UN DIRITTO DA 20 MISERI CENTIMETRI?
6 Novembre 2008di Paolo Barnard
E’ l’estate del 2000, sono a Boston per la mia prima intervista a Noam Chomsky. A chi non lo conoscesse rammento che Chomsky è il più noto intellettuale dissidente americano di sempre, definito dal New York Times “probabilmente il più importante pensatore vivente”, ed è il linguista di maggior calibro del XX e XXI secolo. Insegna al prestigioso Massachussets Institute of Technology (MIT), dove è professore ordinario.
Bene, sto per incontrare questo mostro sacro della cultura accademica nel suo ufficio all’MIT e vengo avvisato dal suo segretario che l’intervista non potrà durare più di 60 minuti, poiché “Chomsky ha un importante appuntamento alle 17 precise”. Non nascondo a costui il mio disappunto: rappresento un network televisivo nazionale (RAI), sono venuto da oltreoceano per intervistare il professore, ho preso questo appuntamento 3 mesi fa, e ora ho solo 60 minuti per montare la telecamera, i microfoni, fare le prove audio e video, poi sbrigare un tema come il Debito del Terzo Mondo, Fondo Monetario, Banca Mondiale, sperequazione della ricchezza… Niente da fare, il prof. ha un impegno. Fine della discussione.
L’intervista è piacevole, Chomsky è gentile, tutto fila liscio, ma dopo 59 minuti, accidenti a lui, il segretario bussa lievemente alla porta e si mostra a Chomsky attraverso il riquadro di vetro della stessa. Sessanta secondi dopo è l’intellettuale in persona che con un sorriso mi dice “time’s up, sorry..”, il tempo è finito, spiacente. Un rapido saluto, stretta di mano e fuori dallo studio con tutti i marchingegni del mio mestiere. Chomsky richiude l’uscio alle mie spalle.
Sono nell’anticamera indaffarato ad arrotolare cavi, riporre microfoni, controllare le cassette, ma non manco di guardarmi intorno in attesa dell’arrivo di questo ospite così imprescindibile. Non c’è, non arriva, nessuno ha suonato, non ci sono colleghi di altri network in coda per un’intervista. Il segretario armeggia col suo pc, un paio di tizi (presumibilmente docenti) camminano da un ufficio all’altro senza alcuna intenzione di dirigersi da Chomsky, un ragazzino meno che ventenne se ne sta seduto alla mia destra sfogliando testi e appunti. Per il resto calma piatta. Ma dov’è sto pezzo da novanta per cui mi hanno messo le braci al sedere?
Saranno passati sette minuti, quando Chomsky riapre l’uscio dello studio e con fare cortese invita il ragazzino ad entrare. I due si accomodano e iniziano la conversazione, li vedo attraverso il riquadro in vetro. Ancora la mia mente si rifiuta di arrendersi all’ovvia realizzazione, e in un residuo sforzo di capricciosa incredulità mi spinge a chiedere al segretario “ma è quel giovane l’appuntamento importante?”. “Sì, è uno del primo anno, un ordinario colloquio col prof.”, giunge serafica la risposta del mio interlocutore. Riparto per l’Italia.
Devo fare rewind e proprio spiegarvelo? No, sicuramente non serve. Cari studenti, questa scena affatto isolata nel panorama accademico statunitense appartiene a un ‘film’ che se mai verrà proiettato in Italia sarà forse fra un secolo, o probabilmente di più. Essa ci parla di un essere nell’università che dista da noi italiani come Marte dalla Terra, di una riforma vera, epocale, di un concentrato di democrazia, diritti, intelligenza, umiltà, pedagogia, libertà che nessuno qui da noi neppure si sogna di sognare. Noi, poveracci, siamo arditamente alle prese con la preistoria della riforma del sapere e dell’insegnare. Qualcuno, qui, se lo immagina un grande barone universitario italiano sbarazzarsi velocemente della CBS, di France 2 o della ZDF tedesca per onorare un colloquio con un ‘primino’ di neppure vent’anni?
E allora. Chiedo a tutti e con vero pathos: perché abbiamo rinunciato a immaginare un ‘altro mondo’? Perché ci facciamo sempre ingannare da chi ci convince che il cambiamento significa conquistare due metri quadri in più di pollaio puzzolente, e non, come dovrebbe essere, miglia e miglia di prati e colline, valli e montagne dove respirare veramente? Perché ci scanniamo per ottenere due metri quadri in più di finanziamenti o di risicate riformucole da strappare alla Gelmini e non lottiamo invece per un’istruzione nuova a cominciare dalla dignità di ogni singolo studente che deve essere il protagonista importante, il numero uno delle priorità di ogni docente, imprescindibile appuntamento senza se né ma, oggetto-soggetto di un diritto attorno a cui ruota tutto il sistema istruzione, e vi ruota con UMILTA’?
Non capite, studenti, che il gioco più perverso dell’era politica contemporanea è proprio il riformismo? E’ quella cosa che ci ha tutti convinti che lottare per i diritti del nostro futuro significhi ottenere qualche decimetro in più nella catena che ci hanno messo ai piedi. Oggi ci hanno convinti, e lo ripeto, che libertà e rivoluzione, che riforma e miglioramento significhino potersi allungare di altri 20 centimetri dal muro cui siamo incatenati nel pollaio in cui siamo rinchiusi. E ce l’hanno fatta: noi siamo proprio ridotti così, completamente dimentichi della possibilità di avere Diritti Veri e una Vita Inedita, ma del tutto inedita, in questo caso un’istruzione da secolo nuovo. Insomma, un’altra esistenza dirompente nel cambiamento, così come l’umanità ha sempre saputo fare nella sua uscita dalla barbarie verso la civiltà. No, nel XXI secolo del riformismo siamo stati ridotto a sentirci trionfanti se un Walter Veltroni riuscirà col referendum a donarci 20 centimetri di riforma dell’istruzione in più. Ed è così in ogni campo del nostro vivere.
No, no e no! Cosa avrete risolto quando e se la Gelmini avrà fatto marcia indietro? Perché non mettiamo tutta questa energia oggi esplosa nelle piazze per arrivare a una scuola che non ci devasti l’anima, che non ci faccia odiare la cultura, che sia il nostro regno del rispetto nell’età più sensibile di tutta la vita, che non ci insegni le virtù del servilismo e dell’arroganza, dove non ci si senta con le ossa svuotate di fronte alle cattedre o ad aspettare nei corridoi i favori dei baroni? Dove a neppure vent’anni si possa entrare a colloquio dal tuo professore sul tappeto rosso, mentre fuori dallo studio, in corridoio, al resto del mondo tocca di aspettare voi e la piena soddisfazione del vostro diritto.
Immaginare in grande, immaginate in grande.
Tratto da www.paolobarnard.info
24 commenti presenti
Posso portare anche io la mia testimonianza abbastanza simile.
Potrei raccontare molti episodi, ma mi limito al primo in ordine temporale.
Il primo giorno dell’anno accademico, tutti gli studenti sono stati invitati dai professori del dipartimento a un pizza lunch. Gia’ questo e’ strano per noi italiani.
Ma c’e’ di piu’…il direttore del dipartimento e altri full professors, si mettono a tagliare le fette della pizza e servirle con le bibite ai tavoli degli studenti.
Voi avete mai preso anche solo un caffe’ con un vostro professore?
Scritto da Francesco Franceschi il 6 Nov 2008
Un mio ex-professore quando incontra a delle conferenze vecchi studenti che stanno facendo il PhD da qualche altra parte, li porta a cena in qualche posto non troppo economico (anzi), ordina l’impossibile (mentre i poveri dottorandi, traumatizzati dai prezzi sul menu, cercano l’acqua e l’insalata… se sono proprio affamati pure una fettina) e poi stabilisce che si divide alla romana (mentre lui ha mangiato per 3-4 persone) arrogandosi pure il diritto di tenere lo scontrino per poi chiedere il rimborso.
Scritto da Zazo il 6 Nov 2008
Io ho preso diversi caffè con alcuni professori di Ingegneria di Bologna, e alcuni hanno anche offerto.
Ne ho incontrato uno in particolare che a mio modo di vedere è un uomo eccezionale, e un giorno per la strada, anni dopo la laurea,l’ho fermato per ringraziarlo.
Si chiama E.Viola ed insegna Scienza delle Costruzioni
Scritto da Federico il 6 Nov 2008
credo che cmq non si possa fare paragoni in assoluto sui diversi sistemi di istruzione se non paragoni anche tutto il resto. In America vai in galera per reati che qui in Italia sembrano quasi un curriculum alla carriera. La sanità privata in Italia ha creato scandali come quello al nord delle diagnosi e operazioni inutili solo per prendere soldi dallo stato. In America a 24 anni puoi avere almeno 3 lauree, In italia prima della riforma Moratti, per passare diritto privato dovevi starci 8 mesi sui libri (e la preparazione la ritengo un tantino diversa). E ad ogni modo, ripeto, parliamo di culture diverse. L’Europa ha una cultura millenaria e andiamo a guardare i 200 anni degli Stati Uniti. Importare sistemi è sempre stata una gran cagata, da noi si sta spostando semplicemente l’istruzione dalla pubblica alla privata rendendola più costosa e meno accessibile. PUNTO.
adesso che i tagli vadano a colpire sti cazzo de baroni…maddechè su. I Baroni spesso sono dei professionisti. Uno che ha la cattedra di Economia Aziendale ha pure lo studio di consulenza, c’è un giro di interessi allucinante. Dove sta scritto nella Riforma Gelmini che chi insegna non deve avere altri interessi? Eh?
8 miliardi devono essere un sacrificio, 16 miliardi invece vanno per sta cazzo di TAV! quelli ci sono vero?
Su Il Giornale oggi leggevo che verranno dati soldi alla scuola Cattolica, pure quelli ci sono vero?
Scritto da Tyler il 6 Nov 2008
Vorrei comunque sapere quanto paga di retta uno studente del MIT… qualcuno lo sa?
Scritto da Zazo il 6 Nov 2008
Vogliamo chiedere a Barnard perchè gli piace tanto Noam Chomsky?
Domanda retorica, per carità.
Saluti
Scritto da DeanKeaton il 6 Nov 2008
Zazo,
la retta del MIT?
Veramente, se sei bravo al MIT come in tutte le università americane ricevi delle borse di studio o altre forme di supporto economico che ti consentono di pagare la retta e di sopravvivere.
Bisogna solo essere bravi..
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
Grazie Francesco,
non ci fossi tu non ci sarei mai arrivato. Sai mica se tutti quelli che vanno al MIT accedono attraverso borse di studio?
Scritto da Zazo il 6 Nov 2008
Quelli che ci vanno e pagano sono molto molto ricchi….
Il sistema è molto migliore del nostro….
Ma forse devi leggere prima le cose scritte da Roberto Perotti e Francesco Giavazzi. Poi magari ci arrivi sul serio 🙂
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
Pure in Germania il siste è molto migliore del nostro, eppure gli studenti universitari pagano poco e niente (meno che da noi sicuramente).
Questo comunque era per dire che se Chomsky ha mandato via Barnard dopo un’ora magari era perché dietro quello studente c’era un paccaccio di soldi, forniti da papà o da qualche organizzazione privata.
Scritto da Zazo il 6 Nov 2008
Zazo,
la retta del MIT?
Veramente, se sei bravo al MIT come in tutte le università americane ricevi delle borse di studio o altre forme di supporto economico che ti consentono di pagare la retta e di sopravvivere.
Bisogna solo essere bravi..
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
ah è vero, in America vinci pure le borse di studio se sei analfabeta ma fai 50 yard con una palla ovale in mano 😉
ecco, già prenderei più spunto dai paesi nord europei, che danno sussidi ai disoccupati e che hanno sistemi di istruzione niente male.
Scritto da Tyler il 6 Nov 2008
Una domanda.
Che fine ha fatto Mastellarini?
Saluti
Una risposta
è fuori sede
gm
Scritto da DeanKeaton il 6 Nov 2008
Ragazzi,
ma di cosa parlate???
Le università tedesche sono secondo voi buone??
Guardate i programmi graduate in nord america e in Germania…poi mi fate sapere….
Date magari anche un occhio ai ranking dei dipartimenti delle diverse discipline…poi mi fate sapere…
Ah, i ranking sono fatti secondo criteri oggettivi e trasparenti, basandosi sulla qualità delle pubblicazioni degli affiliati al dipartimento….quindi evitiamo le solite minchiate sul fatto che i ranking non sono affidabili…magari si può discutere se un dipartimento che è ottavo dovrebbe essere settimo, ma la sostanza non cambia…
I giocatori di football….Vabbé, quando mancano gli argomenti….quanti sono quelli che prendono un PhD perché giocano a football? Che io sappia nessuno….dai, informarsi prima di parlare
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
Un’altra cosa, per rispondere a chi dice che Chomsky ha ricevuto lo stipendio perché carico di soldi….
Sapete come si finanziano i dipartimenti in nord america??? La retta dello studente non va al dipartimento, quindi a Chomksy non può interessare di meno il portafogli dello studente.
I dipartimenti ricevono una parte di finanziamenti dall’università a cui appartengono (e qui conta molto la politica universitaria…) e ricevono molti sondi come grants (finanziamenti legati a progetti di ricerca).
STUDIARE STUDIARE STUDIARE.
o almeno TACERE
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
io Francesco, non prenderei esempio su molte cose dall’America, su altre magari sì. Sistema giudiziario, sistema FISCALE… ma non sull’istruzione. L’America è il primo paese che produce impiegati, dirigenti in MASSA, gente per le industrie, mica menti. E in più la meritocrazia te la metti sotto i piedi, come ho detto prima, se sportivamente sai farti 50 yard. E non confronto il sistema tedesco con l’italiano ma in genere le culture nord europee hanno molto da (non insegnare) farci conoscere. Invece di guarda all’EUROPA, guardiamo la Cina, gli Americani… bah
Scritto da Tyler il 6 Nov 2008
1) nel mio commento precedente ho scritto stipendio ma intendevo studente….sono rincoglionito…
2) Da cosa giudichiamo se si producono menti o meno? Io non sono in grado di valutare l’intelligenza delle persone. Soprattutto quella inespressa….Credo che le pubblicazioni siano un buon modo per farsi una idea sulle capacità di una persona di contribuire alla conoscenza.
3)Ancora i 50 yards? Sono puttanate, dai.
Scritto da Francesco il 6 Nov 2008
No Francè, non so puttanate, per meriti sportivi passi in America 😉
Scritto da Tyler il 6 Nov 2008
Francesco, non si scaldi tanto, non sto dicendo che il sistema universitario americano faccia cagare, anzi, è assolutamente palese che sia, dal punto di vista dell’efficienza. Le pubblicazioni sono un ottimo elemento di valutazione assieme alle patenti e le università americane primeggiano.
Non ho poi detto che il sistema tedesco sia migliore di quello USA, ma che è migliore di quello italiano, anche dal punto di vista del rapporto professore-studente.
Altra cosa che non ho detto è che Chomsky abbia ricevuto lo studente in virtù dei soldi di questo; quello che volevo dire è che, visto il modo in cui l’univerità americana è strutturata, non è così incomprensibile che gli studenti di istituti come il MIT siano trattati come dei gioielli.
Vede, Barnard parla molto di Sistema, del fatto che tutti insieme dobbiamo lottare per sovvertirlo completamente… ma a me non è mica chiaro con cosa vorrebbe sostituire questo sistema. Vuole spingere l’università verso il modello americano di cui ci ha fatto questo sfolgorante esempio? Se chiede una maggiore privatizzazione delle università non vedo che sistema ci sia da sovvertire, il governo Berlusconi è avviato verso quella strada, quindi può dire apertamente di sostenere il progetto della pdl.
A me pare che Barnard sia stato trattato a pesci in faccia e basta ed è abbastanza divertente che ne sia così contento. Con Chomsky aveva preso appuntamento 3 mesi prima ed all’ultimo momento gli è stato detto che aveva a disposizione solo un’ora… il fatto che l’appuntamento (presumibilmente preso dopo) con lo studente fosse una cosa così imprescindibile vuol dire o che Chomsky ha così poco tempo a disposizione da dedicare agli studenti da essere costretto a togliere tempo ad altri impegni presi in precedenza, o che non aveva nessuna voglia di perdere più di un’ora a parlare con un giornalista della televisione italiana o entrambe le cose insieme magari… ovviamente sono aperte altre ipotesi, ma queste che ho elencato mi sembrano le più probabili.
Scritto da Zazo il 6 Nov 2008
Zazo, a volte scrivo in modo un po accaldato ma solo per gioco…
Comunque, MAGARI si rivoluzionasse il mondo univeristario andando verso quello americano..
Le cose da fare sono:
1) Tasse universitarie alte in modo da scoraggiare chi non e’ motivato o non ne ha le capacita’.
2) Ricche borse di studio, in modo da dare la possibilita’ agli studenti bravi e motivati di potersi mantenere anche a Milano
3) Abolizione del valore legale della laurea
4) Abolizione del sistema dei concorsi come metodo di recrutamento
5) Chiudere le universita’ piccole
6) Destinare una quota considerevole dei finanziamenti ai dipartimenti piu’ attivi in termini di ricerca. E solo le pubblicazioni su riviste internazionali contano…
…non so, avrei tanto altro da dire…
diciamo che quello che dicono Perotti e Giavazzi va benissimo!!!
E non e’ certo quello che vuole Berlusconi!
Scritto da Francesco Franceschi il 7 Nov 2008
reclutamento….ma in inglese si dice recruitment e ho mischiato le lingue….I am sorry!!
Scritto da Francesco Franceschi il 7 Nov 2008
Scusate ma dove è che leggete in questo pezzo l’esaltazione dell’università americana?
Io leggo semplicemente e banalmente questo: lo studente dovrebbe essere messo al centro del sistema. Racconta questa storia citando Chomsky come simbolo. Chomsky non è mica uno qualunque. Pone una domanda: i professoroni delle nostre università farebbero lo stesso?
Scritto da Sunny il 7 Nov 2008
P.S. Con sistema intendo sistema universitario.
Scritto da Sunny il 7 Nov 2008
Francesco, a parte le tasse universitarie alte concordo con i punti che hai elencato, soprattutto con i punti 3 e 4 che trovo veramente inutili ed odiosi.
Le tasse universitarie alte si possono applicare ad alcuni centri di eccellenza, ma renderle indiscriminatamente alte mi sembra troppo.
Scritto da Zazo il 7 Nov 2008
Per capire la confusione che regna sovrana nella testa geniale di Noam Chomsky, è forse utile rileggere le sue conversazioni in “Due ore di lucidità” (Baldini&Castoldi).
Scritto da Fabrizio Spinella il 8 Nov 2008