23 novembre 1980, un terremoto che dura 28 anni. Corte dei Conti: ancora sprechi
25 Novembre 2008Incredibile ma vero: dopo 60 miliardi spesi e 28 anni trascorsi dal devastante sisma che ha colpito l’Irpinia, ancora una infinita serie di contenziosi giacciono presso la corte dei Conti, e non è finita qui. (sf)
“Nidi di vespe sfondati “, così Alberto Moravia definì le case distrutte dal terremoto del 23 novembre del 1980 in Irpinia e parte della Basilicata.
La scossa fu devastante: settimo grado della scala Richter. 2914 morti, duecentottantamila sfollati, 679 Comuni “disastrati”, come Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi e Conza della Campania, cuore dell’epicentro. Fino ad oggi lo Stato ha stanziato più o meno 60mila miliardi di vecchie lire, escludendo però dal calcolo tutti i finanziamenti erogati dalla Regione Campania, e ancora oggi la Corte dei Conti tenta di spiegare quando e come lo Stato ha versato soldi per quel sisma “che ha portato morti in 2mila famiglie ma da cui è partita una ricostruzione inspiegabilmente lenta e costosissima”.
Il primo stanziamento statale è corrispondente a 3 miliardi e 700 milioni di euro, con la legge 219 dell’81.
Poi ci sono stati altri 26 provvedimenti (due nell’83, uno nell’84, uno nell’86, e via così fino al 2007), tra finanziarie e decreti legge, per nuovi fondi per un totale che supera i 32 miliardi di euro. E che continua a salire, a 28 anni da quelle prime settimane di disperazione e sospetti in cui l’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini, in un intervento televisivo denunciò: “Se vi è qualcuno che ha speculato io chiedo: costui è in carcere, come deve essere? È in carcere?”.
In molti comuni ancora oggi ci sono presso gli uffici tecnici pratiche non completate del “dopo terremoto”, che con la legge 219/81(“Provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti”) si sarebbero dovute chiudere in pochi anni.
Gli ultimi soldi, 157 milioni 500mila euro, sono arrivati con la Finanziaria 2007 che ha previsto un ulteriore “contributo quindicinale“. Ma lo stanziamento, scrive la Corte, “è rimasto del tutto inutilizzato nel corso dell’anno non essendo stato emanato il previsto decreto del presidente del Consiglio, che doveva fissare puntuali criteri e modalità di distribuzione delle risorse tra i Comuni dell’Irpinia e della Basilicata”.
In pratica si è stanziato denaro fino al 2022, ma i 157 milioni di euro sono rimasti fermi.
Il 13 giugno del 2008 il governo Berlusconi ha messo poi la firma che consente di spendere i fondi bloccati “per la distribuzione delle risorse”.
Ci sono poi i contenziosi: la Corte dei Conti si è ritrovata in mano una serie infinita. Una spesa di cui non si intravede il limite, che anche fosse ancora ridotta, creerebbe solo altre spese per lo Stato per cause vecchissime da saldare.
E’ proprio il caso di dire: all’ inizio era un rivolo. Poi un ruscello. E ben presto è diventato un fiume impetuoso di denaro. Che continua a scorrere ancora oggi nelle tasche dei costruttori, ma anche di consulenti e avvocati.
Ripercorrendo la storia di quei giorni si scopre come solo dopo pochi giorni ci si rese conto delle gravi carenze della Protezione Civile; il ministro dell’interno Rognoni, prima elogiato per la condotta contro il terrorismo, venne messo sul banco degli imputati e costretto a rassegnare le dimensioni (poi revocate); il Presidente della Repubblica Pertini rivolse un appello al Paese scosso dalle vicende del dopo terremoto.
Un aneddoto racconta che in Prefettura di Avellino non riuscivano nemmeno a capire come fare (dopo due giorni!) a raggiungere Conza della Campania, comune raso al suolo. Ancora non era stata costruita la Ofantina e per arrivarci bisognava attraversare vecchie strade ricavate tra valli e monti.
Il Mattino titolava: “Fate Presto!”, i soccorsi ancora non arrivavano, soprattutto nelle zone più interne. Il bilancio della catastrofe avrebbe preso consistenza solo dopo giorni.
Tramonti fu tra i comuni più colpiti della Costiera amalfitana. Una suora perse la vita, e centinaia di famiglie rimasero senza casa. In quella notte venne distrutta anche gran parte di quella tipicità architettonica che poi avrebbe fatto posto ad edifici moderni, costruiti con la legge 219.
Ed è proprio questa legge a finire sul banco degli imputati. E così ancora oggi la Corte dei Conti si chiede come mai “continuano ad essere finanziati con nuovi stanziamenti gli interventi di ricostruzione”.
Articolo tratto da Costiera on-line