunque si sta parlando ad un popolo di sprovveduti e boccaloni.
Per non parlare del fatto che nel 2006, dall’oltretomba, invitò Massimo Ciancimino a ritirarsi qualche giorno all’estero, alla vigilia dell’arresto di Provenzano.
Questo non è più nemmeno fare disinformazione, ma semplice volantinaggio propagandistico per gli ignoranti che leggono distrattamente il giornale al bar.
Un commento presente
Quando un giornale si riduce a vendere poche decine di migliaia di copie, acquistate certamente per dovere d’ufficio dalla schiera superstite degli uomini d’apparato del vecchio PCI negli enti pubblici, di servizio, nelle cooperative, nelle società di mediazione, eccetera, l’attendibilità e la credibilità della sua redazione rasentano lo zero. Se la direttora Concita badasse meno al trucco e scendesse dai tacchi, per dedicarsi al giornalismo serio e non alle passerelle televisive e all’inciucio mediatico con l’ex direttora del Secolo d’Italia (quella poi, la Flavia Perina, altra giornalista di vaglia, sì, postale…), forse lo scheletro di Gramsci non si rivolterebbe nella tomba.
(Non sanno fare nemmeno disinformazione “credibile”, ma del resto è dal “caso Semeraro” che all’Unità rifilano bidoni.)
Scritto da Fabrizio Spinella il 7 Apr 2011